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Riabilitazione di un caso complesso con impianti in zirconia

Particolare della Fig. 3. Preparazione dei siti implantari.
A. E. Borgonovo, M. Dolci, R. Censi, O. Arnaboldi, V. Vavassori, C. Maiorana

A. E. Borgonovo, M. Dolci, R. Censi, O. Arnaboldi, V. Vavassori, C. Maiorana

mer. 30 gennaio 2013

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Introduzione Per diversi decenni, gli impianti dentali sono stati ampiamente utilizzati nella pratica clinica per le riabilitazioni di edentule singole e multiple a livello dei mascellari con ottimi risultati. Visti i risultati ottenuti, l’implantologia ha suscitato un grande interesse nell’ambito della ricerca e, in particolare, numerosi studi sono stati indirizzati al miglioramento delle tecniche implantari1,2.

Il titanio rappresenta il materiale maggiormente utilizzato per la realizzazione degli impianti dentali, in quanto presenta ottime proprietà tra cui la biocompatibilità3,4. Tuttavia, poiché il titanio si presenta di colore grigio, nella riabilitazione dei settori anteriori dei mascellari, possono sorgere problematiche estetiche.
Per questo motivo, sono stati realizzati nuovi materiali, come gli abutment in ceramica5,6(zirconia) e i manufatti protesici metal free7,8 al fine di garantire migliori risultati estetici. L’uso di questi materiali, soprattutto in ambito protesico, ha già infatti dimostrato risultati predicibili. Ci sono, tuttavia, alcuni casi in cui a causa delle caratteristiche tissutali individuali (biotipi sottili) o per lo scorretto posizionamento tridimensionale dell’impianto, il solo utilizzo di abutment o corone in zirconia non è sufficiente per ottenere un buon risultato estetico9,10.
Molti autori11 hanno tentato di risolvere queste problematiche rivestendo gli impianti in titanio con materiali come ZrO2 e Al2O3. Tuttavia, sebbene la diffusione dei rivestimenti sia aumentata, il loro uso è ancor oggi controverso. A tal proposito, sono sorti dei dubbi relativi alla possibilità di dissoluzione e frammentazione dei rivestimenti, allo stesso modo è stata descritta la possibilità di distaccamento dei rivestimenti dalla superficie metallica, fenomeno definito “delaminazione”.
Per migliorare l’integrazione estetica degli impianti con i tessuti, gli impianti realizzati in Al2O3 sono stati testati in diversi studi clinici fin dagli anni Settanta. Questi impianti sono stati commercializzati in Francia, Germania, Giappone e negli Stati Uniti. Tra tutti, gli impianti Tubingen sono probabilmente gli impianti in ceramica più famosi12. Questi impianti sono stati però precocemente abbandonati per vari motivi tra cui le frequenti fratture implantari, la mobilizzazione degli impianti, la perdita di osteointegrazione e il riassorbimento osseo perimplantare. La maggior parte dei problemi insorti a seguito dell’utilizzo degli impianti Tubingen, può essere ricondotta alle insufficienti caratteristiche meccaniche di Al2O313,14.
Più recentemente, è stato introdotto l’ossido di zirconia (ZrO2) che vanta buone proprietà meccaniche, alta biocompatibilità e ottime caratteristiche estetiche. Tuttavia, circa gli impianti in zirconia, esistono solo pochi studi relativi al loro uso clinico15,16, sebbene l’ossido di zirconia sia stato ampiamente studiato e documentato in ambito protesico.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di presentare un caso clinico di riabilitazione implanto-protesica complessa, realizzata mediante l’uso di impianti in zirconia e con follow-up a 5 anni.

