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Caso clinico di odontoiatria forense relativo a un piano riabilitativo complesso implantare

La situazione chirurgica definitiva risulta nella RX OPT.
M. Turani

M. Turani

mar. 21 giugno 2016

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Riportiamo alcune considerazioni su un case report descritto da un odontologo forense con oltre trent’anni di esperienza, tacendo, per ovvi motivi di opportunità, i nomi dei protagonisti – paziente, odontoiatra operante, consulente tecnico di parte e di ufficio.

Descrizione
La paziente B.M. si rivolge, nell’anno 2002, alle cure di un odontoiatra in una città della Lombardia, per cui viene proposto e concordato un piano riabilitativo complesso consistente nell’inserimento di elementi implantari all’arcata superiore, specificatamente in posizione 13-14, 23-24 e 18 (Tuber mascellare, denominato anche impianto-pterigoideo), seguito da riabilitazione protesica fissa. Un altro impianto posizionato in sede 28 viene successivamente rimosso perché fallito. La situazione chirurgica definitiva risulta nella RX OPT mostrata nella Fig. 1.
Alla paziente viene conseguentemente posizionata una protesi fissa provvisoria in acrilico, sempre all’arcata superiore. Inizia una serie di problematiche particolarmente importanti dal punto di vista odontostomatologico e con coinvolgimento di strutture extrastomatognatiche, che portano all’interruzione del programma riabilitativo programmato, senza l’esecuzione del manufatto definitivo. Dopo il classico percorso di contrapposizione medico-paziente, la controversia giunge dinanzi al Tribunale Civile. Non vengono qui descritti ulteriori aspetti del caso, in quanto scopo di questa breve esposizione non è la disamina clinica estetico-funzionale odontoiatrica, ma evidenziare il particolare iter procedurale medico-legale verificatosi.
Nella perizia del Consulente di Parte del 2003 (CTP iniziale, diverso dallo scrivente) si legge infatti: «All’esame ortopantomografico si nota: n. 3 pianti di destra di cui quelli in zona 13 e 14 scarsamente osteointegrati e presentanti una preoccupante invasione del cavo sinusale di destra (peraltro con note evidenti di opacità). A sinistra la presenza di n. 2 impianti endossei scarsamente osteointegrati e abbondantemente coinvolgenti la cavità sinusale di sinistra che presenta opacità diffusa».

Obiettività
Nell’elaborato del CTU nominato in sede di ATP del 2004 si legge: «Risulta ben evidente area radiotrasparente marcata di circa 2 cm sulla sommità degli impianti in sede 2.3 e 2.4. Tali impianti appaiono collocati oltre i limiti ossei del tavolato alveolare superiore presentando la loro sommità beante rispettivamente nella cavità nasale e nel seno mascellare per 4-5 mm. Considerazioni analoghe per gli impianti in sede 1.4 e 1.3 che appaiono collocati oltre il tavolato osseo superiore di circa un paio di mm per l’impianto 1.4 e di 4-5 mm nel caso 1.3. Quest’ultimo presenta un’immagine di alone radiotrasparente sulla sua sommità beante nella cavità nasale destra.

