DT News - Italy - Riabilitazione implanto-protesica di una grave atrofia post-traumatica della pre-maxilla

Search Dental Tribune

Riabilitazione implanto-protesica di una grave atrofia post-traumatica della pre-maxilla

advertisement
Riabilitazione implanto-protesica di una grave atrofia post-traumatica della pre-maxilla Intervista al dott. Gian Battista Greco e prof. Danilo Alessio Di Stefano, vincitori del premio PEERS, sezione Protesi avvitata
P. Gatto

P. Gatto

mar. 31 gennaio 2017

salvare

Dental Tribune intervista il dott. Gian Battista Greco e il prof. Danilo Alessio Di Stefano, su un caso clinico complesso, risolto con una soluzione di protesi avvitata, premiato nel corso del II Meeting PEERS Dentsply Sirona, tenutosi il 25 e 26 novembre 2016. Il successo e la soddisfazione del paziente sono il risultato di conoscenze tecniche e capacità cliniche, cura della comunicazione con il paziente, affiatamento del team e organizzazione manageriale.

Dott. Greco può riassumerci gli aspetti più importanti del caso clinico che avete presentato?
Dott. Greco – Il caso riguardava una giovane donna, di anni 47, che presentava una grave atrofia ossea della pre-maxilla; la paziente si è presentata in visita presso il nostro centro odontoiatrico Dentalnarco, a Trezzano Sul Naviglio, alla fine di un percorso terapeutico dall’esito alquanto sfortunato. Circa quattro anni prima, aveva perso in seguito a un trauma i due incisivi superiori; era stata poi eseguita in Ecuador, suo Paese di origine, una terapia implantare per la sostituzione degli elementi dentari persi. La paziente riferiva che tale terapia implantare falliva dopo pochi mesi, in conseguenza a un processo infettivo che ha coinvolto anche gli incisivi laterali. Questi ultimi furono estratti, in seguito l’esito è stato una perdita di tessuti duri e molli. La paziente, portatrice dunque di protesi parziale rimovibile, è stata successivamente operata a Milano. Si è sottoposta a ricostruzione ossea con prelievo dalla cresta iliaca al quale sarebbe seguito il posizionamento implantare. La paziente ci ha riferito che anche questo secondo intervento fallì a causa della precoce deiscenza della ferita chirurgica, con conseguente perdita completa dell’innesto crestale nella sede dell’innesto. Il risultato è stato un difetto osseo ancor più complesso. All’esame obiettivo, quando noi l’abbiamo visitata la prima volta, si evidenziava dunque l’edentulia dei 4 incisivi superiori, una drammatica perdita di tessuti duri e molli a livello della pre-maxilla (trattate con protesi parziale removibile), la presenza di gengivite marginale e un biotipo gengivale sottile. La TC Cone beam eseguita presso il centro Dentalnarco rivelava un difetto molto ampio con una totale mancanza del processo alveolare, fenestrazioni dell’osso basale da vestibolare a palatale e la perdita di parte del pavimento osseo nasale.

Quale soluzione avete dunque proposto alla paziente?
Prof. Di Stefano – Alla luce dell’esame obiettivo, degli esami diagnostici effettuati e delle richieste espresse dalla paziente e dai familiari, abbiamo prospettato di effettuare un intervento di ricostruzione ossea, operando nuovamente mediante prelievo dalla cresta iliaca e innesto in blocco di osso autologo. Rimaneva l’unico modo per essere predicibili, al fine di poter arrivare a una riabilitazione implanto-protesica in tempi relativamente brevi e che potesse offrire un’adeguata soluzione estetica. Quest’ultima doveva coinvolgere sia gli elementi dentali sia le labbra e i tessuti molli periorali.

Quali alternative avrebbe avuto a tale procedura?
Prof. Di Stefano – È stato spiegato alla paziente che, data la morfologia e l’entità del difetto, la predicibilità di risultato offerto da tecniche alternative quali la GBR, con l’utilizzo di soli innesti eterologhi o anche miscele, non sarebbe stata sufficiente a motivare il reintervento, la prognosi sarebbe stata comunque incerta e i tempi decisamente lunghi. Abbiamo spiegato che ci saremmo avvalsi di membrane e osso eterologo come nelle procedure di GBR, ma solo al fine di ottimizzare il risultato dell’innesto autologo.

