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Pianificazione implanto-protesica in un caso clinico complesso

V. La Scala, M. Sedda, L. Allegrini

V. La Scala, M. Sedda, L. Allegrini

ven. 22 novembre 2013

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Esiste una categoria di pazienti che si presentano alla nostra attenzione dopo aver trascorso anni senza essersi sottoposti ad una visita odontoiatrica. Nel tempo hanno imparato ad arrangiarsi con gli elementi residui, assistendo, di tanto in tanto, alla perdita spontanea di qualche dente. 

Solo dopo un lungo periodo di sofferenza fisica e psicologica, spesso mai confessato a familiari e amici, trovano la determinazione e la volontà di sottoporsi a un piano di cure odontoiatriche. Il più delle volte questi pazienti presentano solo elementi dentali residui hopeless o non più utilizzabili dal punto di vista protesico, per i quali l’ultima terapia possibile è una protesi a supporto implantare. Essi sono consapevoli sia della propria condizione attuale sia di quella prossima di edentulia, e spesso si presentano nel nostro studio con la richiesta precisa di sottoporsi a una riabilitazione di tipo fisso. La conoscenza delle riabilitazioni implantari è cresciuta a dismisura negli ultimi anni. A questo hanno contribuito, in diversa misura, il passaparola, l’utilizzo sempre maggiore di internet e, non ultima, l’informazione pubblicitaria alla quale i nostri pazienti sono sottoposti. Lo spauracchio della “dentiera”, strumento peraltro validissimo se realizzata correttamente, è cosa ormai comune per gli estranei ai lavori. Sempre più utilizzato dai pazienti, invece, è il termine “carico immediato”. Realtà clinica ormai validata, esso rappresenta uno strumento importante a disposizione del clinico1-3. Non comporta soltanto un miglioramento del comfort del paziente, che apprezza fin da subito i benefici estetici e funzionali di una protesi fissa, ma anche della biologia; nella riabilitazione di un’intera arcata, infatti, può essere meno rischioso caricare immediatamente una serie di impianti splintati tra loro, piuttosto che sottoporre il paziente a due interventi e utilizzare nel frattempo un provvisorio rimovibile, che potrebbe creare pericolose compressioni4-10. Laddove, per una serie di motivi, non è possibile caricare immediatamente gli impianti, la gestione dei provvisori assume un’importanza fondamentale e il caso clinico diventa immediatamente complesso.

Caso clinico
Paziente di sesso femminile, età 56 anni. Giunge alla nostra osservazione lamentando inestetismo, dolore dentale e articolare, difficoltà nella masticazione, discomfort con le attuali protesi. Riferisce inoltre uno stato di imbarazzo nei rapporti sociali imputati alla situazione orale. L’esame anamnestico rivela un buono stato di salute generale, nessuna malattia/patologia sistemica in atto, nessun intervento chirurgico e/o ricoveri ospedalieri negli ultimi due anni, nessun trattamento farmacologico in corso. La paziente riferisce inoltre di non essere fumatrice. La formula dentaria al momento della visita è la seguente:

x x x 15 14 x 12 11 21 22 23 x x x x x
x x x x x 43 42 x x 32 33 x 35 x x x

 

L’elemento 42, ritenuto in solo tessuto gengivale, viene rimosso in fase di prima visita. Mobilità di grado 3 sugli elementi 14, 12, 22, 32, 42 e 43. Mobilità di grado 2 sugli elementi 15, 11, 21 e 35. Mobilità di grado 1 sugli elementi 23 e 33. Nell’arcata superiore è presente un ponte in oro-resina in 14-12. Sull’elemento 22 è presente una corona in oro resina. Nell’arcata inferiore gli elementi 35 e 43 presentano una corona in oro resina, ciascuna con un attacco distale a coulisse verticale. Nella stessa arcata è presente una protesi parziale rimovibile incongrua. Si nota scarsa igiene orale con riferita impossibilità alla detersione dovuta alla mobilità e dolenzia degli elementi presenti in arcata (Figg. 1-5). All’analisi radiologica con ortopantomografia e status endorale è evidente una perdita di supporto osseo in tutti gli elementi presenti, con coinvolgimento dell’apice degli elementi 12, 32 e 43. Appaiono trattati endodonticamente gli elementi 12, 22 e 43. È visibile una lesione apicale in 14 (Figg. 6, 7). La paziente manifesta volontà di sottoporsi ad una riabilitazione di tipo fisso.

