Trials clinici hanno dimostrato che il fallimento implantare non è ascrivibile solamente a un sovraccarico funzionale. Nella maggior parte dei casi l’infezione rappresenta la causa fondamentale di insuccesso e i pazienti che controllano il biofilm batterico mediante una buona decontaminazione domiciliare e professionale tendono a mantenere la salute perimplantare più a lungo.
Introduzione
Trials clinici hanno dimostrato che il fallimento implantare non è ascrivibile solamente a un sovraccarico funzionale. Nella maggior parte dei casi l’infezione rappresenta la causa fondamentale di insuccesso e i pazienti che controllano il biofilm batterico mediante una buona decontaminazione domiciliare e professionale tendono a mantenere la salute perimplantare più a lungo. D’altro canto in seguito all’accumulo di placca batterica e dopo un periodo di tempo sufficiente allo sviluppo d’infezione, le lesioni progrediscono nei siti peri-implantari esattamente come avviene sui denti naturali.
Le infezioni biologiche dei tessuti peri-implantari rappresentano la complicanza più difficile e diffusa dell’implantologia moderna, poiché non esistono ancora protocolli efficaci per l’arresto completo della perimplantite. Studi clinici hanno dimostrato la somiglianza tra microflora associata alle peri-implantiti e microflora associata alla malattia parodontale: Porphyromonas gingivalis, Tanerella forsythia e Treponema denticola sono stati riscontrati in siti affetti da patologia perimplantare. Pur considerata la somiglianza tra parodontite e perimplantite e che i criteri diagnostici impiegati nella valutazione della perimplantite sono gli stessi utilizzati nella parodontite, la gravità delle due patologie non può essere considerata equivalente, per la differenza tra perimpianto e parodonto. Dopo una terapia implantare, il paziente deve essere sottoposto a un accurato programma di mantenimento. L’applicazione della terapia fotodinamica, come terapia coadiuvante per le perimplantiti, è stata fonte di discussione negli ultimi anni. Studi in vitro e in vivo, di differenti autori, descrivono la reale diminuzione dell’infiammazione nell’arco di poco tempo con l’ausilio di questa nuova tecnologia.
Materiali e metodi
Si presenta alla nostra attenzione all’appuntamento per l’igiene orale professionale, una paziente di sesso femminile di 65 anni, non fumatrice, in buona salute sistemica, in fase di mantenimento dopo terapia implantare; la paziente aveva ricevuto un trattamento protesico con toronto bridge a carico immediato nell’arcata inferiore e una riabilitazione protesica mista nell’arcata superiore: nel gruppo frontale (da canino a canino) era stata applicata una protesi fissa in oro-ceramica su denti naturali, e nei settori posteriori di entrambi i quadranti erano state applicate due protesi fisse in metallo-ceramica su impianti, separate dal gruppo anteriore. La paziente riferiva dolenzia durante le fasi di spazzolamento in corrispondenza dell’emergenza delle superfici implantari e alitosi.
La paziente non aveva rispettato gli appuntamenti di richiamo per la visita di controllo e per la terapia di supporto; all’esame obiettivo del cavo orale mostrava chiari segni di controllo di placca domiciliare inefficace, con presenza di biofilm batterico sulla superficie implantare e alla base della protesi nell’arcata inferiore. Le mucose perimplantari manifestavano arrossamento e mucosite e presenza di gengivite marginale a livello del gruppo frontale superiore e presenza di placca sul dorso della lingua.
Prima di procedere con la decontaminazione, si è proceduto al rilevamento del livello di alitosi con Halimeter ed è stata riscontrata alitosi di livello medio.
Prima di iniziare il trattamento è stato applicato un rilevatore di placca alla fluoresceina (Ivoclar) per evidenziare i siti maggiormente interessati da accumulo di placca, per motivare la paziente a una più efficace disorganizzazione del biofilm batterico, anche sul dorso linguale che appariva coperto da uno strato di biofilm. Sono stati rilevati gli indici di placca e sanguinamento.
