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Terapia autolimitante della carie

Komet

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mer. 7 marzo 2012

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La durezza della fresa polimerica PolyBur P1 è minore rispetto a quella della dentina sana, ma è maggiore rispetto alla dentina cariata da asportare. Per questo motivo la Polybur può essere d’aiuto durante l’escavazione per ottenere nella pratica una terapia veramente riproducibile. Ecco la teoria: dire addio al fondo cavitario bianco candido e porre la propria fiducia nella capacità di rimineralizzazione del dente. Il Dott. Dominik Dortmann di Mülheim-Kärlich descrive le prime impressioni avute con l’escavazione autolimitante, e pone domande talvolta scettiche a cui risponde il Prof. Karl-Heinz Kunzelmann di Monaco, che ha contribuito a sviluppare la fresa a rosetta in polimero

Dortmann: all’IDS 2011 Komet ha presentato una fresa a rosetta i cui taglienti si smussano non appena toccano la dentina sana dura. La teoria della “escavazione autolimitante” mi è piaciuta in quanto noi medici conosciamo quelle zone o quelle colorazioni ingannevoli che simulano una carie, tutte situazioni in cui si perde la propria sicurezza. Nel nostro studio lavoriamo bene con il CariesDetector. E osserviamo sempre che il colore rosso intenso non scompare improvvisamente dopo l’asportazione dello strato dentinale successivo, bensì sbiadisce. È difficile riconoscere un confine netto e penso che la Polybur possa aiutare in questo caso.

 

Kunzelmann: dobbiamo abbandonare l’idea di cercare il confine assoluto tra “infected/affected layer” perché non esiste in questi termini. Si tratta piuttosto di processi di diffusione batterica non delimitabili. Sarebbe più adeguato oggi parlare di gradienti, che Lei Dott. Dortmann vede come un gioco cromatico sfumato quando utilizza il CariesDetector. Deve immaginare una densità batterica che decresce in modo graduale partendo dalla lesione in direzione della dentina non modificata, con il risultato di un livello crescente di mineralizzazione e durezza. Seguendo le ricerche scientifiche di Fusayama, viene rimossa solo la colorazione rosso intensa, mentre le poche tracce di colorazione rosa pallido vengono semplicemente ignorate. Con il CariesDetector Lei non riesce quindi a distinguere chiaramente tra le sezioni di dentina, tuttavia posso assicurarLe che dal punto di vista scientifico il concetto è valido.

 

Dortmann: per una verifica mi rimane quindi il vecchio controllo con la sonda – il “cri dentaire”, il tintinnare della sonda sul fondo bianco della cavità. Esiste tuttavia questo strato dentinale demineralizzato che non fa tintinnare la sonda e che appare duro al contatto, ma che ha però la capacità di rimineralizzarsi. Quando utilizzo la Polybur autolimitante per l’escavazione so di poter mantenere questo strato. Nel complesso tuttavia la fresa lascia un fondo cavitario molto più morbido di quanto si è abituati – così morbido da rendere totalmente nullo il controllo con la sonda. Devo ammettere che la cosa mi trasmette a pelle una sensazione spiacevole. A prima vista sembra contraddire tutto quello che ho imparato durante la mia formazione e la mia esperienza pratica. Un nuovo modello di pensiero per il medico!

 

Kunzelmann: la superficie più morbida è un elemento estremamente importante nella valutazione dei procedimenti di escavazione autolimitanti, che oltre alla PolyBur comprendono per esempio anche gli enzimi proteolitici, il Carisolv e la fluorescenza laser. Ẻ assolutamente logico: ogni procedimento che opera con delicatezza verso la sostanza del dente e che ha nella dentina demineralizzata il suo termine finale di trattamento deve inevitabilmente lasciare una superficie più morbida. Per questo motivo devono essere nuovamente valutati anche tutti gli studi che trattano della durezza della dentina. Per il futuro di questi sistemi sarà decisivo un cambio generale di mentalità in chi effettua il trattamento. Eliminare la sovraterapia significa anche però riconoscere finalmente la grande variabilità della carie e cercare il termine terapeutico finale da qualche parte nella sezione della dentina demineralizzata ma non ancora denaturata. Ogni medico dovrebbe essere consapevole che quando la sonda tintinna e il fondo cavitario risplende si è ormai proceduto definitivamente a una sovraterapia, ed è andata distrutta parte della preziosa sostanza dura del dente.

 

Dortmann: quanto Lei afferma può anche essere corretto, tuttavia diventa difficile allontanarsi così semplicemente da una scuola di pensiero acquisita, per quanto antiquata essa sia. Finora ho eseguito con successo le escavazioni con frese a rosetta, acquisendo nel tempo una notevole sensibilità tattile. Posso affermare di procedere in modo estremamente prudente e con la massima delicatezza. In generale però non ho neanche nessun problema ad abbandonare tutta questa esperienza e ad affidarmi a una fresa polimerica. Manca sempre però il motivo decisivo per il quale io dovrei adattarmi e utilizzare in via supplementare la PolyBur.

