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Analisi critica dei fattori di rischio estetici in implantologia post-estrattiva e introduzione di un nuovo parametro clinico-diagnostico

Capelli M., Deflorian M.A., Scaini R., Galli F., Parenti A., Fumagalli L., Zuffetti F., Testori T.

Capelli M., Deflorian M.A., Scaini R., Galli F., Parenti A., Fumagalli L., Zuffetti F., Testori T.

mer. 25 gennaio 2012

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Lo scopo del seguente articolo è quello di determinare I fattori di rischio estetici in grado di influenzare un risultato a lungo termine negli impianti post-estrattivi.

Materiali e Metodi: I fattori di rischio in grado di influenzare il risultato finale sono: il biotipo dei tessuti peri-implantari, lo spessore della parete ossea vestibolare del processo alveolare, la presenza di processi infiammatori nel sito implantare, lo spazio residuo peri-implantare, la posizione e il diametro implantare. Inoltre, viene analizzato un parametro diagnostico intra-operatorio in grado di modificare la procedura terapeutica.
Risultati: la presenza di un biotipo parodontale spesso è grado di ridurre la variazione del tessuto marginale peri-implantare. La presenza di un processo infiammatorio cronico non rappresenta una controindicazione all’inserimento immediato implantare. Lo spazio residuo peri-implantare deve essere innestato in modo da ridurre il riassorbimento orizzontale vestibolare. Particolare attenzione deve essere dedicata alla posizione e alla selezione del diametro implantare in quanto minime variazioni determinano un’instabilità tissutale.
Discussione: molti fattori clinici sono stati proposti in grado di determinare la stabilità dei tessuti molli peri-implantari, tra cui la posizione implantare nella sua dimensione bucco-linguale, apico-coronale e il biotipo gengivale del paziente. Lo spessore iniziale della parete ossea vestibolare è un fattore importante per la determinazione dell’entità della recessione dei tessuti molli.
Conclusioni: la recessione dei tessuti molli avviene sia nel biotipo fine sia in quello spesso. Negli impianti post-estrattivi, la distanza impianto-superficie vestibolare risulta essere un parametro diagnostico intra-operatorio importante in grado di aiutare il clinico nel determinare il metodo d’innesto più appropriato da applicare. Innestare lo spazio peri-implantare è in grado di limitare il riassorbimento orizzontale ma non è in grado di inibirlo completamente. L’ipercorrezione dell’innesto all’esterno della superficie vestibolare sembra essere una possibilità terapeutica in grado di compensare il fisiologico meccanismo di riassorbimento alveolare.
Parole Chiave: alveolo, innesto, riassorbimento osseo, impianti post-estrattivi

Introduzione
Uno degli obiettivi clinici più difficili da ottenere in chirurgia implantare è la preservazione dei tessuti duri e molli in seguito alla perdita di uno o più elementi dentari. Dal punto di vista chirurgico, le moderne linee guida suggeriscono che l’adeguata simmetria e morfologia dei tessuti molli possono essere ottenuti mediante il corretto posizionamento tridimensionale dell’impianto, in modo da ottenere un profilo d’emergenza corretto del futuro restauro protesico. Si è pensato che l'inserimento di impianti post-estrattivi potesse mantenere il profilo dei tessuti molli, preservare la dimensione ossea, ridurre al minimo il periodo di edentulia e il tempo totale di trattamento(1-3). Anche in seguito all’estrazione di elementi dentali con processi infettivi cronici periapicali il posizionamento di impianti post-estrattivi si è dimostrata una tecnica predicibile e ben documentata(4-6). Tuttavia studi più recenti hanno messo in discussione la possibilità che l’inserimento di impianti post-estrattivi possa prevenire il riassorbimento osseo(7-8). Per minimizzare questo meccanismo fisiologico sono state proposte tecniche chirurgiche senza l’elevazione di lembi anche se un recente studio clinico ha dimostrato che l’inserimento di impianti post-estrattivi posizionati mediante l’elevazione di un lembo o con tecnica senza lembo può dare, in entrambi i casi, ottimi risultati(9). L’inserimento di impianti in siti post-estrattivi spesso comporta una discrepanza tra il corpo implantare e le pareti alveolari residue. La guarigione dell’alveolo post-estrattivo comprende processi di riassorbimento e di apposizione osseo, dove il primo prevale sul secondo. Il riassorbimento è maggiore in presenza di ampi spazi peri-implantari e in presenza di un biotipo parodontale sottile, ma la sola presenza di una corticale vestibolare spessa non risulta sufficiente a prevenire il riassorbimento osseo orizzontale(10). Al fine di preservare il volume osseo sono state introdotte tecniche di innesto tra l’impianto e la parete alveolare(11). Lo scopo di questo lavoro è definire quali sono i fattori di rischio che possono influire sul risultato estetico a lungo termine degli impianti post-estrattivi e presentare un nuovo parametro clinico-diagnostico.

