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Identikit dei consumatori di prestazioni odontoiatriche: spesa e rinuncia alle cure

Aldo Piperno

Aldo Piperno

gio. 26 giugno 2014

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È notorio che la crisi economica degli ultimi anni abbia inciso negativamente su tutti i consumi e le spese delle famiglie. Il settore della salute non è rimasto indenne da questo impatto. A risentirne di più sono state le prestazioni a pagamento e, tra queste, quelle considerate e/o percepite dai cittadini come prestazioni rinviabili o addirittura rinunciabili (anche se tali non sono, ovviamente, sotto il profilo dello stato di salute).

Non è diffusa, invece, la conoscenza di chi siano quelle famiglie e/o individui che hanno consumato e speso meno (o più) di altri.

La tabelle fornite (elaborazioni ad hoc su fonti dati Istat ed Eurostat) aiutano a costruire questo profilo. Tra il 2007 e il 2012 hanno speso di meno (rispetto alle famiglie in altra condizione) i gruppi degli operai e assimilati (-170,27 €), quelli con un livello di istruzione elementare e media, residenti in Lombardia, Trentino, Campania e Calabria, nelle regioni del Nordovest e del Sud.
È lecito ipotizzare che si tratti di famiglie operaie residenti nelle regioni industrializzate, maggiormente colpite dalla crisi industriale, e in quelle meridionali, dove più elevato è il livello di disoccupazione. Dalla seconda tabella si specifica chi sono gli individui che non hanno speso proprio per mancanza di soldi: ossia residenti nel Sud e nelle Isole, appartenenti a classi di età tra i 35 e i 59 anni, persone sole o monogenitori, con istruzione bassa e senza lavoro.

I dati delle tabelle non debbono far dimenticare, però, un risultato generale: a spender di meno o a rinunciare alle cure odontoiatriche è tutta la popolazione. Quelli sopradescritti sono i ceti il cui profilo è maggiormente negativo, ma negativo seppur in minor percentuale, e tutto il resto della popolazione. Si “salvano” solo quelli che per posizione professionale e profili correlati non hanno sofferto di decrementi importanti di reddito.

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Una considerazione generale scaturisce, infine, da questi dati. Appare evidente che i consumi e la spesa odontoiatrica dipendono dal reddito delle famiglie, degli individui e del paese. Se da un lato questa correlazione (reddito-consumo-spesa) vale in linea generale per tutti i tipi di consumo, essa è tradizionalmente minore nel caso delle spese per la salute.

Se i dati evidenziano che la correlazione si è invece fatta più “forte” nel caso delle prestazioni odontoiatriche, si potrebbe dedurre che la crisi ha indotto un cambio di paradigma nella mentalità collettiva. Potrebbe essere accaduto – e se è così, sarà difficile tornare indietro – che l’odontoiatria sia scesa nella scala delle priorità, oggettive e soggettive, dei cittadini. Ovviamente, questo cambio di paradigma non può non riguardare, per così dire, l’indotto: i compensi professionali e i ricavati commerciali e industriali. Per promuovere un’inversione di rotta, occorrerebbe strategicamente che il reddito pesasse meno sul consumo, attraverso azioni multiple dal lato dell’offerta e della domanda.

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