Nel corso dell’Expodental Meeting di Rimini, sabato 17 maggio si è tenuto il più importante appuntamento istituzionale ovvero la tavola rotonda dal titolo “Odontoiatria e Ortodonzia, tra digitalizzazione e multidisciplinarietà: un presente/futuro tra Clinica, Etica, Economia e Tecnologia dinamica interattiva. La squadra è pronta per le sfide del Cambiamento?”, evento organizzato da UNIDI e SUSO (sindacato italiano specialità ortognatodonzia), presentato da Fabio Velotti, Presidente UNIDI e Pietro di Michele, past president SUSO, introduzione di Antonio Pelliccia e conduttori i giornalisti di medicina Margherita De Bac e Giuliano Giubilei.
L’UNIDI lo ha definito “un vivace momento di confronto sulle evoluzioni del settore” e concordo sul fatto che il dibattito tra operatori istituzionali del settore abbia fatto emergere punti di vista differenti. Tali prospettive sono state sollecitate sia dai giornalisti, che si rivolgono direttamente ai cittadini italiani, sia dalle criticità evidenziate dal rappresentante di Federconsumatori, portavoce non tanto dei pazienti quanto dei numerosi “non pazienti”.
Il punto chiave emerso da questa tavola rotonda – anche se forse gli organizzatori avevano in mente obiettivi diversi – è che i cittadini (Federconsumatori specifica: tutti coloro che si trovano sul territorio italiano) incontrano da sempre notevoli difficoltà nell’accesso alle cure odontoiatriche. Negli ultimi anni, il susseguirsi di crisi economiche e l’inflazione rischiano di rendere questo accesso, già oneroso, ancora più difficile, considerando che appena l’1% delle spese odontoiatriche è coperto dal sistema sanitario pubblico. Un tema non recente ma antico, io ne sento parlare da 20 anni, da quando sono entrata nel mondo del dentale.
Di tavole rotonde sul tema se ne sono tenute molte; il problema è stato sollevato più volte, anche dai sindacati e dalla CAO, ma troppo spesso le parole sono finite nel dimenticatoio – o, peggio ancora, nel cestino dei desktop di tutti. Soprattutto delle politiche di governi nazionali e regionali bipartisan, che oggettivamente non hanno budget per l’odontoiatria, troppo costosa ma neppure per un sistema di gestione delle emergenze odontoiatriche (tranne poche esperienze regionali) e, cosa gravissima come sostenuto nell’intervento della Professoressa Gianna Nardi, per la prevenzione (con l’assunzione sul territorio di igienisti dentali per esempio) che a fronte di pochi investimenti garantirebbe grandi risultati; al contrario anche il mese della prevenzione fu inventato dall’industria. Può la tecnologia abbattere i costi? La risposta è sì, nel lungo periodo, ma l’investimento iniziale resta significativo. Del resto, come sottolinea Fabio Velotti, i costi di materiali e attrezzature sono aumentati a causa dell’inflazione e del rincaro delle materie prime e dell’energia, che incide fortemente sui costi di produzione. L’inflazione colpisce anche i pazienti, il cui potere d’acquisto – salari o pensioni – è in calo costante, e gli studi odontoiatrici, che vedono ridursi i margini di profitto, non potendo aumentare i listini per evidenti ragioni. È aberrante sentire ancora, dopo oltre vent’anni, parlare del “turismo odontoiatrico” come di un demone, come se fosse la causa di tutti i mali o sinonimo di cure di scarsa qualità erogate all’estero. L’Italia eccelle certamente nell’odontoiatria, ma prestazioni modeste non si trovano solo nei Paesi dove le cure costano meno: esistono anche nel nostro. Posso testimoniarlo personalmente, avendo visitato studi odontoiatrici in alcuni Paesi dell’Est Europa, dove ho riscontrato strutture di altissimo livello, sia tecnologico che clinico. I costi più bassi sono legati a fattori fiscali e al cambio favorevole in nazioni che non adottano l’Euro, non a una minore qualità. Fortunatamente, qualcuno ha iniziato a parlare anche di incentivare il cosiddetto turismo odontoiatrico inverso, che peraltro è già una realtà in crescita.
Uno dei punti fondamentali trattati è stato il tema della comunicazione, sia verso i cittadini che all’interno dello studio, nei confronti del paziente. Oggi gran parte della comunicazione è veicolata direttamente dall’industria, che sollecita la domanda dei pazienti soprattutto in relazione ai trattamenti estetici e all’uso di tecnologie avanzate. In alcuni casi, si tratta di un vero e proprio martellamento mediatico, rivolto persino ai minori, da parte di aziende che promuovono sbiancamenti, faccette e ortodonzia. È evidente la necessità di regolamentare questa comunicazione aggressiva, puntando invece a sviluppare una maggiore consapevolezza nel cittadino: da un lato, sull’importanza della salute orale e della sua connessione con le patologie sistemiche; dall’altro, sul valore dell’eccellenza odontoiatrica italiana. Come ha sottolineato il giornalista Giubilei, è fondamentale anche rivalutare l’immagine del dentista, che svolge un ruolo essenziale a favore della salute pubblica.