Valutazione critica dei parametri clinici
L’inserimento di impianti post-estrattivi immediati (tipo 1) comporta vantaggi e svantaggi ma in generale è considerata una procedura chirurgica più complessa rispetto all’inserimento implantare di tipo 2 e 3(12) (Tab. 1). Per ottenere una riabilitazione soddisfacente dal punto di vista estetico non è sufficiente armonizzare dimensione, forma, posizione e colore del restauro protesico agli elementi dentali adiacenti, ma è essenziale ottenere tessuti molli perimplantari sani e stabili nel tempo. Risulta quindi fondamentale, per ottenere buoni risultati a lungo termine, stabilire quali sono i fattori di rischio che possono compromettere il risultato finale. I principali fattori analizzati sono:
1 - stabilità dei tessuti molli peri-implantari;
2 - spessore osseo vestibolare;
3 - siti infetti alveolari;
4 - posizione impiantare;
5 - spazio peri-implantare.

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Stabilità dei tessuti molli peri-implantari
È importante innanzitutto comprendere che i tessuti molli peri-implantari si comportano diversamente rispetto ai tessuti parodontali. Dal punto di vista anatomico la dimensione e la posizione dell’ampiezza biologica è la differenza più rilevante. Studi clinici su modello animale e umano hanno dimostrato che la dimensione dell’ampiezza biologica peri-implantare risulta 1 mm più lunga rispetto a quella misurata attorno agli elementi dentali(13). Inoltre, la piattaforma implantare è solitamente posizionata a livello crestale e determina, nella porzione interprossimale della mucosa peri-implantare sana, la migrazione dell’ampiezza biologica in posizione sotto-crestale. Il rimodellamento osseo peri-implantare comporta il riassorbimento osseo fino alla prima spira del corpo implantare creando perciò un difetto circonferenziale agli impianti inseriti ad modum Branemark. La posizione sotto-crestale dell’ampiezza biologica, il profilo interprossimale piatto e il rimodellamento osseo peri-implantare possono quindi compromettere il risultato estetico. Numerosi studi clinici randomizzati controllati che analizzano l’inserimento implantare post-estrattivo (tipo 1)(4-6,14,15) descrivono recessioni della mucosa vestibolare medie di 0,5-0,9 mm. La frequenza delle recessioni in impianti immediati (tipo 1) è elevata ed è maggiore di 1 mm nell’8-40% dei siti. Quasi un terzo dei siti analizzati mostra recessioni di 0,5 mm o più (Tab. 2). Lo spessore dei tessuti molli ha un ruolo rilevante nel resistere agli insulti chirurgici. Seibert e Lindhe(16) coniarono il termine biotipo parodontale al fine di descrivere le diverse architetture gengivali basandosi sullo spessore bucco-linguale. Descrissero un biotipo parodontale spesso e piatto e un biotipo sottile e festonato. In implantologia i tessuti molli peri-implantari sono differenziati in spessi, medi, e sottili(17) e ogni biotipo ha specifiche caratteristiche. Un recente studio di Nisapakultorn et al.(18) ha mostrato che il biotipo peri-implantare è fortemente associato al margine di attacco vestibolare e che pazienti con biotipo sottile presentano minor riempimento della papilla interdentale e maggior rischio di recessioni gengivali (Tab. 3).