Case report
Presso il Dipartimento di Chirurgia orale della Clinica odontoiatrica, Università degli Studi di Milano, si è presentato alla nostra attenzione un paziente di sesso maschile, di 55 anni con edentulia parziale a livello del mascellare superiore per la mancanza degli elementi dentari compresi da 21 a 26. Il paziente, in anamnesi, non presentava patologie sistemiche e risultava non fumatore. Dal colloquio con il paziente, si è rilevato che la perdita degli elementi dentari è avvenuta in seguito ad un’insufficiente cura della salute orale da parte del paziente, dovuta a difficoltà economiche. Dopo le sedute di igiene orale professionale, il paziente è stato rivalutato per meglio definire il piano di trattamento implanto-protesico. All’esame clinico radiografico, è risultato che l’edentulia del II quadrante risultava complicata dal riassorbimento osseo della cresta alveolare, la cui altezza era insufficiente per l’inserimento di quattro impianti endossei. Tuttavia, in questo caso l’intervento di incremento osseo verticale non è stato considerato necessario poiché il paziente presentava una linea del sorriso bassa, che agevolava la gestione del margine gengivale (Figg. 1 e 2).
A seguito della ceratura diagnostica, è stata creata una mascherina chirurgica. Durante l’intervento, è stato allestito un lembo muco periosteo con un’incisione di rilascio distale all’elemento 1.2. Quattro impianti monocomponente in ossido di zirconia parzialmente stabilizzato all’ittrio (YSZ) (WhiteSky, Bredent) sono stati posizionati. Due impianti di dimensioni 4 x 12 mm sono stati posizionati nelle regioni 2.1 e 2.3, mentre due impianti di dimensioni 4,5 x 12 mm sono stati inseriti nei siti 2.5 e 2.6 (Fig. 3). Dopo la preparazione dei siti chirurgici, il posizionamento implantare è avvenuto inizialmente con il manipolo chirurgico, e in seguito con l’avvitamento manuale al torque di 40 N. Gli impianti sono stati posizionati nell’osso in modo che il margine superiore della porzione sabbiata fosse a livello della cresta ossea, lasciando invece, il colletto lucido a livello transmucoso. Nella regione 2.1, la corticale ossea vestibolare risultava sottile, per cui è stato posizionato un innesto di osso eterologo (Bio-Oss, Geistlich Pharma) ricoperto da una membrana riassorbibile (Bio-Gide, Geistlich Pharma) al fine di prevenire il riassorbimento osseo. A livello del sito 2.6, è stato invece eseguito il rialzo di seno effettuato secondo tecnica di Summers per inserire un impianto di altezza adeguata (12 mm) (Figg. 4-7). A seguito del posizionamento di tutti gli impianti, i lembi sono stati suturati con un monofilamento 4/0 non riassorbibile (Premilene, B. Braun). La protesi parziale rimovibile è stata modificata al fine di evitare qualsiasi contatto tra la protesi stessa e gli impianti.
Al paziente è stata raccomandata una dieta soffice e sono state prescritte la terapia antibiotica (1 gr di amoxicillina con acido clavulanico [Laboratori Eurogenerici] ogni 8 ore per 7 giorni) e l’esecuzione di sciacqui con clorexidina 0,2% collutorio per 2 volte al giorno per 15 giorni. Il paziente è stato in seguito visitato 10 giorni dopo l’intervento. Durante questa visita, le suture sono state rimosse ed è stata valutata la stabilità implantare. La porzione sopragengivale degli impianti in zirconio mono componente è stata leggermente preparata con le frese ETERNA (Bredent), in modo che gli assi implantari fossero tra loro paralleli. In seguito, la protesi parziale del paziente è stata sostituita con un ponte protesico provvisorio in resina per assicurare la guarigione dei tessuti molli e guidare il profilo gengivale (Fig. 8). Durante questa fase è stato raccomandato al paziente di evitare contatti in occlusione e in lateralità.
Dopo quattro mesi, il ponte provvisorio è stato rimosso e sono state esaminate la stabilità implantare, la profondità di sondaggio e la salute dei tessuti molli perimplantari. In aggiunta, la superficie occlusale del manufatto protesico provvisorio è stata modificata in modo che gli impianti venissero sottoposti al carico funzionale. Sei mesi dopo la fase chirurgica, sugli impianti in zirconia è stato posizionato il ponte definitivo realizzato in zirconia-ceramica. Un sottile strato di ceramica rosa è stato aggiunto in corrispondenza dei margini delle regioni 2.1, 2.2 e 2.3 per meglio supportare il labbro superiore e per limitare la profondità dello spazio interdentale (Fig. 9).
Dopo la consegna del manufatto protesico definitivo, sono stati programmati appuntamenti di controllo a distanza di 6 mesi e in seguito ogni anno. Durante queste visite, sono stati rilevati gli indici parodontali e sono state eseguite radiografie periapicali standardizzate. Gli indici di placca e di sanguinamento sono risultati pari a 1 in tutti i controlli, a eccezione dell’ultimo. In nessun sito è stato invece rilevato un sondaggio uguale o superiore a 5 mm. Tutti gli impianti sono risultati stabili e il paziente non ha riferito né dolore (spontaneo o alla percussione) né parestesia. Dalla fase chirurgica (baseline) fino a 5 anni di follow-up, alla valutazione radiografica, non è stata individuata alcuna radiotrasparenza in corrispondenza degli impianti e, in aggiunta, per tutti gli impianti è stato possibile osservare la preservazione nel tempo del margine osseo perimplantare (Figg. 10 e 11).

