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Nello spaccato Eurispes di un’Italia in crisi spicca la rinuncia alle cure odontoiatriche

Gian Maria Fara, sociologo. Ha fondato e presiede, dal 1982, l'Eurispes.
m.boc

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gio. 16 febbraio 2017

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La mattina del 26 gennaio, a Roma, la Biblioteca nazionale è stata teatro di un importante avvenimento socioculturale. Molto atteso, peraltro, visto che nel grande Salone capace di centinaia di posti, numerosi i rimasti irrimediabilmente in piedi. A richiamare un pubblico selezionato e attento, la presentazione del 29° Rapporto Italia dell’Eurispes, la prestigiosa “Banca dati – come si autodefinisce – attraverso cui leggere le trasformazioni nella società, nell’economia, nel costume e nella cultura, che in oltre 35 anni di attività, ha realizzato oltre 950 ricerche e scritto 950 mila pagine di studi”.

Presentazione a cura del presidente Gian Maria Fara, che in una dotta prolusione infarcita di richiami letterari, ha paragonato l’Italia a Gulliver, gigante il cui corpo, seppur enorme, viene tuttavia imbrigliato dai mille fili tesi dai lillipuziani. Fin troppo facile equipararli ai lacci, e laccioli, di una burocrazia ottusa e pervasiva come la nostra. Questa e altre osservazioni spingono Fara, coordinatore di un’altra pregevole ricerca sul “terzo pagante” in Odontoiatria, a concludere nella sua prolusione che l’Italia, Paese dalle enormi possibilità, non riesce a trasformare la sua potenza in energia.

Per leggere meglio tali trasformazioni, il Rapporto dall’Eurispes mette a raffronto in una dialettica degli opposti, vaste aree di riflessione: passato e futuro, sicurezza e insicurezza, cittadinanza e sudditanza, immigrazione ed emigrazione, giustizia e ingiustizia, soggettività e collettività. In quest’analisi ad ampio spettro dell’indole del Paese (anzi dei “vari Paesi” di cui è composta l’Italia) non poteva mancare il richiamo alla Sanità, dove il generale calo delle prestazioni si accompagna al maggior esborso per procurarsele. Indicativo il dato secondo cui sono in aumento i soggetti che hanno ridotto le spese mediche (dal 34,2% al 38,1% dell’anno scorso). Dal capitolo intitolato “Il termometro della salute in Italia” emergono altre cifre significative. Premesso che l’intero SSN ha conosciuto in questi anni un deciso arretramento (tanto che in 15 anni sono andati perduti molti progressi conquistati negli ultimi 40 ndr.) può tuttavia esser definito ancora tra i migliori al mondo, ma solo per alcune macro aree collocandosi invece tra gli ultimi per quanto concerne gli investimenti per prevenire le malattie.

“Nel nostro Paese – dice l’inchiesta – viene destinato alla prevenzione solo il 4,1% della spesa sanitaria totale”. La riduzione delle possibilità di spesa delle famiglie da un lato e l’aumento dei ticket e farmaci non rimborsabili dall’altro, hanno portato una buona fetta della popolazione a rinunciare non solo alla prevenzione ma anche a terapie e interventi chirurgici. In questo scenario la rinuncia alle cure dentistiche appare la più frequente (31,9%) tra gli intervistati sia perché solitamente non riconducibili a patologie gravi e interventi urgenti, sia per i costi elevati tra i rinunciatari alle cure mediche, e in particolare odontoiatriche spiccano i cassintegrati (73,3), seguiti dai soggetti in cerca di nuova occupazione che nella rinuncia si attestano al 58%.

Può essere interessante (anche se non del tutto sorprendente) constatare, dal Rapporto, come la rinuncia si ripartisca a seconda delle condizioni economiche prevalenti nell’area geografica. Alla domanda “Se nel corso dell’ultimo anno le sia capitato di rinunciare al dentista a causa dei costi eccessivi” nel Nord-Ovest il 20% degli intervistati risponde di sì, nel Nord-Est il 33,5%, più o meno come nel Centro (33,2%). Ma la percentuale nel Sud arriva al 37%, fino a toccare nelle isole quasi la metà (43,3%) dei rinunciatari.

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