Spessore osseo vestibolare
È stato suggerito che il posizionamento implantare post-estrattivo potesse preservare l’architettura alveolare, ma recenti studi su modello animale hanno chiaramente dimostrato che a seguito dell’estrazione degli elementi dentali le creste alveolari vestibolare e palatale vanno comunque incontro a un sostanziale riassorbimento(19). Il riassorbimento dell’ osso alveolare propriamente detto costituente la corticale interna dell’alveolo post-estrattivo avviene a seguito dell’estrazione dentale. Infatti, questa struttura ha la stessa derivazione embriogenetica del legamento parodontale e va incontro a un riassorbimento dovuto alla perdita di funzione. Essendo la sottile parete alveolare vestibolare costituita prevalentemente da osso alveolare propriamente detto, il suo riassorbimento esita riassorbimento verticale della parete ossea vestibolare. Lo spessore osseo vestibolare minimo per evitare il riassorbimento verticale deve ancora essere definito. In uno studio clinico Spray et al.(20) trovarono che la perdita ossea diminuiva significativamente quando lo spessore osseo vestibolare dopo l’inserimento implantare era di 1,8-2 mm. In una recente pubblicazione, un panel di esperti in campo implantologico, ha elaborato delle linee guida per il posizionamento implantare in siti guariti nel settore estetico. Per l’ottenimento di un risultato ottimale dal punto di vista biologico ed estetico, la quantità ossea raccomandata vestibolare all’osteotomia deve essere di almeno 2 mm. Basandosi su questa consensus(21), la comunità scientifica è concorde nell’affermare che lo spessore osseo vestibolare di almeno 2 mm è determinante per assicurare l’adeguato supporto dei tessuti molli ed evitare il riassorbimento della corticale vestibolare successivamente alla finalizzazione protesica. È possibile pensare che nel caso di impianti post-estrattivi, per ottenere un risultato stabile a lungo termine, sia necessario avere uno spessore osseo vestibolare persino maggiore a quello desiderato in un sito guarito, in quanto l’alveolo post-estrattivo deve ancora subire processi di rimodellamento. Un recente studio clinico di Huynh_Ba et al.(22) hanno dimostrato che solo la minor parte (6,5%) degli elementi dentali mascellari includendo incisivi, canini e premolari presentano uno spessore osseo vestibolare maggiore o uguale a 2 mm. Escludendo i premolari solo un sito (2,6%) di 39 analizzati mostrava uno spessore vestibolare di 2 mm (Tab. 4). L’analisi dei sei elementi frontali mascellari ha dimostrato che tutti i denti analizzati presentavano uno spessore osseo vestibolare inferiore a 1 mm e quasi nel 50% dei casi lo spessore è inferiore a 0,5 mm (Tab. 5). È stato stimato che la quantità di osso alveolare propriamente detto nel campione analizzato vari tra 0,1-0,4 mm. La perdita dell’elemento dentale comporta dunque il riassorbimento dell’osso alveolare propriamente detto: quindi minore è lo spessore della corticale vestibolare più estesa sarà la perdita ossea(23). Lo spessore della cresta ossea vestibolare influenza anche l’entità del riassorbimento verticale. Ferrus et al.(10) dimostrarono che nei siti con corticale vestibolare più spessa di 1 mm, l’atrofia verticale media era modesta (-0,4 ±1,3 mm) mentre nei siti con spessore vestibolare minore di 1 mm l’atrofia verticale era di entità maggiore (-1,2 ±2,1 mm). Un altro aspetto clinico è rappresentato dall’integrità della corticale vestibolare. Kan e collaboratori(24) correlarono l’insorgenza di recessioni gengivali alla dimensione e alla forma delle deiscenze ossee vestibolari. Solo l’8,3% dei siti con deiscenze strette o a forma di V erano associati a recessioni di 0,5 mm o maggiori. La frequenza delle stesse recessioni associate ad ampi difetti a U e difetti che coinvolgevano gli elementi adiacenti erano del 42,8% e 100% rispettivamente. Per migliorare il risultato estetico e mantenere un’adeguata quantità di gengiva aderente nelle riabilitazioni implantari dei settori anteriori sono state proposte perciò procedure di aumento dei tessuti molli. La domanda è se l’innesto di tessuto molle possa compensare il rimodellamento osseo e mantenere la corticale vestibolare nel tempo. Uno studio recente(25) ha dimostrato che casi ad alta valenza estetica trattati mediante innesto sottoepiteliale di connettivo con tecnica a tunnel hanno subito minor riassorbimento osseo rispetto ai casi controllo non innestati (0,34 vs 1,063 mm). Un recente studio(26) ha cercato una correlazione tra il biotipo tissutale e la stabilità marginale della cresta ossea dopo inserimento impiantare. Nel biotipo sottile in cui lo spessore dei tessuti molli era inferiore a 2,5 mm sono state osservate perdite ossee fino a un massimo di 1,45 mm a un anno dal carico.

