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Attualità clinica della semeiotica occluso-posturale: protocollo diagnostico e caso clinico

Splint inferiore di riposizionamento.
T. Toti, S. Zanfrini

T. Toti, S. Zanfrini

mer. 18 marzo 2015

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La considerazione che molti disturbi del distretto cranio-cervicale possano dipendere dagli atteggiamenti posturali conseguenti a una occlusione non bilanciata è oggetto di osservazione da parte di molti clinici; si rende altresì necessaria una diagnosi differenziale opportunamente mirata a discriminare se il caso in esame è, o meno, di pertinenza odontoiatrica al fine, soprattutto, di avviare un corretto protocollo terapeutico.

I rapporti spaziali mandibolo-mascellari sono determinati dalla forma e dalla posizione dentale, in una parola dall’occlusione. Questa determina, nel momento della deglutizione, un reset fisiologico fondamentale per tutto il distretto cranio-cervicale facendo perno su un elemento anatomico che funge da raccordo tra le varie strutture: l’osso ioide.

Elemento impari e mediano, rappresenta il supporto osseo della lingua e contrae rapporti muscolari e ligamentosi con il cranio (muscolo stiloioideo e ventre posteriore del muscolo digastrico), la mandibola (muscolo genioioideo, muscolo miloioideo e ventre anteriore del muscolo digastrico), la parte superiore toracica (muscolo sternoioideo, muscolo sternotiroioideo) e le scapole (muscolo omoioideo).

Grazie a tutte queste connessioni, unite a quelle con le vertebre cervicali tramite le relazioni con la fascia di rivestimento cervicale superficiale e con la lingua (muscolo ioglosso, muscolo condroglosso, muscolo linguale inferiore e membrana glossoioidea), l’osso ioide costituisce un vero e proprio elemento di interconnessione tra le varie strutture del distretto cervicale, non ultima la mandibola. È quindi facilmente presumibile come, un eventuale squilibrio di una qualsiasi di queste, possa determinare inizialmente tensioni parziali e, successivamente, atteggiamenti definitivi di compenso tali da essere risentiti anche negli altri distretti connessi allo ioide.

Un altro elemento fondamentale nella genesi di rapporti equilibrati o meno nel distretto cranio-cervicale è la lingua che si sviluppa embriologicamente dal pavimento dell’intestino cefalico, e cioè del primo arco branchiale (mandibolare) dal secondo arco branchiale (ioideo) e dal terzo arco branchiale, e contrae rapporti muscolari o ligamentosi con il cranio (muscolo stiloglosso), con la faringe e il palato (muscolo palatoglosso e muscolo glossofaringeo) con mandibola e ioide (muscolo genioglosso), con lo ioide (muscolo ioglosso, muscolo condroglosso, muscolo linguale inferiore, membrana glossoioidea).

Gli atteggiamenti posturali possono quindi essere influenzati, nel tratto cranio-cervicale, da un’alterata posizione spaziale della lingua o della mandibola che, condizionando quella dello ioide e delle strutture ad esso connesse, potenzialmente determinano conseguenze anche nelle strutture sottostanti. Analogamente, ciò si può verificare in senso ascendente, cioè quando uno squilibrio posturale relativo ad altri apparati, ad esempio plantare o sacro-iliaco, risale condizionando la cervicale e di conseguenza lo ioide e quindi le strutture ad esso sovrastanti.
Ovviamente tutto ciò è sempre dipendente dalle capacità di adattamento dell’individuo e ciò spiega perché non sempre in pazienti portatori di malocclusione si rinvengano algie in distretti extramasticatori e, per contro, in pazienti portatori di squilibri posturali vertebrali o podalici non sempre si rinvengono malocclusioni.

Per ogni conto, oggigiorno l’osservazione del professionista deve essere allargata a una più completa analisi del paziente disfunzionale atta a redigere una corretta diagnosi differenziale per discriminare le pertinenze terapeutiche in caso di sindrome cervicalalgica.
Una corretta diagnosi differenziale è una necessità sempre attuale in medicina e l’analisi occluso-posturale non si discosta da questa situazione. Poter stabilire l’etiologia di un disturbo consente di evitare terapie inutili, che possono favorire l’aggravamento del paziente e ostacolare l’insorgenza di recidive.

Nel caso della sindrome algico disfunzionale occluso-posturale abbiamo chiarito di essere di fronte grossolanamente a due possibili vie di insorgenza: una da distretti orali, cioè di pertinenza odontoiatrica, l’altra da distretti non orali, cioè non di pertinenza odontoiatrica. Le più comuni cause di sindrome posturale non di pertinenza odontoiatrica sono:
– squilibri plantari;
– alterazioni della statica e della dinamica della colonna vertebrale;
– squilibri della visione;
– dismetrie ossee;
– traumi;
– alterazioni tensione muscolare.

