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Giuseppe Renzo (CAO): «Guardare al futuro senza perdere di vista il passato che pur ci condiziona»

lun. 13 gennaio 2014

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È cosa abituale, all’inizio di un nuovo anno, interrogarsi sui problemi generali del dentale, già risolti (o in via di risoluzione) e su quelli tuttora, per così dire, “in alto mare”. Naturalmente, tanto più ampia sarà la panoramica, tanto più efficace l’ottica attraverso la quale tale disamina viene compiuta. 

A questo punto, quale osservatorio più indicato della CAO (Commissione albo odontoiatri), attraverso la voce di Giuseppe Renzo, presidente nazionale? Non solo per l’interfaccia “polifonica” costituita da 106 voci di altrettante CAO periferiche (o provinciali) che la compongono, ma per la sua appartenenza alla più ampia famiglia medico-ordinistica, di cui afferma con forza di appartenere, ma nella quale con altrettanto vigore da sempre proclama la propria, seppur rispettosa, autonomia.

Con uno sguardo al passato e uno al presente, come Giano bifronte, tentiamo una distinzione tra problemi ancora da risolvere e quelli che si possono considerare ormai definiti (o in via di decisa risoluzione). Tanto per fare un esempio, tra il problema della formazione “impropria” e l’abusivismo, questione che sembra ormai entrata in una dirittura d’arrivo sanzionatoria?
Nel nostro paese parlare di definitiva soluzione dei problemi è certamente coraggioso. Però sulla questione dell’esercizio abusivo siamo riusciti finalmente a coinvolgere forze politiche e opinione pubblica. Le risposte della politica, la più attenta ai valori trasmessi dall’etica alle nostre istanze che vogliono rappresentare il vero ruolo di organo ausiliario nella tutela del diritto alla salute, sono state finalmente adeguate. Più proposte di riforma dell’art. 348 c.p. sono state presentate e sono in discussione, ma la prima grande, non scontata vittoria è che in atto una presa di coscienza di un problema sociale e che la lotta all’abusivismo in odontoiatria non è solo un prioritario interesse corporativo.
Come risultato positivo del 2013 mi piace sottolineare il rapporto operativo tra tutte le componenti della professione. “Gli Stati Generali dell’odontoiatria” sono ormai un elemento certo, che garantisce la rappresentanza di tutta la professione a livello ordinistico, istituzionale, universitario, associativo e sindacale.

Quali sono, tra i problemi da risolvere, i più incancreniti e quali lasciano adito a fondate speranze di definizione, almeno in tempi brevi?
Il problema centrale è relativo alla difesa, sempre più difficile, della natura intellettuale delle professioni, in genere, e di quella odontoiatrica, in particolare. Stiamo combattendo contro interpretazioni “fintamente moderne” che vogliono ridurre l’attività a impresa sottoposta solo alle regole di domanda e offerta e tutela di libera concorrenza. Il buon senso dimostra che il rapporto medico-paziente non può essere sempre e comunque sovrapponibile a quello imprenditore-cliente se non si vuole inquinare una tradizione millenaria che vede i due soggetti della cura legati dalla cosiddetta “alleanza terapeutica”. Oltre all’abusivismo, stiamo operando per trovare soluzione, si spera in tempi brevi, alla formazione in odontoiatria attraverso percorsi, spesso svolti all’estero, in modo non trasparente. La programmazione nazionale che regolamentava gli accessi ai corsi di laurea è stata resa inutile da iniziative non tutte specchiate e da “errori” (non so quanto non voluti) che hanno portato a ulteriori sanatorie.
I processi formativi del nostro personale medico e sanitario, legati alle teoriche capacità formative dei corsi di laurea (il numero indicato consegue ai rilevamenti che pervengono dal SSN e dal SSR), sono condizionati da necessità incomprimibili: docenti tutor, strutture, personale non docente e unità operative. Se un solo elemento risulta non adeguato, il prodotto finito (nuovi medici e/o sanitari) risultante sarà a discapito della qualità del servizio, di cure e sicurezza.