Siti infetti alveolari
Spesso gli elementi dentali non più mantenibili mostrano processi infettivi periapiacali e/o malattia parodontale. Alcuni autori hanno sconsigliato il posizionamento immediato di impianti in siti infetti(27) in quanto la preesistente patologia avrebbe potuto compromettere l’osteointegrazione e la malattia parodontale avrebbe influenzato negativamente la sopravvivenza impiantare(28). Tuttavia studi più recenti hanno mostrato risultati soddisfacenti per impianti posizionati in siti con processi periapicali(6). I processi di osteointegrazione in siti infetti sono stati indagati da due studi su cani(29,30). Gli studi mostrano una diminuzione della BIC (Bone Implant Contact) nei siti infetti ma questa differenza risulta significativa in solo uno dei due studi(30). Uno studio di Lindeboom et al.(5), ha mostrato percentuali di sopravvivenza del 92% per impianti post-estrattivi e del 100% per impianti posizionati in siti guariti. L’autore attribuisce questa differenza all’aumento di gengiva cheratinizzata durante la guarigione dell’alveolo post-estrattivo. Come dimostrato da Novaes et al.(28) il posizionamento di impianti in siti con infezioni croniche non è controindicato se sono utilizzate tutte le misure per la pulizia alveolare e se è prescritta un’adeguata terapia antibiotica prima dell’inserimento impiantare (Tab. 6).

Posizione implantare
Il successo estetico e funzionale delle riabilitazioni implanto-protesiche dipende direttamente dalla posizione implantare. La possibilità di finalizzare il restauro protesico, il profilo di emergenza e la stabilità del risultato estetico è determinato dalla posizione tridimensionale dell’impianto. La spalla implantare deve essere posizionata almeno 2 mm palatalmente alla cresta ossea vestibolare, 3 mm al di sotto della giunzione amelo-cementizia degli elementi dentali adiacenti e a 1,5 mm di distanza dagli elementi dentali adiacenti o a 3 mm dagli impianti adiacenti. In tutte le situazioni cliniche in cui si desideri ottenere una crescita di tessuti molli vestibolari è possibile posizionare l’impianto più apicalmente e con angolazione palatale: per ogni millimetro di angolazione palatale in più è possibile posizionare l’impianto 1 mm più apicale(31). La posizione vestibolo palatale della spalla implantare è un fattore molto significativo nell’insorgenza di recessioni vestibolari sia per gli impianti dilazionati che per i post-estrattivi. Impianti più vestibolarizzati hanno dimostrato una maggiore percentuale di recessioni se paragonati a quelli posizionati pala talmente(32,33). L’inserimento di impianti post-estrattivi nel mascellare anteriore deve prevedere una posizione più palatale con un gap vestibolare di almeno 1-2 millimetri evitando che il margine anteriore della spalla implantare sia posizionato nella “zona vestibolare pericolosa”(32). Per questo impianti sovradimensionati devono essere assolutamente evitati nelle aree estetiche.