Piano di trattamento
I dati raccolti, unitamente a un’analisi del caso montato in articolatore, consentono di elaborare il piano di trattamento iniziale, che prevede la rimozione di tutti gli elementi presenti ed il ripristino di una dimensione verticale corretta grazie alla realizzazione di due protesi totali rimovibili pre-estrattive. Contestualmente alle estrazioni è previsto un rialzo di seno mascellare bilaterale, per permettere il successivo inserimento di impianti nelle zone edentule superiori posteriori. La riabilitazione finale prevista è una protesi in metal-ceramica a supporto implantare in entrambe le arcate, senza gengiva artificiale.

Fase clinica provvisoria
Estrazioni, rialzo dei seni mascellari, protesi totali pre-estrattive
Per la realizzazione delle protesi totali provvisorie è necessario essere in possesso delle impronte preliminari e della relazione centrica. La dimensione verticale iniziale è stata valutata insufficiente in base ai parametri standard di proporzione del volto, la fonetica, la complicata deglutizione e la saltuaria perdita di saliva riferita dalla paziente. In questo caso specifico, visto il prevedibile riposizionamento del vestibolo a seguito dell’intervento chirurgico, non è stata eseguita la funzionalizzazione dei portaimpronta individuali. Si procede dunque alla registrazione delle impronte preliminari, all’ottenimento dei modelli di studio ed alla realizzazione delle protesi. Poiché la riabilitazione definitiva prevede una protesi fissa, le protesi rimovibili provvisorie vengono realizzate con questo schema occlusale, per avere una simulazione più precisa della futura arcata dentaria (Figg. 8, 9). Una volta che le protesi pre-estrattive sono pronte si procede all’estrazione degli elementi dentari, prelievo di osso autologo dalla branca montante della mandibola (Fig. 10) e intervento chirurgico di rialzo bilaterale dei seni mascellari, eseguito con la tecnica della finestra laterale11-14. Utilizzando uno strumento ultrasonico, viene aperta una botola sulla parte laterale del seno mascellare, effettuando poi un clivaggio manuale per scollare la membrana di Schneider dalle pareti ossee. Si procede all’inserimento di una miscela di materiale eterologo e osso autologo precedentemente raccolto (Fig. 11). Le protesi pre-estrattive sono adattate alle mucose, benché il paziente sia istruito a seguire un’alimentazione semiliquida per la prima settimana che segue all’intervento (Fig. 12). A 10 giorni di distanza vengono rimosse le suture (Figg. 13, 14). Si noti l’aspetto dei tessuti gengivali in fase di guarigione, grazie anche alla cura che il paziente pone nelle manovre di igiene orale. Sono indicati sciacqui con collutorio a base di clorexidina 0,20%. L’istruzione e la motivazione all’igiene sono un aspetto fondamentale e imprescindibile del trattamento implantare.

