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Gestione multidisciplinare del paziente cardiopatico: prevenzione dell’endocardite batterica

A. Butera, M. Ermetici, A. Opizzi, C. Marra

A. Butera, M. Ermetici, A. Opizzi, C. Marra

mer. 16 luglio 2014

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Negli ultimi anni si è riscontrato un forte collegamento tra batteri patogeni del cavo orale e sviluppo dell’endocardite. Risulta importante conoscere le problematiche cliniche di tale patologia e stabilire metodi preventivi. Analizzare l’aspetto cardiologico e nutrizionale attraverso nutraceutici e approfondire l’importanza della salute orale, in particolar modo in pazienti cardiopatici, risulta di rilevante importanza per permettere a qualsiasi professionista un approccio gestionale multidisciplinare.

Per endocardite si intende uno stato infiammatorio dell’endocardio, il tessuto che riveste le cavità interne e le valvole del cuore; in particolare, i tessuti endocardici maggiormente coinvolti nella malattia infettiva risultano essere le valvole cardiache1.
Si distinguono due categorie eziologiche dell’endocardite: cause infettive e cause non infettive.
L’eziologia della endocarditi infettive varia in base all’età e alle condizioni predisponenti. I due generi batterici più frequenti sono lo Staphylococcus e lo Streptococcus. Tra i primi è di particolare importanza lo Staphylococcus aureus, molto spesso correlato a procedure invasive e in grado di infettare valvole native. Gli stafilococchi coagulasi negativi (come Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus lugdunensis, Staphylococcus hominis) insorgono invece più frequentemente su valvole protesiche. Tra gli streptococchi assumono particolare importanza gli streptococchi di gruppo D (come Streptococcus bovis, Streptococcus galloliticus presenti nel tratto gastrointestinale) e gli streptococchi viridanti (come Streptococcus mutans, Streptococcus oralis, Streptococcus salivarius, presenti nel cavo orale), entrambi in grado di infettare valvole native o protesiche. Occorre inoltre ricordare che un ampio gruppo di batteri può provocare endocardite, tra questi: Enterococcus faecalis, Pseudomonas aeruginosa, soprattutto nei tossicodipendenti, Enterobacteriaceae, Neisseria, Gruppo HACEK, Brucella, Yersinia, Listeria, Coxiella, Bacterioides, Acinetobacter, Corynebacterium.
Deve essere altresì ricordato che un’endocardite infettiva può essere sostenuta da Candida albicans, soprattutto in soggetti immunocompromessi, sottoposti a intervento cardiochirurgico o in terapia endovenosa attraverso catetere venoso centrale1. Le linee guida per la profilassi antibiotica del 1997 sono state messe in discussione da molte società scientifiche: nel 2006, infatti, la British Society for Antimicrobial Chemotherapy ha aggiornato le proprie linee guida, sostenendo la necessità di profilassi antibiotica nel corso di procedure dentali invasive solo nei pazienti con storia di endocardite, nei pazienti portatori di protesi valvolare o di shunt polmonari realizzati chirurgicamente.
La profilassi antibiotica prevede la somministrazione orale 60 minuti prima dell’intervento (in dose unica) di Amoxicillina 2 g p.o., Cefuroxima axetile 1 g p.o., Clindamicina 600 mg p.o. o la somministrazione parenterale 30-60 minuti prima dell’intervento (dose unica) di Amoxicillina 2 g e.v., Cefazolina 1 g e.v. oppure Ceftriaxone 2 g e.v., Clindamicina 600 mg e.v. oppure Vancomicina 1 g e.v.
In caso di drenaggi di ascessi o di empiema pleurico la terapia antibiotica dell’infezione deve contenere un antibiotico efficace contro i germi patogeni più probabili (streptococchi del gruppo viridans, Staphylococcus aureus). La prima dose va somministrata 30-60 minuti prima dell’intervento. Una profilassi supplementare dell’endocardite non è più necessaria2. Per quanto riguarda la profilassi dell’endocardite batterica, tale procedura è obbligatoria per determinati pazienti cardiopatici mentre è facoltativa per altri pazienti (Tab. 1)3.