Spazio peri-implantare
L’inserimento di impianti in siti post-estrattivi spesso comporta una discrepanza tra il corpo implantare e le pareti alveolari. Se tutte le pareti ossee dell’alveolo post-estrattivo risultano integre e la discrepanza implanto-alveolare è minore o uguale a 3 mm non sono necessarie manovre rigenerative in quanto il processo di guarigione riempirà spontaneamente lo spazio peri-implantare ma si può comunque prevedere un significativo riassorbimento orizzontale. L’innesto di materiali particolati ossei o sintetici può contrastare il riassorbimento orizzontale, possono essere utilizzati nei protocolli di inserimento implantare immediato e precoce. I sostituti ossei mantengono nel tempo volumi più stabili in quanto presentano un riassorbimento più lento rispetto all’osso autologo. Questa caratteristica li rende maggiormente indicati nel riempimento degli spazi peri-implantari e per il mantenimento dei volumi ossei orizzontali(34). L’innesto di sostituti ossei limita il riassorbimento orizzontale al 25% delle dimensioni originali della cresta alveolare(33). Diversi lavori scientifici hanno indagato tecniche per la preservazione della cresta alveolare. In particolare alcuni studi hanno riportato aumenti ossei verticali di 1 mm in seguito a sovrariempimento del difetto marginale(35) o innestando la corticale vestibolare esternamente(36). Queste tecniche possono essere utilizzate nell’inserimento di impianti post-estrattivi nel mascellare anteriore in cui nella maggior parte dei casi (87%) è presente una parete alveolare vestibolare sottile (< 1 mm)(22). Le conclusioni degli autori sottolineano come le tecniche di innesto siano dunque necessarie per ottenere profili ossei corretti e buoni risultati estetici, tuttavia nel presente studio mancano delle indicazioni cliniche all’utilizzo degli innesti e il loro spessore vestibolare da applicare.

Un nuovo parametro clinico diagnostico: distanza impianto- cresta vestibolare
Al fine di determinare lo spessore dell’innesto perimplantare in grado di consentire il fisiologico riassorbimento orizzontale dell’osso alveolare senza comprometterne il risultato estetico, può essere indicato misurare la distanza tra l’impianto e la corticale vestibolare (I-VP). Questo parametro diagnostico intra-operatorio include lo spazio peri-implantare e lo spessore della cresta ossea vestibolare. Al fine di ottenere profili ossei e tessuti molli adeguati si dovrebbe sempre mantenere una distanza minima di 4 mm tra la superficie implantare e il margine osseo vestibolare al termine dell’inserimento implantare e/o delle manovre rigenerative. Tuttavia dal punto di vista clinico possiamo trovarci di fronte a due diversi scenari.
Distanza I-VP < 4 mm
Questa situazione clinica può essere gestita mediante innesto interno ed esterno all’alveolo post-estrattivo (IEG) utilizzando osso bovino deproteneizzato al fine di ottenere un’ampiezza maggiore di 4 mm tra la superficie implantare e il margine osseo vestibolare. Al termine del rimodellamento osseo questo permetterà di avere almeno 2 mm di cresta ossea conservata che permetterà di mantenere il cono di riassorbimento peri-implantare all’interno delle pareti ossee. Per stabilizzare l’innesto deve essere posizionata una membrana riassorbibile che può essere intenzionalmente lasciata esposta al fine di ottenere l’incremento di mucosa cheratinizzata evitando lo spostamento coronale della linea mucogengivale (Figg. 1-3).
Distanza I-VP > 4 mm
Se la distanza tra il margine implantare e la corticale vestibolare è maggiore o uguale a 4 mm può essere efficacemente utilizzato il solo innesto interno dell’alveolo post-estrattivo (IG). È raccomandato il posizionamento di una membrana riassorbibile intenzionalmente lasciata esposta per proteggere e stabilizzare il materiale da innesto. (Figg. 4-6)