Le più comuni cause di sindrome di pertinenza odontoiatrica sono:
– disgnazie;
– alterazioni della dimensione verticale;
– beanze per edentulia;
– beanze anteriori (morso aperto);
– difetto di frenulo-linguale;
– iatrogene.

Per quanto detto sopra, risulta evidente che la malocclusione determina:
– rapporti spaziali mandibolo-mascellari incongrui;
– stress in deglutizione;
– tensione muscolare di adattamento e ciò può, in relazione alle capacità di adattamento dell’individuo, determinare la patogenesi di una sindrome algico disfunzionale posturale di pertinenza odontoiatrica.
Al fine di raccogliere i dati sufficienti a una corretta diagnosi, in ragione delle considerazioni sopra esposte, si può ipotizzare un protocollo di valutazione del paziente disfunzionale.

Il protocollo consta sostanzialmente in due fasi:
– rapporti con il paziente;
– iter diagnostico.

I rapporti con il paziente disfunzionale sono spesso delicati, perché queste persone hanno sovente dietro di loro una lunga storia di dolore che ne può aver indebolito la tolleranza.
Innanzi tutto è necessario rendersi conto delle richieste del paziente, se esse sono solo articolari o relative a sindromi algiche più generali. In secondo luogo è necessario verificare se è possibile instaurare un buon rapporto di collaborazione con il paziente essenzialmente spiegando le finalità del nostro intervento.

La prima fase dell’approccio diagnostico consiste nell’acquisizione dei dati anamnestici, sia remoti che recenti, con particolare importanza alla annotazione di quelli che potremmo definire “sintomi secondari o collaterali”, cioè quelli presenti in contemporanea al vero motivo che ha spinto il paziente alla nostra osservazione. Per far ciò, deve essere approntata un’apposita scheda che andrà fatta compilare al paziente non solo alla prima visita ma anche in occasione di alcune visite di controllo, senza mostrare le precedenti, al fine di verificare gli effetti del nostro intervento su tutto il quadro sintomatico. Segue la visita odontoiatrica e gnatologica, al fine di evidenziare eventuali deficit dentali, occlusali o articolari, senza trascurare la tradizionale indagine diagnostica per immagini utilizzando OPT, RMN o TAC a seconda delle necessità del caso.

Gli esami elettromiografico e kinesiografico sono da considerare opportuni per registrare la situazione iniziale dell’attività muscolare masticatoria e della dinamica mandibolare, quello alla pedana stabilometrica risulta utile per avere un inquadramento di inizio trattamento che determina la terapia in relazione alla registrazione della ampiezza e qualità delle oscillazioni antigravitazionali (posturali) del paziente e dell’eventuale squilibrio ponderale, tra arto destro e sinistro e tra catene flessorie ed estensorie. Questo squilibrio, dove presente, determina uno spostamento del baricentro e spesso è causa di ulteriori necessità di compenso da parte del sistema neuro-muscolare. Il recupero, seppur spesso non completo, dello sbilanciamento al termine del trattamento è uno dei dati ricercati dal clinico che si affida a questo strumento.

A questo punto dell’iter sarà effettuato un primo screening, nel senso che i pazienti che presentano disfunzioni o patologie articolari primarie, entreranno direttamente in terapia gnatologica al fine di rifunzionalizzare la o le loro articolazioni per poi rientrare nel circuito diagnostico, una volta risolto il problema iniziale, per tentare di definire l’etiologia del disturbo.

I pazienti che, non presentando patologie articolari primarie manifestano sintomi disfunzionali, seguiranno l’iter diagnostico con l’esame posturale che consta in una prima fase di raccolta dati e si realizza con:
– visita all’analizzatore posturale;
– rilevamento dei dati antropometrici;
– analisi della motilità articolare;
– esame alla pedana stabilometrica.

Una volta rilevati questi dati, sfruttando la capacità di riprogrammazione sequenziale dell’organismo, si passerà a escludere l’occlusione dal sistema posturale con le tecniche che vengono definite di “annullamento della memoria occlusale”.

Sostanzialmente si procede riempiendo con rulli di cotone o cera, comunque con strumenti non traumatizzanti, le beanze laterali per edentulia eventualmente presenti nella bocca del paziente.