Pazienti cardiopatici in cui la profilassi antibiotica è obbligatoria
Categoria ad alto rischio
• Protesi valvolare
• Pregressi episodi di endocardite batterica
• Shunt polmonari ricostruiti chirurgicamente
• Cardiopatie congenite cianogene (trasposizione delle grandi arterie, tetralogia di Fallot)
Categoria a rischio moderato
• Altre malformazioni congenite (diverse da quelle indicate sopra e di seguito)
• Disfunzioni valvolari acquisite (per es. malattia cardiaca reumatica)
• Cardiomiopatia ipertrofica
• Prolasso della valvola mitralica con rigurgito e/o lembi ispessiti

 

Pazienti cardiopatici in cui la profilassi antibiotica è facoltativa
Categoria a rischio trascurabile
• Difetto isolato del setto atriale
• Correzione chirurgica di difetti del setto atriale, ventricolare (oltre 6 mesi) o dotto arterioso pervio
• By-pass coronarico
• Prolasso della valvola mitralica senza rigurgito valvolare
• Soffi fisiologici, funzionali o innocenti
• Pregressa malattia di Kawasaki senza disfunzione valvolare
• Pregressa febbre reumatica senza disfunzione valvolare
• Pacemaker cardiaco (intravascolare ed epicardiaco) e defibrillatori impiantati

Fonte: Società Italiana di Parodontologia. Progetto terapia: strategie per il controllo dell’infezione – 2003
Tab. 1 – Profilassi dell’endocardite batterica.

