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L’utilizzo del laser in ortodonzia

F. Barzè, L. Savio, A. Bermond, M. Pulido

F. Barzè, L. Savio, A. Bermond, M. Pulido

ven. 2 marzo 2012

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Le Radiazioni Elettromagnetiche, RE, pluricromatiche e incoerenti emesse dal sole (Fig. 2), così come le RE monocromatiche, coerenti e amplificate emesse dai laser (Fig. 3), trasportano energia alla velocità della luce, sotto forma di pacchetti indivisibili, detti quanti o fotoni; questa energia elettromagnetica non si disperde, viene assorbita elettivamente da sostanze sensibili dette cromofori e si trasforma in altre forme di energia.  

Nel nostro corpo ci sono numerosi cromofori che reagiscono selettivamente a una specifica RE. Le RE incoerenti del sole inducono sui cromofori reazioni come l’aumento di produzione di vitamina D3, fon-damentale per il metabolismo del calcio, per interazione con il 7-deidrocolesterolo presente nella cute. Un altro fenomeno indotto dalle RE del sole, ben conosciuto fin dall’antichità è l’azione antibatterica; la tubercolosi, prima dell’era degli antibiotici si curava solo con l’esposizione al sole dei pazienti (Fig. 1). La luce monocromatica, coerente e perfettamente collimata emessa dal laser, concentrando selettivamente tutta l’energia che trasporta sul bersaglio, è in grado di produrre anche reazioni più importanti, fino all’eliminazione del cromoforo specifico.
Negli anni 60 del secolo scorso Maiman ha finalmente portato a termine il progetto del laser che Einstein aveva teorizzato nel lontano 1916: un apparecchio in grado di selezionare RE pure, monocromatiche, dotate di una singola lunghezza d’onda, di amplificarle attraverso l’emissione stimolata di fotoni coerenti in fase tra di loro, di estrarle con una direzione precisa, perfettamente collimate e di trasportarle fino agli elementi bersaglio (Fig. 3).
L’utilizzo del laser in medicina è stato suggerito da una ponderosa letteratura che si è occupata della relazione tra la luce e il regno vegetale e animale e dalla possibilità di scegliere laser capaci di selezionare una luce di lunghezza d’onda e frequenza specifica, che riconosce un bersaglio preciso, per avere il massimo controllo degli effetti biologici che induce.

Laser per odontoiatria
I laser che trovano applicazione in odontoiatria appartengono alla banda degli Infrarossi: Diodi (808-980nm) e ND:YAG (1064nm) emettono Infrarossi IR near, vicini alla luce rossa visibile (720nm), per i tes-suti molli della bocca. ER:YAG (2.940nm) emette IR far, per i tessuti duri della bocca.
Grazie all’avvento di laser a diodi di piccole dimensioni (Figg. 4,5) e al costo relativamente ridotto, questa tecnologia si sta facendo strada anche in odontoiatria. Gli scettici e gli oppositori del laser sono ancora numerosi, tuttavia il processo di diffusione è irreversibile, considerati i profondi cambiamenti che questa tecnologia ha provocato in altre branche mediche, in primis l’oculistica.

  1. Uno strumento come il laser a diodi, che ha un’azione chirurgica poco invasiva, che garantisce un ottimo controllo del sanguinamento, che contemporaneamente svolge un’efficace azione decontaminante del campo operatorio, che consente di evitare punti di sutura e terapie farmacologiche di supporto, che garantisce una guarigione per seconda intenzione, rapida, senza dolore e senza esiti cicatriziali, non potrà che essere apprezzato dai pazienti e tenuto nella giusta considerazione dall’operatore.