Veniva eseguito sondaggio a sei punti per verificare la presenza di tasche con una sonda in materiale plastico per non compromettere le superfici degli impianti. Si riscontra sanguinamento al sondaggio nei settori frontali superiori ed inferiori.
Decontaminazione
Si inizia la decontaminazione del cavo orale con l’utilizzo di air-polishing di ultima generazione con polvere di glicina, solubile in acqua, formata da particelle più piccole (<63 μm) rispetto alla polvere di bicarbonato di sodio; si procede poi con ablatore a ultrasuoni con inserto Mectron P10 per eliminare i depositi di placca organizzata più persistenti.
Il secondo step ha previsto l’utilizzo di strumenti manuali in Teflon, specifici per le superfici implantari, per il raggiungimento di zone difficilmente trattabili con strumentazione classica.
Infine, dopo aver decontaminato il cavo orale, la paziente viene sottoposta a una seduta di terapia fotodinamica Helbo (Bredent), che agisce tramite l’inattivazione di cellule, microorganismi o molecole, indotta dalla luce e non dal calore riducendo i batteri del 99%.
Questa terapia prevede l’applicazione del cromoforo Helbo Blue Photosensitize (Bredent) che viene lasciato agire per almeno un minuto in ogni sito da trattatare, aumentando il tempo di permanenza nelle tasche più profonde. Quindi si procede al risciacquo del liquido in eccesso e all’esposizione del laser.
L’esposizione viene effettuata nei 6 punti del dente (vestibolare: mesiale, centrale, distale e orale: mesiale, centrale, distale) con un movimento circolare intorno all’impianto, senza mai uscire dal solco, con tempo di permanenza di 10 secondi per sito.
Protocollo domiciliare
È stato consigliato un protocollo di mantenimento igienico domiciliare che prevede l’utilizzo di spazzolino elettrico oscillante-rotante, scovolini Tepe extra-soft (misura 0,45 per l’arcata superiore e 1,1 per l’arcata inferiore), collutorio agli olii essenziali in formulazione senza alcool in posologia di due sciacqui al giorno da 30 secondi dopo igiene orale e compresse Hali-Z,un integratore alimentare a base di zinco, olii essenziali e menta piperita (interalia), da utilizzare al bisogno per controllare l’alitosi.
Visite di controllo
La paziente si è presenta alla visita di controllo la settimana successiva al trattamento con evidenti segni di miglioramento dell’infiammazione e con assenza di accumulo di placca dichiarando la scomparsa dei sintomi iniziali. La paziente è stata sottoposta a un’altra applicazione di fotodinamica Helbo nei siti già trattati. È stato consigliato lo stesso protocollo domiciliare per il mese successivo, al termine del quale sono stati rivalutati i parametri iniziali. Non vi era accumulo di biofilm evidente con l’utilizzo del rivelatore di placca alla fluorescina (Ivoclar) e non era riscontrabile sanguinamento al sondaggio, né profondità di tasca. Alla misurazione con Halimeter, l’alitosi risultava scomparsa.
Conclusioni
Consigliando al paziente protocolli di mantenimento igienico domiciliare personalizzati secondo le sue esigenze, motivandolo a presentarsi periodicamente alle visite per la decontaminazione orale di mantenimento, possiamo garantire la persistenza a lungo termine di condizioni di salute orale prevenendo l’instaurarsi di quadri patologici che a lungo termine potrebbero compromettere i precedenti trattamenti odontoiatrici.
L’utilizzo di sistemi di igiene all’avanguardia come l’air polishing, curette in teflon e terapia fotodinamica (Helbo), rappresentano un valido ausilio alle più consolidate tecniche di prevenzione e mantenimento.
La terapia fotodinamica antimicrobica Helbo permette un abbattimento della carica batterica senza somministrazione di anestesia locale e può essere ripetuto senza effetti collaterali.
Questo metodo permette di trattare in modo minimamente invasivo le perimplantiti, ottenendo riduzione o, come in questo caso, abbattimento degli indici clinici di sanguinamento e profondità di tasca.
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L'articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Hygiene Tribune Italy 2012.
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