Conclusioni
«Gli impianti in sede 1.4, 1.3, 2.3, 2.4 appaiono tutti oltrepassare i limiti dei tavolati ossei. Nel caso di impianti che oltrepassino i limiti del pavimento nasale, tale emergenza radiografica non è mai giustificata. Preoccupante appare la sintomatologia conseguita agli interventi chirurgici e consistente nella patologia sinusitica cronica riferita nella storia della paziente. Tale patologia, obiettivabile anche all’esame TAC riportato, potrebbe trovare una sua giustificazione nella presenza delle sommità degli impianti dentali all’interno delle cavità nasali e dei seni mascellari. Per questo motivo, si ritiene opportuno estrarre i 4 impianti sopracitati, in quanto appaiono essere la causa di sofferenza a livello delle mucose dei recessi nasali e sinusali».
Dall’elaborato del CTU nominato (il medesimo) in sede di CTU del 2006 si legge ancora: «L’aggiunta di materiale osseo o simil-osseo, sovente, va incontro a processi di riassorbimento nei mesi seguenti e non appare in radiografia. Tale procedura perciò potrebbe spiegare il riscontro radiografico segnalato nella precedente ATP dell’emergenza impiantare oltre i limiti del tavolato osseo; tale emergenza che non supera mai i 2-3 mm, secondo la letteratura scientifica più aggiornata, viene considerata sopportabile anche nel pavimento nasale. Ciò va detto a correzione di quanto affermato nella discussione della ATP, durante la quale, per mancanza di un dibattito con la controparte, non era stato evidenziato il tipo di intervento eseguito dal dr. xxx e risultava ingiustificata la sporgenza della sommità degli impianti nel pavimento del seno mascellare e del naso.
Da un punto di vista chirurgico, la terapia proposta dal dr. xxx sembra corretta e, visto il suo curriculum vitae, non appaiono configurarsi elementi di imperizia, imprudenza e negligenza.
A correzione di quanto proposto nella precedente ATP, va segnalato che non si ritiene utile estrarre i 5 impianti introdotti dal dr. xxx, vista la loro stabilità e l’assenza di aree infiammatorie ossee. Al contrario, un intervento di estrazione di tali impianti potrebbe danneggiare l’osso residuo alveolare e creare problemi maggiori nella riabilitazione protesica. I 5 impianti inseriti dal dr. xxx appaiono stabili e privi di segni di infiammazioni o mobilità anche a distanza di più di 3 anni, configurando criteri di successo implantare».
Leggiamo, infine, dalla sentenza del giudice del 2012: «L’espletata consulenza tecnica d’ufficio, i cui risultati – anche alla luce dei chiarimenti scritti fomiti dal CTU in ordine alle apparenti discrasie tra le risultanze dell’accertamento tecnico preventivo ante causam e quelle della relazione peritale depositata in corso di causa – il giudicante condivide e fa propri per l’accuratezza e l’esaustività con le quali sono stati raccolti e per l’inesistenza di lacune di ordine logico-tecnico nel processo di valutazione degli elementi acquisiti e nelle argomentazioni addotte a sostegno del convincimento raggiunto, fondato su un compiuto esame anamnestico e obiettivo e su uno studio della documentazione prodotta…».
Conclusione? Ci sarebbe ovviamente molto da dire e scrivere a riguardo dal punto vista clinico e squisitamente medico-legale. Alla luce di quanto descritto vogliamo sottolineare due aspetti che riteniamo fondamentali nell’iter procedurale, oltreché incomprensibili.
L’evidente e totale inversione di valutazione che il medesimo CTU pone nell’ATP prima e nella CTU poi.
Innanzitutto la nomina del medesimo consulente, in ATP e CTU, risulta prassi già di per sé inconsueta nell’iter giuridico del settore. L’aspetto macroscopico appare poi la totale inversione di pensiero e di valutazione che il CTU pone nelle due perizie. Non due valutazioni difformi, si badi bene, o con più o meno varianti, ma due precise e decise posizioni totalmente opposte che, a rigor di logica, non sembrano venire partorite dallo stesso consulente. Tale comportamento ha determinato percorsi medico-legali e giuridici distorti, incomprensibili e ingiusti.

  1. Non si contestano qui le opinioni e le scelte del CTU poiché, in quanto “occhiale” del giudice, dovrebbero valutare non per libero arbitrio ma per profondo convincimento, ma si critica l’inversione di percorso adottata, sotto ogni profilo, in primis deontologico, con il giudice che sottolinea l’accuratezza e l’esaustività dello scritto del CTU.
  2. L’aspetto sinusitico che la paziente ha lamentato come conseguenza degli interventi subiti. A riguardo, riteniamo che le possibilità possono essere solamente due:

a. la paziente non presentava alcuna problematica a riguardo prima degli interventi chirurgici, e quindi i medesimi rafforzano un nesso di causalità praticamente certo;

b. presentava già una patologia sinusitica e quindi una controindicazione assoluta alla chirurgia impiantare.

Sempre in ossequio alla libertà di interpretazione del CTU, ci si domanda quale delle due ipotesi il consulente abbia fatto sua e la costatazione che, indipendentemente dalla scelta adottata, la responsabilità del terapeuta risulta evidente e provata. In conclusione, restano determinati interrogativi e perplessità, di non poco conto, formali e sostanziali. Di certo, indiscutibile è l’enorme dispendio di tempo, denaro e sofferenza (psicofisica) da pare della paziente.

Legenda
ATP = Accertamento Tecnico Preventivo
CTP = Consulente Tecnico di Parte
La figura tecnica (in questo caso odontoiatra) che tutela gli interessi della parte che rappresenta, nell’ambito della controversia.
CTU = Consulente Tecnico d’Ufficio
La figura tecnica nominata dal giudice, che di fatto lo rappresenta nello svolgimento dei lavori peritali, alla quale il giudice pone dei quesiti e chiede risposte precise.
Incarico di enorme responsabilità, accettato sotto giuramento di ben adempiere secondo i più alti principi.

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