Risultati
L’inserimento di impianti post-estrattivi immediati (tipo 1) comporta vantaggi e svantaggi. L’ampio spessore della cresta ossea del sito post-estrattivo permette al clinico di scegliere correttamente la posizione implantare nei tre piani dello spazio, mentre gli svantaggi dell’inserimento implantare immediato sono rappresentati dalla morfologia dell’alveolo post-estrattivo che può determinare la scorretta posizione impiantare, dalla mancanza di stabilità primaria e dalla difficile gestione dei tessuti molli.
Uno dei punti chiave in implantologia è proprio la stabilità dei tessuti molli peri-implantari. Diversi fattori sono in grado di influenzare la stabilità della mucosa come: il posizionamento vestibolo-linguale e apico-coronale della spalla implantare, il biotipo parodontale, lo spessore della corticale ossea e la gestione chirurgica dello spazio residuo tra impianto e alveolo. Impianti con la spalla implantare posizionata vestibolarmente alla linea di congiunzione del margine cervicale degli elementi adiacenti hanno mostrato un’incidenza di recessioni tre volte maggiore rispetto a impianti posizionati 2 mm più palatali a questa linea. Se si considerano le recessioni dei tessuti molli queste avvengono sia in pazienti con biotipo spesso sia con un biotipo sottile, suggerendo che il solo biotipo gengivale spesso non può prevenire le recessioni le quali tendono a essere di maggiore entità nel biotipo sottile. Quando la corticale vestibolare è danneggiata possono occorrere significative recessioni indipendentemente dall’utilizzo di membrane o innesti ossei. Lo spessore iniziale della cresta ossea vestibolare potrebbe essere un fattore importante nel determinare l’estensione del riassorbimento osseo vestibolare durante la fase di guarigione(10,23). L’innesto nello spazio residuo tra impianto e cresta vestibolare è considerata una procedura clinica in grado di ridurre le variazioni dimensionali in seguito all’estrazione dentale, tuttavia non è in grado di prevenire completamente il riassorbimento osseo e garantire la stabilità dimensionale dei tessuti molli peri-implantari. Per questo motivo il sovrariempimento del difetto osseo e l’innesto esterno vestibolare al sito trattato può rappresentare una valida alternativa terapeutica per ottenere adeguati volumi ossei attorno agli impianti per un risultato estetico ottimale.

Discussione
L’inserimento di impianti post-estrattivi comporta fattori di rischio che devono essere studiati al fine di ottenere buoni risultati estetici a lungo termine.
Uno degli aspetti clinici determinanti il successo estetico è la stabilità dei tessuti molli peri-implantari.
La stabilità tissutale è determinata da diversi fattori tra cui il biotipo parodontale e la posizione apico-coronale e vestibolo-linguale della spalla implantare.
Impianti con la spalla implantare posizionata vestibolarmente alla linea di congiunzione del margine cervicale degli elementi adiacenti hanno mostrato un’incidenza di recessioni tre volte maggiore rispetto a impianti posizionati 2 mm più palatali a questa linea.
Nella pratica clinica gli impianti post-estrattivi devono essere posizionati a livello della cresta ossea o leggermente sottocrestale, 3-4 mm apicalmente al margine gengivale. Anche il biotipo parodontale sembra influenzare la stabilità dei tessuti marginali, anche se non sono stati condotti studi che descrivano dettagliatamente l’influenza del biotipo parodontale sul risultato estetico degli impianti post-estrattivi.
L’innesto nello spazio tra impianto e cresta vestibolare è considerata una procedura clinica in grado di ridurre le variazioni dimensionali in seguito all’estrazione dentale, tuttavia non è in grado di prevenire completamente il riassorbimento osseo e garantire la stabilità dimensionale dei tessuti molli peri-implantari. Per questo motivo il sovrariempimento del difetto osseo e l’innesto esterno vestibolare al sito trattato può rappresentare una valida alternativa terapeutica per ottenere adeguati volumi ossei attorno agli impianti per un risultato estetico ottimale.

Conclusioni
Il concetto di distanza tra il margine implantare e la corticale vestibolare è di fondamentale importanza e può essere un parametro diagnostico utile per guidare il clinico nella scelta della procedura di innesto più adeguata (innesto interno VS innesto esterno ed esterno). Nei casi clinici in cui la distanza tra la superficie implantare e il margine vestibolare è < di 4 mm l’innesto interno ed esterno è la tecnica di scelta per la preservazione della cresta ossea al fine di ottenere il successo estetico.
 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 0 di Implants 2012 Italy.

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