Impianti inferiori, provvisorio inferiore
A distanza di circa 40 giorni viene eseguito il posizionamento degli impianti inferiori. Previa verifica radiografica con tomografia computerizzata (TC), la protesi totale viene utilizzata come repere per il posizionamento delle fixture implantari (Figg. 15, 16). In questa fase è importante eseguire un lembo di accesso con un’estensione tale da permettere un’ottima visibilità e comprensione dell’anatomia ossea mandibolare. La cresta ossea è lievemente rimodellata per eliminare i picchi ossei residuati dalle estrazioni (Fig. 17). Un’attenzione particolare va posta quando ci troviamo nella zona sinfisaria di mandibole che presentano un importante recesso linguale. In questi casi, infatti, è possibile perforare la corticale linguale durante il fresaggio dell’alveolo chirurgico, con conseguenze emorragiche che possono essere molto gravi15-20. Per verificare il corretto orientamento degli assi chirurgici implantari si possono utilizzare dei pin di riferimento da inserire direttamente nell’osso dopo un passaggio con una fresa da 2 mm; superato questo diametro, non sarà più auspicabile effettuare correzioni dell’angolazione del tunnel implantare in modo conservativo. La protesi può essere utile per il controllo dei rapporti implanto-protesici (Fig. 18, 19). Per ottenere una buona stabilità implantare è importante valutare la qualità dell’osso ed effettuare una corretta preparazione del sito. Il raggiungimento del valore canonico di torque d’inserimento > 35 Ncm può essere di aiuto al clinico, benché rappresenti solo un valore indicativo e non sufficiente, da solo, a garantire il successo del trattamento implantare21-23. La protesi totale inferiore è trasformata in un provvisorio avvitato a carico immediato. Utilizzando dei temporary abutment sabbiati, i fori sulla protesi sono allargati per permettere l’inserimento della protesi nel rapporto occlusale corretto. Dopo una sutura provvisoria, un foglio di diga (mantenuto per un’ora in clorexidina concentrata) viene posizionato per isolare la base degli abutment dal resto del campo operatorio (Fig. 20). La protesi viene verificata in articolazione per assicurarsi che la lunghezza dei temporary abutment sia tale da consentire la chiusura senza che si verifichi un’interferenza occlusale. Una resina acrilica autopolimerizzabile a bassa contrazione è iniettata nei fori di passaggio degli abutment e la paziente è invitata a mantenere la posizione di chiusura (Fig. 21). La protesi è rimossa svitando i temporary abutment e rifinita in modo da creare un primo provvisorio avvitato a carico immediato. Grande importanza viene data agli spazi necessari per la pulizia. Una volta riposizionato il provvisorio viene effettuato un controllo occlusale, verificando l’occlusione e gli svincoli in protrusiva e lateralità (Figg. 22, 23). Nella stessa seduta, il provvisorio è utilizzato per rilevare sia la posizione degli impianti che l’occlusione, in modo tale da realizzare un secondo provvisorio armato che è consegnato a distanza di 48 ore (Fig. 24). A questo scopo è possibile utilizzare abutment calcinabili uniti tra loro da un’unica fusione, che formerà una struttura di rinforzo inglobata nella resina acrilica10. Sono utilizzati denti del commercio in policarbonato. La paziente viene nuovamente istruita e motivata alle manovre di igiene orale. È da notare che gli scovolini non possono essere usati prima della rimozione delle suture.

Impianti superiori
A 6 mesi di distanza dal rialzo di seno vengono inseriti gli impianti superiori. Previa verifica radiografica con TC, la protesi superiore è utilizzata come repere per il posizionamento delle fixture implantari, in modo analogo a quando effettuato nell’arcata inferiore (Figg. 25, 26). Una volta inseriti gli impianti viene registrata un’impronta per la successiva realizzazione del provvisorio armato superiore avvitato, che avrà le stesse caratteristiche meccaniche, funzionali ed estetiche di quello inferiore. A differenza di questo, non sarà consegnato immediatamente, ma a integrazione avvenuta (Figg. 27, 28). Per evitare compressione sugli impianti appena inseriti si utilizzano dei mini-impianti provvisori. La protesi viene scaricata in modo tale che essa non sia a contatto con la zona dell’intervento, con particolare attenzione alla cresta alveolare. Normalmente la flangia vestibolare viene ridotta per consentire la distensione della mucosa, il cui volume sarà aumentato a causa dell’edema post-operatorio. La protesi deve comunque avere un appoggio saldo sulla volta palatina e sui tuber retromolari, oltre a quello dato dai mini-impianti (Figg. 29-31).

Provvisorio fisso superiore
Il provvisorio viene consegnato e adattato dopo 4 mesi, in fase di scopertura degli impianti superiori. L’osso peri-implantare ha la possibilità di strutturarsi e rimodellarsi in funzione di un carico occlusale ed i tessuti molli vengono modellati, nei limiti del possibile, dai provvisori. Poiché ottenuto da un’impronta registrata in fase di inserimento degli impianti, il provvisorio necessita di alcuni aggiustamenti a livello gengivale (Fig. 32). È importante verificarne l’assoluta passività sugli impianti.