Contemporaneamente si interrompono i contatti occlusali frapponendo tra le arcate dentarie rulli di cotone, avendo cura di scegliere quelli di dimensione congrua con la dimensione verticale del paziente per non creare una beanza anteriore artificiale e, se ciò non fosse possibile, eventualmente chiuderla con cera o altro materiale non tenace. I rulli di cotone andrebbero posizionati distalmente ai canini.
Dopo questa prima fase si passerà alla riprogrammazione del sistema paziente, sfruttando sostanzialmente due reset fisiologici:
– la deglutizione;
– la deambulazione.

In altri termini si invita il paziente ad alzarsi e a camminare e deglutire per alcuni minuti, dopodiché si ripetono le rilevazioni precedenti.
Ci troveremo innanzi a due sostanziali situazioni:
– peggioramento o non variazione dei dati;
– miglioramento dei dati.

Nel primo caso parleremo di sindrome posturale non di pertinenza odontoiatrica e nel secondo di sindrome di pertinenza odontoiatrica, tenendo comunque conto che nei pazienti adulti spesso, in ragione della storia personale, ci si trova di fronte a sindromi miste ma che possono evidenziare una preponderanza etiologica.

I pazienti non di pertinenza odontoiatrica dovrebbero essere invitati a rivolgersi, inizialmente almeno, ad altro specialista.

Nei casi in cui si registrasse un miglioramento dal confronto tra i dati raccolti prima e dopo aver annullato la memoria occlusale, avremo l’empirica dimostrazione che l’occlusione (intesa non solo come evento conseguente al contatto dentale ma anche come artefice del volume interno del cavo orale e quindi dello spazio vitale della lingua e del rapporto spaziale tra mandibola e mascella) determina uno stress disfunzionale nell’individuo esaminato e, quindi, il suo caso sarà definito di pertinenza odontoiatrica.

Queste persone potranno iniziare l’iter terapeutico che consiste nella ricerca, coadiuvata dalle analisi muscolari, dell’ottimale posizione mandibolare.

Questa viene registrata con un indice anteriore in resina e un morso di masticazione in silicone che serviranno a costruire uno splint inferiore che il paziente dovrà portare 24 ore al giorno.

Difatti, poiché il condizionamento posturale odontoiatrico da malocclusione si determina principalmente in deglutizione e poiché si sa che questo è un fenomeno automatico sempre presente, si ritiene poco produttivo, in questi casi, far portare lo splint solo durante le ore notturne.

Questo, se sarà posizionato nell’arcata inferiore, non darà particolari problemi né di ingombro né alla fonazione consentendo una migliore collaborazione da parte del paziente.

In particolare lo splint per dare stabilità in deglutizione dovrà essere cuspidato, e quindi ricreare una nuova occlusione, ed è da considerare un presidio che per il clinico ha sostanzialmente funzione diagnostica volta a determinare l’ideale rapporto spaziale mandibolo/mascellare che sarà poi guida per la compilazione del piano di trattamento finale.

Il paziente dovrà essere seguito nei mesi successivi per registrare le variazioni della sintomatologia e dell’atteggiamento posturale con le analisi sopra descritte, compresa la scheda di raccolta sintomi e, una volta ottenuto il riequilibrio sia posturale che sintomatologico ed elettromiografico, sarà avviato alla fase di finalizzazione che potrà essere protesica o ortodontica.

Il caso presentato riguarda una paziente di 30 anni che lamentava: incoordinazione condilo-disco-temporale bilaterale, cervicalgia e cefalea temporale sinistra senza aura e preferibilmente vespertina.

La paziente è stata sottoposta all’iter diagnostico sopra illustrato e, verificato il preponderante peso etiologico della malocclusione nel determinismo dello squilibrio posturale che viene considerato causa degli adattamenti determinanti la sindrome algico disfunzionale, le è stato consigliato un piano di trattamento volto a ripristinare il perduto personale rapporto spaziale mandibolo-cranico. Al fine di confermare l’esattezza della diagnosi il trattamento riabilitativo dovrebbe sempre iniziare con l’utilizzo di uno splint di riposizionamento mandibolare da portare, inserito nell’arcata inferiore, 24 ore al dì, con l’esclusione del momento dei pasti, per far sì che il paziente abbia stabilità in deglutizione e il suo sistema neuro muscolare attivi nuovi schemi di facilitazione/inibizione relativi alla traiettoria di risalita dalla rest position alla massima intercuspidazione. Questo risultato sarebbe difficilmente ottenibile con placche notturne.

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L'articolo è stato pubblicato su Ortho Tribune Italian Edition, marzo 2015.

 

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