I laser a diodi emettono radiazioni infrarosse IR che riconoscono elettivamente come cromofori: l’emoglobina e i pigmenti esogeni ed endogeni di cui il principale è la melanina. L’azione sul cromoforo emoglobina, nelle due forme ossigenata e non, ci spiega il controllo sul sanguinamento, che avviene sotto forma di una trombizzazione dei vasi di piccolo calibro; perciò il diodo viene impiegato efficacemente anche in flebologia. L’azione sulla melanina ha esteso l’uso del diodo anche nei trattamenti estetici per l’eliminazione di macchie solari della cute e la depilazione definitiva.
Secondo la potenza in Watt della macchina distinguiamo:
- diodi a bassa potenza: emettono IR di pochi mW, inducono reazioni biochimiche sui cromofori sensibili. Sono essenzialmente terapeutici, biostimolanti; sono gli apparecchi che ci consentono di prati-care la LLLT(Low Level Laser Therapy).
- diodi ad alta potenza: emettono radiazioni dotate di un’energia in grado di eliminare selettivamente il cromoforo specifico. Gli IR ad alta potenza inducono, sugli atomi sensibili, aumento di energia cinetica. L’effetto chirurgico è essenzialmente un fenomeno foto termico e l’eliminazione del tessuto trattato avviene per vaporizzazione dell’acqua, le cui molecole vengono coinvolte per attrito e urti nei movimenti vibrorotazionali degli atomi eccitati. La cessione di energia tra atomi e molecole e l’aumento di temperatura all’interno del tessuto avviene per conduzione, in tempi di femto secondi 10-15s.
In commercio sono reperibili diodi che emettono IR di varie lunghezza d’onda: 808, 810, 915, 940, 980 nm. La profondità dell’azione chirurgica, sostenuta dall’alta potenza, aumenta progressivamente con la lunghezza d’onda: si passa dai 2 mm del 808-810 ai 6 mm del 980. Anche i diodi chirurgici, impostati alle potenze più basse, svolgono in profondità un’azione antalgica, antinfiammatoria e biostimolante su recettori specifici. LaHLLT(High Level Laser Therapy) è una forma di trattamento terapeutico relativamente recente che si propone di ridurre i tempi della LLLT usando potenze di alcuni Watt per 1-2 minuti, applicate con manipoli decentrati.
Si conoscono più di 500 cromofori presenti nel nostro corpo, però è sufficiente tenere conto delle rea-zioni alla luce dei più importanti per elaborare le strategie terapeutiche sorprendenti che ci permette il laser.
Se osserviamo il diagramma di assorbimento delle RE da parte dei principali cromofori: proteine, emo-globina, melanina e acqua (Fig. 6) vediamo che a livello delle lunghezze d’onda delle radiazioni emesse dai diodi (800-1000 nm) c’è una scarsa affinità per l’acqua. Questo significa che le RE non vengono as-sorbite completamente, non esauriscono la loro azione su questo cromoforo, di cui sono ricchissimi i tessuti superficiali, ma arrivano più in profondità a interagire con i cromofori specifici: melanina ed emo-globina per il fenomeno prevalente della dispersione o scattering. Oltre i 1.100 nm il fenomeno di scattering si attenua perché diventa prevalente l’affinità dell’acqua e già a 1.500 nm tutto il fascio di luce viene assorbito da questo cromoforo; infatti la profondità d’azione del laser ER:Yag 2.940 nm è di pochi micron.
Elencando i diversi tipi di diodi abbiamo riportato le profondità dell’azione chirurgica di ciascun diodo o lunghezza di estinzione (L) della rispettiva RE emessa. Secondo la legge di Lambert e Ber la profondità di estinzione di una luce è quella in cui la sua intensità diminuisce di un fattore e=1/1,27 per assorbimento. Per cui L=1/1,27=1/µa dove µa rappresenta il coefficiente di assorbimento, che esprime la probabilità che i fotoni vengano assorbiti, durante il loro percorso all’interno di un tessuto specifico. Per le lunghez-ze d’onda della luce emessa dai diodi il calcolo si complica perché il fascio di luce coerente non viene assorbito completamente, per la maggior parte viene respinto, disperso da atomi che non vibrano in sintonia: subisce il fenomeno dello scattering per cui l’equazione diventa L=1/µa+µs, dove µs rappresen-ta il coefficiente di dispersione o scattering. Alla fine si ottiene una lunghezza di estinzione efficace: Le=1/µe dove µe=µa+µs rappresenta il coefficiente di assorbimento efficace. Il fenomeno dello scattering, per queste lunghezze d’onda, interessa il 75% della RE incidente e porta l’azione terapeutica e chirurgica dei diodi molto al di là del punto di estinzione della luce per il solo fenomeno di assorbimento; in tutti i casi la profondità dell’azione chirurgica viene calcolata nel rispetto di precise leggi e calcoli matematici.