Oggi, le singole associazioni intervengono in modo sporadico su questo fronte, ma la vera novità emersa da questa tavola rotonda è stato proprio l’intento condiviso da tutto il comparto di progettare un investimento comune e strutturato per informare i cittadini. Come ha sollecitato anche De Bach, tale comunicazione potrebbe eventualmente coinvolgere il servizio pubblico, ma non deve in alcun modo mirare a creare nuovi bisogni: ce ne sono già troppi, spesso frustrati, soprattutto in ambito odontoiatrico.
In tal senso è stato efficace l’intervento di Elena Pozzi, Amministratore unico della Leone Spa — azienda produttrice da oltre 90 anni di dispositivi ortodontici e implantari, ora alla terza generazione — che ha citato Antonio Pelliccia: “I bisogni si devono creare e non solo soddisfare”. Ha poi aggiunto: “Io mi sento un produttore di dispositivi medici ed eticamente mi metto a disposizione per soddisfare bisogni”.
Ma l’altro tema importante è la comunicazione con il paziente attraverso la tecnologia, che se da un lato risulta facilitata dall’altro può creare nel paziente un’aspettativa di risultato. La dott.ssa Ceretti, presidente SIOF, Società Italiana di Odontoiatria Forense, mette in guardia per prevenire il contenzioso, cioè una situazione di incomprensione e insoddisfazione del paziente spesso derivante dallo scollamento tra risultato e aspettativa: specie in ortodonzia il contenzioso sta molto aumentando.
La Ceretti ricorda “non abbiamo un dovere di garantire il risultato, ma solo di impegnarci con tutti i mezzi; tuttavia, se mostriamo il risultato e lo promettiamo, allora diventa un impegno vincolante”. Ecco quindi emergere il tema della tecnologia e del governo della stessa. In ortodonzia già da 20 anni si fa uso dell’intelligenza artificiale. Per acquisire conoscenze è necessario studiare fin dalla scuola e proseguire all’Università. Come hanno sottolineato Bussolari e Cefla, riferendosi anche all’industria: “la scuola prepara meno rispetto a paesi come Cina o Giappone, dove la laurea corrisponde quasi a un diploma; gli studenti di tutte le facoltà escono dall’Università con carenze sia nelle competenze teoriche sia in quelle applicative”.
Molto toccante è stato l’intervento delle ASO, sollecitato dalla giornalista De Bach, che le ha definite gli “angeli dello studio”. Sono loro le vere protagoniste della comunicazione con il paziente e della comunicazione interna allo studio. Rappresentano oltre 90.000 persone, ma nonostante le grandi competenze e le molteplici attività che svolgono, questa categoria è ancora fortemente sottoinquadrata e sottopagata.
Questi ultimi due temi saranno certamente approfonditi da Francesco Riva, intervenuto in qualità di Consigliere del CNEL e coordinatore di un gruppo di lavoro recentemente incaricato dal Ministero della Salute di occuparsi della formazione di tutto il personale sanitario italiano.
Insomma, De Bach e Giubilei, insieme a Federconsumatori hanno drasticamente deviato un discorso che poteva restare “per addetti ai lavori” per sollecitare delle risposte: l’Art. 32 della costituzione parla del diritto fondamentale alla salute.
Questo diritto è esigibile da tutti o no? L’odontoiatria solleva purtroppo il grande tema della disuguaglianza: la spesa privata in sanità è del 25 per cento e per la maggioranza in odontoiatria, ricorda il rappresentate di Federconsumatori. “Il punto della questione, continua, è che non si riesce a garantire l’accesso alle cure, e una percentuale sempre più alta di persone rinuncia, generando disuguaglianze sociali e regionali: “Le cure se le paga chi se le può permettere.”
Anche i prossimi tavoli tecnici di tutto il comparto — e questa unità è una buona notizia — difficilmente riusciranno a fornire risposte concrete e a breve termine.
Nota editoriale:
Hanno partecipato Fabio Velotti (Presidente UNIDI) e Pietro di Michele (esponente SUSO), Antonio Pelliccia, i giornalisti Margherita De Bac e Giuliano Giubilei, il Presidente CAO (Commissione Albo Odontoiatri) Andrea Senna, il Consigliere CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) Francesco Riva, il Presidente ANDI (Associazione Nazionale Dentisti Italiani) Carlo Ghirlanda, il Presidente AIO (Associazione Italiana Odontoiatri) Gerhard Seeberger, il Presidente CDUO (Collegio dei Docenti Universitari di discipline Odontostomatologiche) Lorenzo Lo Muzio, il Presidente SUSO Fabrizio Sanna ed i rappresentanti delle principali società scientifiche ed associazioni di settore SIDO, SIOF, AIOP, SIDP, SIPMO, U.N.I.D., ATASIO, AIDI, SISIO, IDEA, AIASO, FNO – TSRM – PSTRP, ANTLO, CNA-SNO, ORTEC, i rappresentanti dei produttori dentali CEFLA, ADVAN, LEONE, ALIGN TECHNOLOGY, CARESTREAM DENTAL e Federconsumatori.
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