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Procedura per il controllo dell’AP/EP (Air Polishing Ergonomics Procedure): tecnica, sicurezza e comfort del paziente

Igienizzazione di tutte le superfici distali dei quadranti 1 e 4, le superfici mesiali dei quadranti 2 e 3 e le vestibolari dei quattro quadranti.
C. Sanavia

C. Sanavia

mer. 6 aprile 2016

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La tecnica dell’air polishing (AP) è sempre più utilizzata in odontoiatria e nell’ambito dei trattamenti igienici orali. Nata per eliminare le forti pigmentazioni dalle superfici dentali, oggi grazie a differenti polveri e dispositivi, gli impieghi di tale procedura rientrano sempre più nella routine dell’igienista dentale e sempre più vengono proposti nuovi protocolli che ne prevedono l’impiego sia nei pazienti adulti, per i trattamenti sopra e sottogengivali, sia per il deplaquing nei bambini.

Il bicarbonato di sodio è stato il primo ad essere impiegato nella tecnica dell’air polishing ed è un materiale molto biocompatibile, ma la grandezza (circa 250 micron) e la natura spigolosa delle sue particelle lo rendono molto abrasivo sui tessuti dentali, sui materiali da restauro e lesivo sui tessuti molli. Per renderlo meno aggressivo, la ricerca tecnologica è riuscita a modificarne le caratteristiche in termini di granulometria, ma al contempo si è anche volta a trovare polveri diverse e sempre meno aggressive sui tessuti orali e sulle superfici dei biomateriali. La grandezza, la forma e la concentrazione delle polveri contenute nello spray del sistema air polishing ne condizionano l’efficacia e l’aggressività, ma anche la natura chimica del prodotto può influire sulle indicazioni all’utilizzo (Tab. 1).

Efficacia del sistema Air Polishing (AP) e Glycine Powder Air Polishing (GPAP)
L’uso delle polveri a bassa granulometria, come la glicina che varia tra i 60-25 micron, viene oggi considerato come un nuovo modo per il controllo del biofilm sottogengivale. Durante l’Europerio 2012 di Vienna si è tenuto una Consensus Conference al fine di valutare le attuali evidenze dalla letteratura sulla rilevanza clinica dell’uso subgengivale dell’airpolishing nel trattamento parodontale e di formulare raccomandazioni pratiche per il clinico1. Da questo Consensus, si è evidenziato come la tecnica GPAP (Glycine Powder Air Polishing) sia un trattamento ben accettato dal paziente, in quanto ritenuto meno doloroso rispetto agli ultrasuoni e alle curette, ma non ci sono studi che ne affermino che possa sostituire la strumentazione manuale e meccanica durante il trattamento parodontale non chirurgico, mentre sembra sempre più evidente l’efficacia su tasche di media (3-5 mm) e di elevata profondità (9 mm) nella rimozione del biofilm patogeno, e la riduzione del sanguinamento durante la terapia di supporto parodontale (SPT)2-5. Fatto salvo che il sistema GPAP sembra una buona strategia per eliminare il biofilm sopra e sottogengivale, si attende che la ricerca valuti gli effetti delle diverse polveri che si trovano oggi nel mercato internazionale. Ad oggi ci sono esperimenti su polveri finissime, come l’eritritolo e clorexidina 0,3% (14 micron), l’idrossiapatite biottiva (10 micron) e il vetro bioattivo con alto potere desensibilizzante. Quindi, oltre al potere smacchiante, oggi le polveri commercializzate si propongono come veri e propri trattamenti delle superfici dentali6,7.
Molti studiosi si sono inoltre preoccupati dell’impatto dell’AP sia sulle superfici dentali che sui restauri e sui materiali protesici. La letteratura oggi è abbastanza allineata nel dire che l’effetto abrasivo del ripetuto utilizzo delle polveri sia trasversale, ma l’utilizzo di polveri a bassa granulometria come il carbonato di calcio e la glicina ne riducono notevolmente l’effetto abrasivo, rendendo la procedura non dannosa sui materiali estetici8,9.
Per quanto riguarda l’impiego della GPAP per il trattamento delle superfici implantari, l’uso ne viene consigliato sia per la decontaminazione delle superfici in titanio durante il mantenimento sia per il trattamento dell’infezione perimplantare10.
Anche in età pediatrica, i vantaggi dell’utilizzo della procedura sono stati evidenziati dalla letteratura: uno studio svolto dalla “Sapienza” di Roma evidenzia come la detersione dei solchi presigillatura, se eseguita con AP rispetto al solo polishing con spazzolino, aumenti la riduzione del biofilm batterico del solco, migliorando l’adesione della resina posta come sigillo11.
Sul paziente ortodontico, già nel 1993 i dentisti americani ritenevano il sistema AP efficace per la rimozione della placca batterica dai brackets e sicuro sia per gli elastici che per i materiali da incollaggio12.
Gli effetti delle polveri sui sigillanti che vengono aggiunti intorno ai brackets per prevenire la demineralizzazione sono stati valutati in uno studio in vitro, confrontando l’effetto della polvere di bicarbonato e quella di glicina. Dopo 5 secondi di lucidatura con il bicarbonato, il sigillante presentava lievi difetti e veniva eliminato completamente dopo 10 secondi; la glicina ha permesso l’utilizzo di tempi più lunghi, ma comunque ha provocato lievi difetti di superficie. Lo studio conclude che la protezione del sigillante posizionato intorno ai brackets può essere compromessa a seconda delle polveri e dei tempi di applicazione13.
Uno studio del 2002 di Petersilka e collaboratori evidenziava la difficoltà di valutare la sicurezza in termini di abrasione superficiale del sistema AP a causa delle diversità dei dispositivi utilizzati negli studi scientifici. Gli autori sostenevano che, mancando un’uniformità sulla concentrazione della polvere miscelata dai vari dispositivi in commercio ed essendo poco chiari i requisiti necessari per essere usati con sicurezza, li consideravano poco affidabili nel sottogengiva. Ad oggi questi requisiti non sono stati ancora chiariti14.

 

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