 

Kunzelmann: naturalmente è possibile eliminare la carie delicatamente utilizzando anche gli strumenti classici, come gli escavatori manuali o le frese a rosetta. Questi strumenti però sono così duri che possono rimuovere anche la dentina sana. Un’applicazione delicata si basa quindi esclusivamente sulla Sua esperienza in qualità di utilizzatore. I procedimenti limitanti al contrario offrono un termine finale certificabile in modo obiettivo e riproducibile. Desidero sottolineare ancora una volta che ritengo che la Polybur sia indicata solo per la carie morbida posta in prossimità della polpa nei denti da latte e permanenti clinicamente asintomatici, in particolare in caso di carie nascosta. Dopo aver rimosso le sezioni periferiche con lo strumentario classico, la Polybur Le dà poi la sicurezza di non aprire la polpa. Rispetto alle frese in carburo di tungsteno la Polybur è in grado di proteggere quei decisivi 0,5–0,7 mm, uno strato rimineralizzabile che fa la differenza tra un’otturazione conservativa e un trattamento endodontico. Se tuttavia si espone la polpa, questo significa che non era possibile evitarlo.

 

Dortmann: penso che la Polybur sia assolutamente indicata anche per l’odontoiatria infantile, perché si sa che i denti da latte parzialmente mineralizzati hanno effettivamente la capacità di rigenerarsi dopo un incapsulamento con idrossido di calcio. Questo lo vediamo ogni giorno nel nostro studio con i nostri giovani pazienti! Per quanto riguarda però gli adulti non sono ancora totalmente sicuro. Chi mi garantisce che questo strato parzialmente demineralizzato che è rimasto sotto l’otturazione adesiva grazie alla Polybur non causi a medio termine una pulpite?

 

Kunzelmann: oggi sappiamo che la dentina morbida posta sotto una spessa otturazione adesiva è in grado di rimineralizzarsi. La domanda da porsi quindi non è più se decidere per una terapia ultraconservativa della carie o meno. Oggi mi devo chiedere: come posso effettuare una terapia della carie ultradelicata in modo affidabile, riproducibile ed efficiente? Le Sue riserve sul fatto che la Polybur non rimuova abbastanza carie possono essere attenuate per esempio grazie agli studi fatti sul Carisolv. La Polybur rimuove molta meno dentina rispetto alle frese in metallo duro, ma ne rimuove molta di più rispetto al Carisolv. E la stragrande maggioranza degli autori delle oltre 100 pubblicazioni disponibili sul Carisolv valuta positivamente i risultati raggiunti. A livello di logica si deve ammettere quindi che la Polybur rimuove dentina sufficiente da evitare lo sviluppo di pulpite. Studi sulla Polybur sono in corso presso diverse università, e i risultati parziali raggiunti sono molto promettenti.

 

Dortmann: dopo un trattamento con la Polybur lo strato demineralizzato rimasto appare a un controllo radiologico come una recidiva della carie. Io spiego la cosa ai miei pazienti e sottolineo che in questo modo potrebbe essere eventualmente evitato un intervento endodontico. Nel caso in cui però il paziente dovesse cambiare odontoiatra, potrebbe facilmente nascere il sospetto che non sia stato effettuato un lavoro pulito da parte mia.

 

Kunzelmann: sì, in effetti tutti i procedimenti autolimitanti comportano il fatto che i raggi X vengano assorbiti in misura minore in questo strato. Tuttavia Lei agisce correttamente: la migliore strategia è informare il paziente di questa situazione. Noi siamo ancora all’inizio del nostro lavoro di “chiarificazione” – con noi intendo 6 rinomati professori universitari tedeschi che a partire da ora daranno un’accelerazione massiccia alla tendenza per una maggiore protezione della sostanza del dente nella terapia della carie. I miei studenti di Monaco “stanno crescendo” con le possibilità della terapia della carie autolimitante, e in un tempo non lontano questo principio uscirà dalle università per conquistare gli studi medici. A questo riguardo anche i suoi colleghi sapranno presto interpretare correttamente l’immagine radiografica. Tra l’altro i miei studenti amano la Polybur blu perché riduce di molto lo stress quando devono lavorare in prossimità della polpa.

 

Dortmann: questo posso confermarlo anch’io per quanto riguarda l’odontoiatria infantile. Tuttavia il trattamento con la Polybur richiede sempre una documentazione più ampia e un controllo successivo (test di vitalità). E se per un adulto in un modo o nell’altro mi sento più sicuro con un’estirpazione del nervo eseguita correttamente e un successivo trattamento del canale radicolare, in questo modo evito il rischio di una pulpite, è estremamente spiacevole per il paziente...

 

Kunzelmann: allora si dovrebbe porre questa domanda: vorrei veramente che si effettuasse su di me un trattamento endodontico, se questo potesse essere evitato con l’impiego di uno strumento monouso supplementare? Nella nostra cattedra di insegnamento tengo un “registro mentale della polpa salvata” per ogni trattamento endodontico risparmiato grazie alla Polybur.

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Per informazioni:
Prof. Dott. Karl-Heinz Kunzelmann
Policlinico dell’Università Ludwig Maximilian
Policlinico di Conservativa e Parodontologia
Goethestr. 70, 80336 Monaco di Baviera
E-mail: karl-heinz@kunzelmann.de

Dott. Dominik Dortmann & Partner
Kurfürstenstr. 86, 56218 Mülheim-Kärlich
E-mail: info@dr-dortmann.de

 

Nota editoriale: articolo pubblicato sul Dental Tribune di marzo 2012.

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