Fase clinica definitiva
A due mesi di distanza dal posizionamento del provvisorio superiore (6 mesi dall’inserimento degli impianti) si procede alla finalizzazione del caso clinico. Per la registrazione delle impronte definitive viene utilizzata una tecnica mista silicone-gesso24-26. Il silicone viene posizionato direttamente sui tessuti e si attende la sua polimerizzazione. La consistenza del silicone è importante; deve possedere una tissotropia tale da rimanere in posizione una volta estruso, ma una fluidità sufficiente a rilevare i dettagli della mucosa. A indurimento avvenuto si registra l’impronta in gesso. È da notare che questa tecnica non può essere utilizzata in caso di impianti disparalleli a esagono interno (Figg. 33, 34). Una volta registrate le impronte, i modelli sono sviluppati immediatamente e i provvisori sono utilizzati per il montaggio in articolatore. L’arco facciale viene registrato come di consueto, utilizzando il provvisorio superiore. Sono realizzate delle mascherine in silicone dei provvisori armati, per agevolare la progettazione estetico-funzionale delle protesi definitive. Prima di finalizzare i monconi viene realizzata una prova estetica. In questa, la paziente valuta la protesi dal punto di vista estetico, concentrandosi più sulle forme che sul colore. Possono essere di aiuto vecchie foto ed impressioni di amici e familiari che, se necessario, sono inviati a partecipare a questa fase del trattamento (Figg. 35-37). I monconi vengono provati per verificarne l’altezza e il profilo di emergenza (Figg. 38-41). Si procede a questo punto come per una qualsiasi protesi fissa di tipo cementato. È possibile effettuare una prova delle strutture o, nel caso di impronta in gesso, provare direttamente la protesi dopo la ceramizzazione. Per facilitare la stratificazione viene utilizzata la tecnica dei modelli incrociati, con la replica della ceratura in antagonismo alla ceramica (Fig. 42). Requisito fondamentale della protesi è che essa dia la possibilità al paziente di effettuare le manovre di igiene orale. Tutte le superfici a contatto con le gengive devono essere convesse, in modo tale da poter essere deterse con il filo interdentale spugnoso a punta rigida. Gli spazi interdentali e peri-implantari devono consentire l’accesso allo scovolino. È molto importante effettuare un controllo accurato sull’occlusione, controllando i punti di contatto anche nei movimenti di lateralità e protrusiva. Come prassi, dovrebbe essere ottenuto il consenso del paziente, possibilmente scritto, per ciò che concerne l’estetica (Figg. 43-45). Per la cementazione si preferisce un cemento provvisorio acrilico-uretanico, che a differenza dei cementi provvisori a base di ossido di zinco ed eugenolo presenta maggiore ritenzione e minori tossicità e solubilità. Nei casi complessi come questo è auspicabile, a distanza di un mese, effettuare un rimontaggio in articolatore nella posizione di riferimento, per verificare la stabilità dell’occlusione e la presenza di parafunzioni.

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Discussione
Il caso implanto-protesico complesso richiede una progettazione ed una stretta collaborazione tra il chirurgo, il protesista e l’odontotecnico. Nel caso appena esposto la difficoltà maggiore è probabilmente l’impossibilità di effettuare un carico immediato nell’arcata superiore e nella conseguente gestione dei provvisori. Per diminuire il disagio del paziente, laddove esistano le condizioni, gli impianti possono essere posizionati e caricati immediatamente, come è stato fatto nell’arcata inferiore. Questo assicura al paziente almeno un’arcata stabile e diminuisce il disagio. In presenza di tessuti in fase di rimodellamento e a strutture ossee neo-rigenerate non è possibile caricare gli impianti contestualmente al loro inserimento, e il rispetto biomeccanico di tali aree è una condizione necessaria alla riuscita del trattamento4, 7, 27-30. Ciononostante, dobbiamo offrire al paziente un provvisorio funzionale, stabile, e al tempo stesso non pericoloso per l’area dell’intervento. In tali condizioni ci vengono in aiuto i mini-impianti provvisori. Questi vengono usati, contrariamente a quanto avviene per le overdenture, nelle quali gli impianti hanno funzione ritentiva, come “appoggi”, che impediscono alla protesi provvisoria di esercitare pressione sulle mucose e di conseguenza sugli impianti appena inseriti. La durata dei mini-impianti è variabile e dipende da una serie di fattori quali il numero, la posizione, la qualità ossea nella zona di inserimento e la pressione che viene esercitata sulla protesi durante l’atto masticatorio31. Generalmente, nell’arcata superiore, si preferisce posizionare i mini-impianti nella zona della premaxilla, assicurando alla protesi l’appoggio sulla volta palatina e sui tuber retromolari. Due o tre mini-impianti possono proteggere la zona dell’intervento per un tempo variabile dai 3 ai 6 mesi, permettendo l’osteointegrazione degli impianti. In conclusione, non è il numero di impianti a rendere un caso complesso, bensì la difficoltà di garantire stabilità, comfort, supporto psicologico al paziente. La cosa più importante è che, nella stesura del piano di trattamento, le competenze chirurgiche, protesiche e odontotecniche si interfaccino e lavorino in totale sinergia. È un’area in cui il team working è un elemento fondamentale nel determinare il successo.
 

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