Dietro l’angolo, nel 2014, c’è anche l’autonomia dei dentisti in seno all’ordine dei medici. In altre parole, come viene ancora interpretato tale termine? Sussistono derive oltranziste?
La soluzione al problema è contenuta nella proposta di legge all’attenzione del Parlamento sulla riforma degli ordini delle professioni sanitarie. Proposta assolutamente carente in ottica odontoiatrica, ma su cui si possono e si devono innestare concetti moderni di responsabile rappresentanza in funzione di servizio per la collettività. Un “ordine” che svolga funzioni “sussidiarie” al fianco del Ministero di riferimento non può prescindere da regole e funzioni definite. Come più volte ripetuto, infatti, la questione non può essere riconducibile solo all’istituzione di un ordine autonomo degli odontoiatri, ma occorre perseguire un’autonomia della professione, anche nell’attuale ordine dei medici, a tutti i livelli: rappresentativo, economico, disciplinare, previdenziale ecc. Devo a volte registrare difficoltà per far capire questo concetto anche all’interno della nostra professione.

Il problema è anche interno alla stessa categoria dei dentisti. Quale l’autonomia di fatto esistente tra le CAO locali e quella nazionale?
Ricordo che le Commissioni per gli iscritti all’albo degli odontoiatri sono state istituite con la legge 24.07.1985 n. 409 e che da allora sono riuscite a diventare il loro punto di riferimento garantendo la rappresentanza della categoria. Aggiungo (elemento qualificante del nostro intendere il servizio) anche tra la professione e il cittadino! Non ritengo sussistano vere criticità nel rapporto fra la CAO nazionale e quelle provinciali che, pur nell’ambito di una necessaria dialettica e confronto di opinioni, sono in sintonia fra loro e hanno raggiunto un’unità di intenti e coerenza di comportamenti che ritengo esemplare. La funzione di indirizzo e coordinamento in capo all’organo nazionale rimane scontata e riconosciuta.
Quanto al problema (ancora lontano dalla soluzione) della formazione “impropria” dei giovani che affollano le università d’oltre confine, come si concilia il diritto alla libera circolazione con l’uniformità qualitativa della formazione e la libera iniziativa economica dell’offerta?
Mi auguro che il problema non sia poi così lontano dalla soluzione perché, grazie anche all’opera di denuncia e sollecito, molte istituzioni hanno cominciato ad aprire gli occhi. Due interrogazioni (presentate da decine di senatori e deputati nei due rami del Parlamento) dimostrano che quanto da noi sollevato mediante degli “alert” è urgente in tutta la sua gravità. In realtà non esiste contraddizione fra libera circolazione dei professionisti nella UE e la verifica dei percorsi formativi. La soluzione sta nel prevedere un “numero programmato europeo” che ne consenta una verifica seria, evitando speculazioni e “viaggi della speranza” all’estero. Su questo obiettivo stiamo lavorando e coinvolgendo tutte le professioni sanitarie e istituzioni interessate, nella ricerca di soluzioni condivise da proporre alle autorità nazionali e comunitarie.

Vi sono iniziative, risultati ottenuti dalla CAO nel 2013 meritevoli di essere citati? Quali i passi più importanti che intende compiere nel 2014 nel suo più ampio raggio d’azione? A che punto è la battaglia per la salvaguardia della dignità professionale, non solo dei dentisti, ma degli stessi medici?
Un risultato che mi piace ricordare nella nostra attività dello scorso anno è quello che ha portato alla pubblicazione del rapporto Eures sull’esercizio abusivo della professione medica e odontoiatrica. Grazie a questa iniziativa abbiamo a disposizione finalmente elementi obiettivi che dimostrano la serietà del problema e la necessità di risolverlo, coinvolgendo il Parlamento e le istituzioni interessate. Altro elemento caratterizzante l’attività 2013 è stato il proseguimento dei rapporti, già utilmente iniziati, con le più alte autorità dello Stato, in particolare con il Presidente della Repubblica, il Consiglio Superiore della Magistratura e i rappresentanti italiani nella UE. Nel 2014 proseguiremo su una strada che vede sempre più accertato il riconoscimento della capacità di rappresentanza della CAO nazionale e di quelle provinciali quali organismi di diritto pubblico ausiliari della Pubblica amministrazione. Ritengo, infatti, che questo elemento sia il presupposto per il successo di qualsiasi iniziativa e devo registrare con soddisfazione che il nostro ruolo viene ormai sempre più pacificamente riconosciuto e accettato. Le soluzioni da noi proposte sono ormai un punto di riferimento per le istituzioni, il mondo della comunicazione, gli iscritti e per i cittadini.
 

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