Non spetta al clinico eseguire questi calcoli, l’industria ci fornisce apparecchi corredati di protocolli precisi, che ci permettono di usufruire di ricerche e sperimentazioni cliniche approfondite, però è importante conoscere i principi che regolano il funzionamento del laser e come agisce l’energia che applichiamo.
Il laser ci offre altre possibilità, la scelta della modalità di applicazione della luce: in modo continuo o frazionato in più impulsi. Se applichiamo la luce in modo continuo (CW) sarà sufficiente impostare sulla macchina la potenza in Watt. Con la seconda modalità dovremo impostare anche la frequenza Hz di ripetizione dell’impulso e la percentuale di ON-OFF o di Duty, ossia di emissione o interruzione dell’emissione della luce. Possiamo così interporre tra un impulso e l’altro un intervallo durante il quale i tessuti adiacenti all’area di ablazione possono recuperare la temperatura fisiologica per un’azione chirurgica ancor meno aggressiva.
La chirurgia laser sui tessuti molli della bocca è piuttosto semplice, si effettua prevalentemente con la modalità a contatto in CW utilizzando fibre di diametro 200, 300, 400 µm. La foto (Fig. 7) mostra l’impostazione dei parametri di un diodo a luce continua: si imposta la potenza in Watt. La durata del tempo di lavoro la impostiamo se abbiamo necessità di rispettare protocolli rigidi; l’apparecchio smette di emettere luce al raggiungimento del tempo prestabilito.
Le foto (Figg. 8,9) mostrano i parametri che si impostano con la luce frazionata: potenza (W), frequenza di impulso (Hz) e Duty o On-Off, ossia la percentuale di emissione della luce nell’unità di tempo.
Alla luce di quanto abbiamo visto fin qui possiamo riassumere le prerogative vincenti del laser a diodo:
- Profondità di azione chirurgica predicibile, da calcoli matematici e leggi precise.
- Microinvasività per specificità di azione sul cromoforo.
- Controllo efficace del sanguinamento grazie alla sensibilità dell’emoglobina agli IR near.
- Decontaminazione delle aree trattate.
- Controllo del dolore a livello centrale per stimolo alla produzione di endorfine che bloccano la trasmissione del dolore a livello pre- e post-sinaptico.
- Controllo del dolore a livello delle terminazioni periferiche per blocco sinaptico da iperpolarizzazione della membrana cellulare.
- Minor tensione sui margini della ferita per aumento dell’efficienza del microcircolo linfatico.
- Effetti antinfiammatorio e biostimolante per una guarigione rapida e senza cicatrici.
Nella Fig. 10 che rappresenta schematicamente gli effetti della radiazione chirurgica, osserviamo che l’evaporazione avviene al centro del fascio luminoso, dove si raggiunge la temperatura massima. L’eliminazione del tessuto incomincia a 100° per evaporazione esplosiva, la temperatura aumenta in modo progressivo e già a 300° iniziano fenomeni di carbonizzazione, evidenti per il colore nerastro che assume il tessuto. Muovendo la fibra con velocità adeguata cercheremo di evitare eccessi di carbonizzazione rendendo più efficace e meno invasiva la nostra azione. Se teniamo ferma la mano andiamo a svolgere l’azione chirurgica su una superficie fissa, quella della fibra, ma muovendola in modo più o me-no rapido, aumentiamo la superficie su cui lavoriamo e riduciamo la densità di potenza (DP):W/cm2. Man mano che ci allontaniamo dal centro di incidenza del raggio verso la periferia i fenomeni termici sono meno evidenti, i tessuti appaiono leggermente edematosi però sono vitali, beneficiano degli effetti de-contaminanti e biostimolanti indotti dalla luce dispersa e sono in grado di scatenare immediatamente un processo di guarigione ottimale. A tal fine è importante ricordare la necessità di asportare i residui di tessuto carbonizzato, con una garza o una pinzetta, in modo da avere una ferita senza detriti per ridurre la fase essudativa della guarigione, facilitando e accelerando il compito dei leucociti neutrofili e dei ma-crofagi.