È stato difficile convincere la paziente a effettuare un nuovo prelievo di cresta iliaca?
Dott. Greco – La paziente, data la relativa giovane età e la localizzazione nel sestante estetico di questo grave difetto, ha manifestato grande motivazione e in accordo con il marito ha fornito di buon grado il suo consenso a procedere come propostole. Erano stati inviati da un collega che aveva una grande stima nell’esperienza ventennale del prof. Di Stefano negli innesti ossei. Hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale un dialogo sereno e i mezzi comunicativi di cui disponevamo: in primo luogo le immagini 3D dell’esame Cone Beam, attraverso le quali il prof. Di Stefano ha spiegato con grande chiarezza le modalità operative, e poi la visione della documentazione fotografica di casi clinici analoghi trattati da noi in precedenza.

Nella comunicazione con il paziente, trasmettete molta tranquillità. È una prerogativa di tutto il team?
Prof. Di Stefano – Sicuramente sì! È fondamentale per noi avere un atteggiamento pacato verso il paziente, che si sente così sereno e protetto nel suo percorso. Attraverso la tranquillità passa un messaggio di competenza, consapevolezza dei nostri atti e certezza dei risultati. Questa tranquillità precipita scaturisce dalla “forza del team”, che si caratterizza per la sua guida, per la consapevole preparazione e per un’armonia interna senza esclusioni. Fin dagli anni Novanta ho creduto in questo tipo di approccio, fatto di qualità reale senza trascurare opportunamente il modo di trasmetterla. Negli anni sono cambiate tante cose e potremmo affrontarle magari in un momento dedicato, ma penso di non aver mai perso il senso delle cose e dei mutamenti. Senza però scendere a compromessi qualitativi. Questa è la vera difficoltà. Un grande aiuto in questo mi è stato dato dal dott. Greco in quest’ultimo decennio. Con qualche anno in meno, il suo stimolo e la grande preparazione protesica hanno fatto sì che si creasse il giusto mix sinergico.

Quindi oltre alla ricerca e alla clinica questo modo di operare e più in generale il management dello studio, la comunicazione con il paziente diventano armi vincenti?
Prof. Di Stefano – Le riflessioni sulla qualità percepita dal paziente sono oggi più che mai necessarie per poter lavorare. Dobbiamo anche pensare a come una realtà odontoiatrica con certe prerogative aiuta a costruire molti rapporti con i colleghi e di conseguenza ad avere quella casistica indispensabile per sviluppare un certo tipo di lavoro. L’occasione di questo premio e di questa intervista mi sono gradite per ringraziarli tutti, per la stima e la vicinanza passate e speriamo future. Per noi un paziente è sempre un paziente e non sarà mai un cliente! Una patologia è la “malattia” di quella persona e come tale sarà affrontata. L’uomo con i propri bisogni, le sue angosce, i dubbi, i problemi sono al centro della terapia e della nostra attenzione. Una terapia solo per quell’individuo, a ognuno la sua cura.

Oltre alla clinica, quali sono gli altri ingredienti per perseguire questi obiettivi?
Prof. Di Stefano e dott. Greco – L’intero team deve essere vincente, dalla segreteria, agli ASO, passando per chi gestisce la comunicazione. Entrambi dobbiamo rivolgere un pensiero a tutte queste persone e in particolare a chi dirige la macchina amministrativa e la comunicazione in studio. Senza questa realtà, oggi anche la migliore clinica e la migliore struttura è destinata al fallimento. Argomento questo estremamente articolato e complesso che potremmo in futuro approfondire. Per ora ci consenta un grazie al dott. Nunzio Greco e alla sig.ra Sonia Foundoukian per questo ruolo magistralmente interpretato.

Torniamo al nostro caso clinico: come vi siete divisi i “compiti”?
Dott. Greco – Il percorso terapeutico è stato portato a termine in sinergia: in particolare io ho curato la programmazione generale del caso e gli aspetti protesici, mentre il prof. Di Stefano ha guidato le fasi chirurgiche del trattamento. Abbiamo inoltre coordinato il resto dell’équipe: il dott. Aurelio Cazzaniga ha effettuato il prelievo dalla cresta iliaca; il dott. Marco Ardigò ha fornito l’assistenza anestesiologica; e i sig.ri Elio e Federico Folegatti hanno effettuato le lavorazioni odontotecniche.

Vi capita spesso di collaborare a livello clinico?
Dott. Greco – Sì, da più di dieci anni ormai noi collaboriamo in questo modo: praticamente ogni caso complesso richiede un approccio multidisciplinare e la possibilità di mettere a confronto le opinioni e i punti di vista di clinici con formazione e campi di applicazione anche diversi porta sempre a dei grandi benefici per la prognosi del trattamento.