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Discussione
L’uso degli impianti dentali in titanio si caratterizza per risultati sicuri e predicibili sia nel breve sia nel lungo termine. Molti studi hanno, infatti, dimostrato la capacità osteointegrativa di questo materiale, e in numerosi lavori sono stati descritti gli ottimi risultati ottenuti a seguito del trattamento di edentule singole e multiple con impianti in titanio17. Negli ultimi anni, la ricerca è stata indirizzata verso lo sviluppo di nuove superfici implantari che assicurassero una migliore e rapida osteointegrazione al fine di ristabilire la funzione masticatoria in tempi brevi18,19. Sebbene eccellenti risultati siano stati ottenuti anche nei settori anteriori dei mascellari, la resa estetica della riabilitazione implanto-protesica rimane una sfida per l’implantologia.
Gli impianti in titanio sono di colore grigio, per cui possono trasparire attraverso i tessuti gengivali, in particolare se il biotipo è sottile o se il paziente presenta una linea del sorriso alta. In aggiunta, si deve sempre considerare che i tessuti molli intorno agli impianti dentali possono ritirarsi e dare recessioni gengivali, oppure si possono sviluppare fenomeni infiammatori, quali perimplantiti, che compromettono il successo dell’intera riabilitazione, in particolare se il trattamento riguarda aree estetiche.
Di recente, sono state proposte diverse soluzioni a questo problema. Molti autori hanno suggerito di posizionare gli impianti da 3 a 4 mm apicali rispetto alla giunzione amelo-cementizia o al margine gengivale libero dei denti adiacenti, considerando che i margini dei tessuti molli perimplantari tendono a ristabilire l’ampiezza biologica20. Gli impianti non devono però essere posizionati troppo apicalmente, in quanto si possono determinare delle recessioni gengivali21. Tali recessioni possono svilupparsi anche nei biotipi sottili, poiché questi tessuti sono maggiormente suscettibili ai traumi e ai fenomeni infiammatori. Per questi motivi, gli approcci chirurgici che prevedono innesti di connettivo risultano idonei per incrementare lo spessore tissutale e per migliorare l’estetica dei tessuti molli perimplantari22,23. Tuttavia, queste tecniche chirurgiche non danno risultati sempre predicibili da un punto di vista estetico. In aggiunta, per questi interventi si deve tenere in considerazione il discomfort del paziente, relativo a un secondo sito chirurgico che è rappresentato dal sito donatore per il prelievo. Alcuni autori24 suggeriscono, invece, la colorazione del collo dell’impianto per cambiare l’effetto ottico a livello della mucosa perimplantare. Negli ultimi decenni, numerose ricerche sono state condotte riguardo agli impianti con colore simile a quello dei denti. A tal proposito, sono stati testati vari materiali ceramici e sono stati ampiamente studiati anche i materiali da rivestimento come ZrO2 e Al2O325,26. Tuttavia, sebbene gli studi condotti negli anni Novanta presentino risultati migliori rispetto agli studi condotti nei decenni precedenti, questi impianti non presentavano proprietà meccaniche adeguate per il carico a lungo termine27 o richiedevano diametri maggiori che risultavano però incompatibili con l’impiego a livello dei settori anteriori o in presenza di spazi limitati28. Di conseguenza, le indicazioni per questi impianti sono risultate limitate e gli impianti sono stati, pertanto, ritirati dal mercato.
Più di recente, per gli impianti dentali è stato utilizzato l’ossido di zirconia parzialmente stabilizzato all’ittrio (YSZ). Questa nuova generazione di ceramiche implantari ha mostrato buone proprietà meccaniche associate con buone proprietà ottiche e alta biocompatibilità. YSZ presenta infatti una resistenza alla frattura simile al titanio29.
Studi condotti sugli animali hanno dimostrato le capacità osteointegrative degli impianti in zirconia30,31. In ulteriori ricerche32, gli stessi autori hanno valutato il mantenimento dell’osteointegrazione dopo il carico occlusale a lungo termine. Scarano33 ha analizzato l’interfaccia osso-impianto nelle tibie di coniglio, e ha osservato l’assenza di tessuto fibroso o di infiammazione attorno agli impianti, mentre il contatto tra osso e impianto è risultato pari al 68%. Risultati simili sono stati ottenuti nelle scimmie dallo studio di Kohal34.