Gli interventi chirurgici all’interno della bocca e in altri distretti del corpo come l’orecchio esterno, l’occhio, le cavità nasali, si eseguono in ambiente parzialmente settico, non arriviamo mai a ottenere una vera e propria sterilizzazione. Il laser, grazie all’estrema programmabilità dei fattori potenza, frequenza e durata di impulso può essere considerato lo strumento chirurgico di elezione per questo ambiente. È un arma in più nelle mani dell’operatore, capace di eliminare in pochi secondi tutti i patogeni in modo mirato, senza danneggiare l’individuo ospite e senza gli effetti collaterali che accompagnano l’uso massiccio di antibiotici. Il bisturi è sterile solo al momento di estrarlo dalla custodia, la punta della fibra rinnova la sterilità tutte le volte che si attiva.
Sui tessuti duri della bocca, in particolare, abbiamo la necessità di eliminare i batteri dalle cavità pronte per il restauro in Conservativa e dai monconi pilastro in Protesi. Nella complessa anatomia dell’endodonzio la luce, grazie a fenomeni di riflessione, rifrazione e scattering è in grado di garantire una decontaminazione efficace, in pochi secondi e con protocolli collaudati.
Sui tessuti molli l’efficacia decontaminante del laser a infrarossi ne fa lo strumento di elezione per la chirurgia soprattutto nei pazienti defedati, perché è in grado di eliminare i patogeni a monte, prima che invadano il torrente sanguigno. Nei pazienti con difetto della crasi coagulativa o in terapia con anticoa-gulanti, il laser ci consente di eseguire interventi senza particolari precauzioni e senza interrompere la terapia grazie al perfetto controllo del sanguinamento.
In Paradontologia il laser risulta risolutivo nella maggioranza dei casi, in particolare è efficacissimo nelle parodontiti giovanili; permette di evitare interventi a lembo e le sequele che ne derivano, eliminando i batteri che si annidano nei tessuti molli, sulle pareti delle radici e all’interno dei tubuli canalari esposti. L’eliminazione dei batteri innesca immediatamente i fenomeni di guarigione delle lesioni.
Alla luce di quanto abbiamo visto, quale può essere l’utilità del laser in ortodonzia?
Sicuramente può semplificare l’approccio chirurgico al trattamento ortodontico, permettendo di eseguire rapidamente interventi sui frenuli patologici, in modo non invasivo, che non richiede che una piccola dose di anestesia e particolari accorgimenti nel postoperatorio. Soprattutto il postoperatorio è privo di sequele per i piccoli pazienti che possono riprendere ad alimentarsi senza particolari accorgimenti da subito. Il laser inoltre ci consente di intervenire su alcune emergenze che si presentano nel corso dei trattamenti ortodontici. Possiamo ridurre efficacemente le ipertrofie gengivali, scappucciare elementi ritenuti per accelerarne l’eruzione e alla fine del trattamento ottimizzare il risultato estetico con rifiniture sui tessuti molli. Ci consente di trattare efficacemente anche le afte, frequenti durante il trattamento ortodontico. Nei disordini dell’ATM degli adulti, che spesso richiedono un trattamento multidisciplinare che include l’ortodonzia, è d’aiuto nel ridurre la fase infiammatoria acuta. Da ultimo voglio solo accennare alla accelerazione dei tempi di trattamento che, secondo alcuni autori, verrebbe favorito dall’azione biostimolante della luce infrarossa sull’osso in via di rimaneggiamento, sotto la spinta di forze calibrate. Le lunghezze d’onda più efficaci nell’accelerare gli spostamenti vanno da 808 a 830 nm; utilizziamo potenze di 100-200 mW per 2-3 minuti per arcata, con manipolo decentrato e movimento a scansione. Ripetiamo il trattamento ogni quindici giorni.