Per quanto riguarda i pazienti cardiopatici in cui la profilassi è facoltativa, bisogna tenere presente che il rischio di infezione metastatica può aumentare se la cardiopatia si associa ad altre patologie, come diabete mellito di tipo 2, trapianto d’organo, protesi articolari (entro i primi 2 anni), immunodepressione, splenectomia3.
Materiale e metodi
La gestione completa del paziente cardiopatico prevede un’analisi dal punto di vista cardiologico, nutrizionale e di igiene orale. Dal punto di vista cardiologico, non esiste la prevenzione, ma si parla solo di cura clinica; mentre dal punto di vista nutrizionale e di igiene orale, si parla sia di prevenzione che di cura. Analisi cardiologica: molti sono i sintomi e i segni clinici che si riscontrano nelle persone affette da questa patologia.
Manifestazioni maggiori
Febbre, anemia (talora piastrinopenia), sudorazione, sensazione di brivido.
Manifestazioni minori
Anoressia, astenia, artralgie (40% dei casi), splenomegalia (30% dei casi), emboli settici (30% dei casi) in cute, palato e congiuntive, con segni caratteristici come noduli periungueali di Osler, macchie cutanee a fiamma di Janeway, lesioni retiniche di Roth, leucocitosi. Possono inoltre manifestarsi infarti embolici renali, glomerulonefrite focale o diffusa e altre patologie da immunocomplessi.
La diagnosi si pone con almeno 2 su 3 dei criteri maggiori:
1. ecocardiogramma che presenta vegetazioni valvolari;
2. coltura positiva per stafilococchi o streptococchi;
3. presenze di un soffio cardiaco generato da valvulopatia endocarditica.
La diagnosi si può porre anche con uno solo dei criteri maggiori (ecocardiografia, coltura positiva, nuovo soffio cardiaco) e almeno 3 tra le varie manifestazioni minori.
Dal punto di vista cardiochirurgico il trattamento da seguire per tale malattia è molto studiato in letteratura ma rimane ancora controverso, preferendo un intervento chirurgico di resezione e sostituzione valvolare4.
Per quanto riguarda l’aspetto nutrizionale l’utilizzo dei probiotici è di fondamentale importanza nella gestione dei pazienti classificati a rischio di endocardite infettiva, in quanto questa tipologia di pazienti deve sottoporsi a profilassi antibiotica in corso di quelle manovre cliniche che causano batteriemia. Gli antibiotici agiscono non solo sui batteri patogeni ma anche sul microbiota umano, il quale viene definito saprofita perché convive con noi senza procurare alcun danno, anzi addirittura svolgendo azioni utili. La conseguente disbiosi intestinale durante antibioticoterapia può portare alla comparsa di problemi clinici di grande importanza pratica. I probiotici trovano indicazione come terapia di associazione agli antibiotici per prevenire alcuni degli eventi avversi associati all’uso di questi farmaci come per esempio la diarrea (AAD, antibiotic-associated diarrhea), ecc.5.
Il termine “probiotico” è riservato a quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo6.
Per alimenti/integratori con probiotici si intendono quegli alimenti/integratori che contengono, in numero sufficientemente elevato, microrganismi probiotici vivi e attivi, in grado di raggiungere l’intestino, moltiplicarsi ed esercitare un’azione di equilibrio sulla microflora intestinale mediante colonizzazione diretta. Si tratta quindi di alimenti/integratori in grado di promuovere e migliorare le funzioni di equilibrio fisiologico dell’organismo attraverso un insieme di effetti aggiuntivi rispetto alle normali attività nutrizionali6.
Caratteristiche dei microrganismi che possono essere utilizzati negli alimenti e negli integratori alimentari:
a. essere usati tradizionalmente per integrare il microbiota intestinale dell’uomo;
b. essere considerati sicuri per l’impiego nell’essere umano (criteri definiti dall’EFSA sullo status di QPS – Presunzione Qualificata di Sicurezza), in ogni caso i microrganismi usati per la produzione di alimenti non devono essere portatori di antibiotico-resistenza acquisita e/o trasmissibile;
c. essere attivi a livello intestinale in quantità tale da moltiplicarsi nell’intestino7.
Negli ultimi anni si è, inoltre, indagato in merito all’impatto dei probiotici sulla salute del cavo orale, ma ci sono ancora pochi studi in letteratura che possono dare certezze su questo tipo di utilizzo. Bisogna comunque affermare che la flora batterica della cavità orale risulta complessa come quella gastrointestinale e si può, quindi, ipotizzare che possa esserci una relazione benefica nell’applicazione dei probiotici anche nelle patologie gengivali e parodontali.
Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che ceppi di Lactobacillus sono utili a ridurre l’infiammazione gengivale e che i lattobacilli residenti nel cavo orale inibiscono la crescita di Porphyromonas gingivalis e di Prevotella intermedia e di altri batteri parodontali patogeni. Secondo altri studi anche lo Streptococcus oralis e lo Streptococcus uberis sono risultati essere batteri benefici utili nel ridurre quei batteri che causano gengiviti e parodontiti. Quindi il trattamento con probiotici può essere utile per stabilire una salutare microflora intestinale e potrebbe svolgere a livello locale (come nel cavo orale) un’azione preventiva sulle condizioni clinico-patologiche8-11.
Importante è quindi valutare la salute e l’igiene orale; si consiglia di migliorare la propria igiene per ridurre la possibilità di avere formazione di patologie orali correlate alla presenza di batteri patogeni, i quali possono essere correlati all’insorgenza di endocarditi batteriche.
Un ulteriore, valido aiuto, è dato dall’ozonoterapia, in seduta professionale. Di seguito verrà illustrato brevemente cos’è l’ozono e come viene utilizzato nella medesima terapia2.
L’ozono terapia