Quali obiettivi vi siete prefissati per questo caso clinico in particolare?
Prof. Di Stefano – Gli obiettivi del piano terapeutico concordati con la paziente erano focalizzati all’ottenimento a livello della pre-maxilla di un volume di tessuti idoneo e prognosticamente favorevole all’inserimento di 2 impianti a livello degli incisivi laterali superiori e al loro mantenimento nel tempo. Avremmo dunque poi usato questi due impianti per connettere una protesi di natura dento-scheletrica, cioè con una porzione di gengiva finta, e sostituire dunque i quattro incisivi mancanti.

Come si è svolto praticamente il piano di trattamento?
Dott. Greco – La prima fase dell’iter terapeutico è consistita nell’intervento di prelievo di osso autologo dalla cresta iliaca e il successivo innesto a blocco con viti da osteosintesi a livello della pre-maxilla. La guarigione di entrambi i siti operati, sia a livello della cresta iliaca sia a livello della pre-maxilla, ha avuto un decorso ottimale. A distanza di 10 settimane dalla ricostruzione ossea abbiamo proceduto con la seconda fase dell’iter terapeutico, inserendo nelle posizioni dei due incisivi laterali due impianti Xive-S (Dentsply Sirona). Dopo un’ulteriore attesa di tre mesi, fase dell’osteointegrazione implantare, il prof. Di Stefano ha eseguito la scopertura degli impianti e una prima sistemazione dei tessuti molli perimplantari, inoltre è stata rilevata l’impronta per la protesi avvitata provvisoria. A distanza di un mese dalla provvisorizzazione, abbiamo eseguito un intervento di approfondimento di fornice e innesto gengivale libero, al fine di ripristinare il corretto livello di inserzione della mucosa alveolare, oltreché fornire una quota sufficiente di gengiva aderente per un corretto condizionamento tissutale. Dopo un’ulteriore attesa di 5 mesi, è stata rilevata l’impronta definitiva e consegnata alla paziente la protesi avvitata in cromo-cobalto fresato e ceramica.

Perché si è optato per una protesi avvitata anziché cementata?
Dott. Greco – La protesi avvitata offre molteplici vantaggi. L’avvitamento è una garanzia, la cementazione dà incertezze sul comportamento della protesi nei confronti dei carichi occlusali eccentrici cui sono sottoposti gli incisivi superiori; in particolar modo ciò è vero in un caso come questo dove 4 incisivi sono stati connessi a due soli impianti. Dando poi uno sguardo alla letteratura recente, si vede come il cemento non rimosso dal tunnel mucoso abbia assunto negli ultimi anni il ruolo di co-protagonista nell’eziologia della perimplantite. Non dimentichiamo inoltre che è sempre auspicabile mantenere la possibilità di smontare agevolmente la protesi e accedere all’interfaccia protesi/impianto, il cosiddetto “easy retrievement” come viene definito in ambiente anglofono.

Ritenete di aver soddisfatto appieno le aspettative della paziente?
Dott. Greco – Il risultato estetico è stato molto soddisfacente, sia per la paziente sia per l’intera équipe: è stato ottenuto il ripristino dell’estetica dento-facciale e del sorriso, fornendo il corretto sostegno ai tessuti periorali; anche la porzione di gengiva finta, grazie al buon compenso volumetrico ottenuto, è stata ridotta molto rispetto a quanto ipotizzato in fase progettuale. Trattandosi inoltre di una paziente giovane abbiamo focalizzato la nostra attenzione sul mantenimento igienico del manufatto implanto-protesico, grazie all’ottenimento di una quota sufficiente e stabile di gengiva aderente a livello sia perimplantare sia dei due elementi pontic intermedi; infine, grazie alle routinarie prove fonetiche, è stata ripristinata la corretta funzione fonetica. La paziente ha dimostrato la sua gioia in più di un’occasione, ma soprattutto ha ripreso a sorridere oltreché con la bocca anche con gli occhi.

Cosa significa la risoluzione di questi casi per la vostra professione e per l’odontoiatria in genere?
Prof. Di Stefano – Abbiamo sempre pensato che l’odontoiatria possa e debba essere portatrice di grandi valori medici, riabilitativi, psicologici e umani. La nostra professione si nutre e attinge da questi successi quell’energia indispensabile per le sfide di un mondo sempre più complesso. Il team, le nuove tecnologie unite al cuore e alla mente di chi ama questo lavoro possono ridare salute e con questa gioia e vita alle persone. Questo caso né è uno dei tanti esempi in ambito riabilitativo.

Vi ringraziamo per l’intervista.

To post a reply please login or register
advertisement
advertisement