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Protesi avvitata a medio lungo termine a carico immediato. Tecnica del “porta impronte dinamico”

PFoto: porta impronte dinamico scaricato e posizionato in occlusione.
A. Gatti

A. Gatti

lun. 27 maggio 2013

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I pazienti odontoiatrici di oggi sono sempre più esigenti, in quanto richiedono protesi in grado di soddisfare contemporaneamente requisiti di funzionalità, estetica e confort.

Altra esigenza sempre più pressante è quella di realizzare la protesi nel minor tempo possibile, soprattutto quando la soluzione protesica prevede l’uso di impianti. In tal caso, i materiali e la tecnica ci vengono in aiuto: l’adozione di impianti a carico immediato e la tecnica dell’incollaggio consentono di soddisfare appieno la richiesta del paziente di rimanere senza denti il minor tempo possibile.
Scopo di questo articolo è quello di illustrare una tecnica facile e veloce per realizzare una protesi avvitata a medio e lungo termine, a carico immediato, con sistema implantare “Edierre Implant System”. Poiché gli impianti a carico immediato prevedono l’applicazione del dispositivo
protesico nell’arco di 24/48 ore dall’inserimento degli impianti, i fattori tempo e semplicità
diventano di fondamentale importanza.

Caso clinico: situazione di partenza
Il paziente è una donna di 73 anni, con gravi problemi parodontali nell’arcata inferiore, che vuole ristabilire la propria masticazione senza l’utilizzo di protesi rimovibili; si precisa che anche l’arcata superiore andrebbe rivista, ma la paziente, abituata da anni a questa condizione, chiede di intervenire solamente sull’arcata inferiore.

Soluzione protesica
Dopo aver preso due impronte studio e valutato il caso con una simulazione in laboratorio (Figg. 1, 2), viene proposta alla paziente l’estrazione da 43 a 35 con l’inserimento di 4 impianti, in zona 33-35-43-45, e la realizzazione di una protesi avvitata a carico immediato.
La ceratura del lavoro viene duplicata in resina trasparente (Figg. 3, 4), trasformando il lavoro in un porta impronta individuale, supportato dai denti, denominato “porta impronte dinamico”; tale porta impronte ci consentirà di prendere la masticazione e l’impronta di posizione degli impianti in un’unica seduta, limitando quindi i passaggi in studio.
Il giorno dell’intervento rimangono da estrarre alla paziente il 43 e il ponte da 42 a 32 (Figg. 5, 6), dato che gli altri denti, al fine di facilitare la fase clinica, sono già stati estratti 10 giorni prima dell’intervento. Si procede con l’estrazione dei denti rimanenti (Figg. 7, 8) e vengono inseriti 4 impianti in zona 33-35-43-45.
Per la buona riuscita del lavoro occorre soffermare la nostra attenzione sul transfer per impronta per protesi avvitata e sul porta impronte dinamico. Il transfer, grazie alla sua ridotta dimensione (Fig. 9), ci permetterà di alloggiarlo all’interno del porta impronte dinamico con facilità, consentendoci di prendere l’impronta senza difficoltà. Il porta impronte dinamico (Fig. 10), essendo una duplicazione della ceratura, consente di simulare la posizione dei denti definitivi e permetterà di valutare la dimensione verticale dei denti, concentrando i passaggi in un’unica seduta.
I transfer vengono avvitati sugli impianti e il porta impronte dinamico viene provato, scaricato e forato nelle zone di interferenza, così da consentire alla paziente la chiusura della bocca senza difficoltà (Figg. 11, 12).
Si procede alla chiusura, con della resina, dei buchi in precedenza creati nelle zone di interferenza, al fine di provocare maggiore compressione al materiale da impronta (Figg. 13, 14); l’odontoiatra prende quindi l’impronta facendo chiudere la bocca: grazie all’occlusione con l’antagonista sarà possibile ottenere, contemporaneamente, un’impronta di posizione e la masticazione (Fig. 15).
A questo punto il lavoro verrà inviato al laboratorio che preparerà il modello master, avvitando i transfer agli analoghi e posizionandoli all’interno dell’impronta. La scanalatura perpendicolare al transfer permetterà al transfer stesso un buon alloggiamento all’interno dell’impronta (Figg. 16-19).
Si procede quindi alla boxatura dell’impronta, alla colatura con del gesso di IV classe extra duro e quindi al montaggio in articolatore (Figg. 20, 21).
Prima di procedere con il montaggio dei denti, si predispone la struttura per ricevere il rinforzo fuso, si svitano i transfer, si avvitano i monconi per protesi avvitata, si abbassano quanto necessario e si parallelizzano (Figg. 22-25).
Nell’utilizzare il porta impronte dinamico, come riferimento estetico si procederà al montaggio dei denti evidenziando l’inserzione delle viti (Figg. 26-28).
Con l’ausilio di mascherine, viene modellato il rinforzo utilizzando la tecnica dell’incollaggio. Tale tecnica prevede la fusione del rinforzo, il quale alloggerà comodamente sopra i monconi limati in precedenza. Essendo il rinforzo più largo dei monconi, potremo incollarlo con facilità sopra i monconi, avendo una struttura priva di tensioni e completamente passiva (Figg. 29-32). Altro vantaggio è quello di non doverci preoccupare troppo della precisione della fusione, risparmiando tempo e consentendo il carico immediato nel minor tempo possibile.
Ultimato il passaggio dell’incollaggio, si finalizza il lavoro (Figg. 33, 34), utilizzando le mascherine per l’irresinatura, si rifinisce e si lucida cercando di mantenere le parti di appoggio mucoso con forme più convesse e lucide possibili (Fig. 35) al fine di agevolare la pulizia da parte del paziente.

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Conclusioni

La lavorazione sopra descritta non è “il metodo” adatto a qualsiasi tipo di paziente, ma è una delle tante soluzioni protesiche adatte a quel paziente. Esistono altri modi per svolgere questo tipo di lavoro, tuttavia la nostra esperienza ci porta ad adottare quello descritto, perché crediamo sia semplice, veloce e predicibile.

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 2 di Lab Tribune Italy 2013.

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