L’ozono O3 è la forma allotropica triatomica dell’ossigeno, si presenta come un gas reattivo ed altamente ossidante, ma al contempo molto instabile tendendo a ritornare alla sua forma molecolare più stabile da cui viene generato, cioè l’ossigeno, in un tempo variabile (circa 30-40 minuti) che dipende dalla concentrazione, dalla temperatura e dalle caratteristiche dell’aria (umidità, presenza di sostanze organiche volatili, ecc.). L’ozono O3 è un derivato dall’ossigeno, è un gas inventato da Siemens, durante la Prima guerra mondiale fu usato per cicatrizzare le piaghe.
Già nel 1902 la riforma medica riportava un articolo americano che parlava dell’ozono come antitubercolare, antibatterico e virale totale.
È usato in acque e già nel 1800 un farmacista scopri che nell’acqua di Fuggi usciva naturalmente ozonizzata e che l’uso dell’acqua iperozonizzata è ideale per la disinfezione. L’ozono non è un farmaco, perché per la legge europea il farmaco è una sostanza impacchettata e con una scadenza. L’O3 è instabile e dura 10-15 minuti, perciò non può essere confezionato, quindi è come la terapia fisica o il laser.
Le azioni dell’ozono sono:
– antibatterica;
– aumento del 2,3 difosfo glicerato responsabile della cessione di O2 ai tessuti;
– attivazione della fagocitosi;
– tende a livellare i radicali liberi;
– aumento della deformabilità dei globuli rossi nel microcircolo, se il microcircolo è chiuso i globuli rossi si impilano e fanno da tappo.
Tra le proprietà dell’ozono: azione sterilizzante, ovvero attraverso l’ossidazione, le pareti cellulari dei microbi vengono decomposte, quindi viene attaccato anche il loro DNA o RNA, in modo da uccidere batteri o virus. Tali osservazioni sono già state proposte da diversi studiosi e trovano applicazione in vari trattamenti medici, nell’ambito dell’ozonoterapia. Dato che l’ozono esplica velocemente la sua azione antimicrobica, impedisce di conseguenza lo sviluppo del processo infiammatorio, favorendo quindi la guarigione a livello cellulare.
Controindicazioni dell’ozono:
– pazienti con stimolatori cardiaci (pacemaker);
– pazienti epilettici o pazienti affetti da altre gravi malattie neurologiche;
– pazienti affetti da disturbi psicologici;
– mucose in bambini di età inferiore a 1 anno;
– pazienti che hanno un’eccessiva sensibilità alla corrente elettrica;
– pazienti affetti da gravi forme di asma;
– donne in gravidanza.
Vantaggi:
– l’ozono ha buone capacità disinfettanti, uccidendo i batteri, e promuove la guarigione delle ferite;
– nell’area interessata viene generata in modo semplice una concentrazione elevata, ma un basso volume, di ozono;
– gli effetti di disinfezione dell’ozono sono di lunga durata;
– l’ozono evita i problemi legati a un abuso di prodotti chimico farmacologico.
L’ozono può essere utilizzato nella pratica clinica per trattare: gengiviti, parodontiti, perimplantiti, mantenimento tasche strette e profonde, forcazioni interessate, decontaminazione superfici implantari infette. I vantaggi nella pratica clinica sono evidenti nelle: decontaminazione delle nicchie ritentive del cavo orale, decontaminazione delle cellule epiteliali, riduzione dell’edema, riduzione dei tempi del trattamento, migliorare la guarigione, rispetto dei tessuti duri e molli. Si consiglia di utilizzare l’ozono prima del trattamento per eliminare i batteri parodontopatogeni e ridurre infiammazione, a fine trattamento per migliorare e accelerare la guarigione. Il protocollo operativo professionale generico il cui obiettivo è sempre abbassare la carica batterica patogena prevede queste procedure: detrartrasi, deplaquing con polvere di glicina, applicazione ozono nel solco gengivale e sopra il margine gengivale. Si prescrive uso di collutorio con Clorexidina 0,20% 2 volte al giorno per 7 giorni e corretta igiene domiciliare con l’uso di spazzolino elettrico e dentifricio con azione antiplacca. Si monitora il pazienta una volta ogni 3 mesi per terapia di mantenimento sempre attraverso protocollo operativo sopra descritto2.
Discussione e conclusioni
Per una gestione interdisciplinare del soggetto cardiopatico al fine di prevenire l’endocardite infettiva è consigliata:
– un’igiene orale professionale con richiami di mantenimento e una corretta igiene domiciliare attraverso l’uso corretto di spazzolini sonici ed elettrici (già in letteratura è stato ampiamente dimostrato quanto il meccanismo di questi spazzolini rimuove significativamente più placca rispetto a uno spazzolino manuale classico, sia in una valutazione complessiva di tutti i denti sia nelle zone più difficili da raggiungere), e dentifrici a base di zinco (con capacità antisettiche e dall’azione disinfettante e antibatterica) per mantenere una buona salute orale;
– una dieta che preveda l’utilizzo di almeno due porzioni al giorno di alimenti naturalmente ricchi di probiotici, in particolare latti fermentati (per esempio yogurt) e l’eventuale integrazione con alimenti fortificati e/o integratori di probiotici.
Per affrontare la complessa problematica riferita al soggetto cardiopatico a rischio di endocardite infettiva l’approccio alla stessa non può essere che multidisciplinare, prevedendo un tipo di intervento globale mediante il coinvolgimento, ove possibile, di diverse figure professionali che concorrano in maniera sinergica al miglioramento della qualità della vita del paziente in oggetto. Una corretta igiene orale sia professionale che domiciliare e una corretta alimentazione sono aspetti indispensabili nella gestione del paziente cardiopatico al fine di prevenire la batteriemia.
 

La bibliografia è disponibile presso l'Editore.
L'articolo è stato pubblicato sul
numero 7+8 di Dental Tribune Italy 2014.

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