In un altro studio, Kohal ha confrontato la distribuzione delle forze di stress sia sugli impianti in zirconia parzialmente stabilizzata all’ittrio sia sugli impianti in titanio, e ha osservato modelli simili di distribuzione delle forze di stress35.
Sennerby36 ha invece studiato l’effetto della rugosità di superfici differenti mediante il removable torque e il contatto osso-impianto, confrontato tra impianti in zirconia e in titanio sei settimane dopo il posizionamento implantare. I risultati hanno dimostrato che quanto più aumenta la rugosità di superficie tanto più i due materiali presentano comportamenti simili. Altri studi37,38 hanno invece confermato che le superfici trattate degli impianti in zirconia garantiscono una buona osteointegrazione in ogni fase di guarigione e anche dopo un lungo periodo di carico.
Questi risultati incoraggianti hanno portato un limitato gruppo di studiosi a testare gli impianti in zirconia sull’uomo e i primi studi clinici proposti sono abbastanza recenti. Tra gli studiosi che hanno valutato il comportamento degli impianti in zirconia nell’uomo, Blatsche e Voltz39 hanno osservato percentuali di osteointegrazione pari al 98% in un gruppo di 34 pazienti a cui sono stati posizionati 66 impianti durante un periodo di follow-up medio di 5 anni. Kohal e Klaus40 hanno invece descritto la stabilità dopo il carico di un impianto YSZ posizionato in un sito postestrattivo con materiale di innesto. Oliva et al.41 hanno riportato i risultati del loro studio condotto su 100 impianti YSZ con due differenti tipologie superficiali dopo un anno di osservazione. In alcuni casi, il posizionamento implantare è stato associato a procedure di rigenerazione ossea e di rialzo del seno mascellare. Entro il periodo di osservazione clinica, gli autori hanno riportato un tasso di sopravvivenza pari al 100% e un tasso di successo, inteso come assenza di sanguinamento al sondaggio, assenza di infiammazione, assenza di mobilità e di radio trasparenza corrispondente al 98%. Risultati simili (93% di successo) sono stati descritti da Mellinghoff42 durante un periodo di follow-up di un anno su 189 impianti in 71 pazienti. Tutti questi studi permettono di valutare che gli impianti realizzati in zirconia parzialmente stabilizzata all’ittrio mostrano una buona capacità di osteointegrazione.
Miglioramenti nelle caratteristiche delle superfici in zirconia porteranno con molta probabilità in futuro all’ottenimento di caratteristiche biomeccaniche comparabili a quelle degli impianti in titanio. Rispetto al titanio, sulle superfici in zirconia l’adesione di placca è notevolmente ridotta in quanto non si instaurano legami chimici o fisici tra l’ossido di zirconio e la placca stessa43. Questa è senza dubbio un’importante caratteristica per la sopravvivenza degli impianti sul lungo termine.
Queste scoperte insieme alle ottime proprietà meccaniche degli impianti in zirconia sono senz’altro incoraggianti. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi clinici oltre che istologici per meglio valutare la stabilità ed il successo di questa sistematica implantare nel lungo termine.

Conclusioni
In conclusione, è possibile affermare che i materiali ceramici sono indicati per le aree ad alta valenza estetica. In particolare, l’ossido di zirconia risulta particolarmente appropriato in quanto si adatta bene ai tessuti e presenta una resistenza comparabile a quella del titanio. In aggiunta, la resistenza alla trazione, le superiori proprietà meccaniche, l’ottima integrazione con i tessuti, la resa estetica come anche la facilità di realizzazione della fase protesica che caratterizzano gli impianti in zirconia, potranno far sì che la zirconia parzialmente stabilizzata all’ittrio diventi il materiale più usato in ambito implantare per la riabilitazione dei settori anteriori.
In questo case report è stato dimostrato come gli impianti in zirconia offrano risultati di successo comparabili a quelli ottenuti con gli impianti in titanio, e in particolare è stata descritta l’ottima performance di questi impianti nelle aree estetiche dei mascellari. Per questi motivi, gli autori consigliano l’utilizzo di impianti in zirconia per il trattamento di casi simili a quello presentato in questo articolo.

 

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L'articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Implants Italy 2013

 

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