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Primo caso
Frenulectomia superiore (Fig. 11-16): l’intervento è stato eseguito con anestesia topica, lidocaina 15% in crema, lasciata in situ per 3 minuti. Il laser è stato impostato a 2 W in continua (CW) e ha richiesto circa 6 minuti dall’applicazione dell’anestesia. Non sono stati applicati punti di sutura e non è stata prescritta terapia di supporto.

Secondo caso
Frenulectomia inferiore (Fig. 17-24): è stato necessario iniettare un quarto di tubo-fiala di mepivacaina, 1% di adrenalina, CW, 2W di potenza, per l’importanza del frenulo da asportare. Si noti la caratteristica lingua bifida e la notevole riduzione della mobilità.

Terzo caso
Urgenza per perdita di attacco su canino incluso (Figg. 25-31). Nelle prime foto si notino gli esiti del pri-mo intervento, eseguito con elettrobisturi, che non si è potuto portare a termine per il sanguinamento eccessivo e per la reazione del piccolo paziente al dolore. Il paziente inviato dal collega è stato sottopo-sto a un secondo intervento con la sola anestesia topica, lidocaina al 15%, eliminando dapprima il tessuto necrotico, CW, 1,5 W.

Quarto caso
Scappucciamento canino ritenuto con anestesia topica (Figg. 32-35), 2W in CW.

Quinto caso
Scappucciamento mucoso per accelerare l’estrusione del canino (Figg. 36-40), 2W in CW.

Sesto caso
Finalizzazione, riduzione ipertrofia gengivale arcata superiore e desensibilizzazione (Figg. 41-47).
Occorre prima eseguire un sondaggio accurato per valutare la dimensione di tessuto da asportare senza danneggiare osso. L’intervento è stato eseguito con anestesia topica, ripetuta 3 volte. Con una potenza di 3 W in modalità frazionata, 100 Hz e Duty 50%. La paziente non ha riferito sensibilità postoperatoria, le ferite sono state protette con Aminogam.

Sindrome disfunzionale dell’ATM (Figg. 48,49)
Si utilizza un manipolo decentrato con una potenza di 1 W in CW. 60s transdermico, 30s meato acustico esterno ripetuto due volte; trattamento a giorni alterni fino alla risoluzione della sintomatologia.

Afta (Figg. 50,51)
Potenza di 1 W, CW. 60s non a contatto, 30 s di pausa, ripetere fino ad asciugare la lesione; poi sfiorare con la fibra per asportare la parte superficiale della lesione.

Conclusioni
Abbiamo visto in azione il laser: nei casi di emergenza non occorre rimuovere i bandaggi, è sufficiente un’anestesia topica, non occorre applicare punti di sutura, non necessita farmaci di supporto. Riduce molto lo stress dell’operatore e dei piccoli pazienti anche nei casi di frenulectomia più complessi. Il laser semplifica molto le procedure, ci dà un perfetto controllo del sanguinamento che ci permette una visio-ne eccellente del campo operatorio. Se un bravo chirurgo può effettuare un’ottima frenulectomia anche con la tecnica a la lama fredda, non può neanche lontanamente assicurare Il postoperatorio tranquillo e senza complicanze che ci garantisce il laser. Dopo aver sbandato i denti il laser ci è d’aiuto se dobbiamo procedere a uno sbiancamento efficace e rapido, in quanto il fascio di luce coerente viene attratto selet-tivamente dal colore blu che aggiungeremo preventivamente al gel di perossido di idrogeno 37%. Accentua l’effetto sbiancante grazie all’apporto di calore concentrato nella zona dove abbiamo spalmato il gel e non va in profondità a danneggiare la polpa, perché si esaurisce sul cromoforo. Il potere antalgico e desensibilizzante della luce ci assicura contro eventuale sensibilizzazione degli elementi trattati. Da ultimo possiamo promuovere il laser come lo strumento di elezione per ridurre l’ipertrofia gengivale, che è una costante dei trattamenti ortodontici e per armonizzare le ogive, in modo minimamente invasivo, senza sequele cicatriziali.

La bibliografia completa è disponibile presso l’Editore.
L’articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Ortho Tribune 2012 Italy.

 

 

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