DT News - Italy - Orientamenti del mercato e sinergie necessarie1

Search Dental Tribune

Orientamenti del mercato e sinergie necessarie1

© shutterstock.com
Franco Tosco2

Franco Tosco2

mer. 23 dicembre 2015

salvare

Lavorare insieme per un’offerta integrata e di sempre maggior valore. L’affermazione riguarda anche le scelte e le strategie degli ordini professionali. La logica sottesa è che, per rispondere a un mondo sempre più complesso, occorre offrire una risposta di livello il più possibile integrata3. Tutto il mondo attorno a noi sta cambiando, e con esso i bisogni e le esigenze. Per avere un peso positivo e propositivo sempre maggiore anche le professioni devono cambiare. Naturalmente non è, quello di trovarsi di fronte ad un mercato sempre più complesso, un problema solamente delle professioni.

É anche delle imprese e addirittura delle Istituzioni. Basti pensare alle università, dove il problema del collegamento con il mondo della produzione si presenta come esigenza sempre maggiore. Perché?

  • L’utente vuole valore e vuole massimizzare ciò che ottiene. Per averlo è disposto a spendere4. Per contro gli appartenenti a fasce sociali meno abbienti stanno molto più attenti a scegliere dove spendere e analizzano le alternative, quale risposta dia maggior valore oppure offra maggior valore percepito.
  • L’utente cerca nel valore sempre più gli aspetti di gratificazione personale, che cosa “lo fa stare bene”. Star bene con se stessi è considerato un elemento molto importante.
  • L’utente torna a pensare a lungo termine, spreca di meno e sprecherà sempre di meno. Sono aumentate le attenzioni ai valori ambientali, sviluppate a tutti i livelli. Si compra e si investe su qualcosa che duri nel tempo. Ciò vale anche per i prodotti e servizi, cercati nella misura in cui servono realmente.

Il mercato è più complesso perché più abituato a cercare informazioni. Per farlo ha più strumenti e maggiori capacità. L’aspetto risulta assai evidente se si con-frontano i giovani con le persone di età più matura. Si tende ad abbandonare comportamenti inerziali, consolidati nel tempo: “sono sempre andato da quel professionista, continuo ad andare da quel professionista”. Si continua se si percepisce che sto ottenendo il maggior valore possibile, ma se non lo percepisco o se trovo qualcosa di meglio altrove cambio, anche se l’erogatore è un amico.
Il mercato è molto più fluido e non è detto che sia un bene o un male. Semplicemente si osserva che così accade.

Il cliente ha esigenze differenziate
É difficile continuare a leggere le stratificazioni sociali come contenitori che han-no all’interno, tra appartenenti alla stessa categoria, esigenze sostanzialmente simili. Ogni cliente ha un suo mondo di riferimento, un suo sistema di valori, si confronta realmente, pur vivendo fisicamente in un ambito ristretto e isolato, con “il mondo” tramite i sistemi molto diffusi e sofisticati di media e di social network.
Si stanno affermando nuovi modelli di business. Gli atteggiamenti che si tende ad adottare, a fronte del cambiamento, sono sostanzialmente questi:

  1. il professionista che rimane professionista;
  2. il professionista che si inserisce in una struttura come dipendente, perché ritiene che sia una soluzione più sicura andare a lavorare nella struttura pubblica;
  3. il professionista che prova a pensarsi come imprenditore e prova a reinterpretare la sua professione. E la distanza tra il professionista e l’imprenditore non è poi così grande.

 

Il professionista che rimane professionista
Nei professionisti, diciamo di mezz’età (circa il 45% della popolazione attuale odontoiatrica), c’è una fascia che può fare l’investimento di restyling nella propria azienda, perché sicuramente in grado di resistere per i prossimi 20 anni. Forse otterrà un fatturato inferiore, ma reggerà perché possiede competenze, ha un pacchetto significativo di clienti, nel suo contesto ha un nome, ha una qualità del prodotto che alla fine gli utenti riconoscono. Il futuro però è di più lungo termine, perché c’è quello che quando andrà in pensione chiuderà lo studio o lo venderà e c’è quello che vuole o che deve pensare ai propri figli. Il tema del passaggio generazionale, molto importante nell’impresa, lo è altrettanto nelle professioni. Perché si sostiene che i figli debbano essere lasciati liberi di scegliere che cosa vorranno fare da grandi, ma se al professionista il suo mestiere è piaciuto, in fondo amerebbe che i figli continuassero a farlo. E qui il problema non è più se si può resistere, ma fin dove si può resistere a più lungo termine.

Il professionista che sceglie di orientarsi nel pubblico
Fa una scelta personale che esula dalla gestione della professione privata. Non ha problemi di cambiamento, poiché questo aspetto è delegato alla struttura in cui si inserisce.
Il professionista che pensa se stesso come imprenditore. Innanzittutto sentirsi imprenditore non significa smettere di essere professionista. Concettualmente l’imprenditore nasce sempre come professionista. Il professionista può diventare imprenditore, perché l’imprenditore ha sempre alla base un aspetto professionale. E d’altro canto l’odontoiatra è, nei fatti, un imprenditore. Infatti compete nel mercato5. L’odontoiatra organizza i fattori della produzione6.
Ha quindi un fattore di rischio più alto. Se deve rifare lo studio, o sottoscrivere un contratto di leasing, sostiene un rischio che interessa la complessità del servizio erogato. Ha una struttura di costi e di costi fissi relativamente consistente e di conseguenza le dinamiche impattano maggiormente sul suo modo di operare.

Infine il professionista, come l’imprenditore, è libero
Organizza se stesso e la libertà è un grande privilegio. Per l’odontoiatra lo è per-ché gli permette di pensare, di cercare e di attuare soluzioni innovative.
L’impresa che fornisce servizi professionali, l’imprenditore professionista, è una impresa basata sulla conoscenza. Il punto di forza dell’impresa odontoiatrica, anche per lo studio con un solo riunito, è la conoscenza in termini di competenza, di esperienza e di reputazione accumulati nel tempo, dal professionista e dai suoi collaboratori. Egli è quindi collocato sulla direzione giusta, poichè non c’è dubbio che il futuro nel nostro tempo e nei nostri paesi sarà centrato sulla conoscenza.
Il professionista odontoiatra, che presidia una fetta della conoscenza, deve quindi cambiare adattandosi a questo modello.
Innanzittutto cambiando l’approccio mentale: sentirsi imprenditori, oltre che professionisti. Talvolta questo approccio è visto come negativo: il professionista, come lo scienziato, vive per la scienza. Accettare un approccio imprenditoriale alla scienza sembra quasi portarsi dietro un cedimento alla mercificazione. Tuttavia la strada ormai da percorrere è quella del passaggio culturale in cui ci si sente con fierezza imprenditori, perché il contesto imprenditoriale valorizza la professionalità che si possiede.
La molla che fa scattare la voglia di diventare imprenditori è, molto spesso, il voler realizzare qualcosa che rimane, il pensare a lungo termine, a qualcosa che resta dopo di me. Lo Studio andrà avanti con i figli o con i collaboratori, ma il mio nome rimane come rimane il marchio di una azienda o i suoi prodotti.
Cambiamento mentale è accettare il salto dimensionale.
Questa è una nota dolente, ma occorre riconoscere che anche in altre professioni in cui vige lo stesso individualismo, la stessa convinzione del io sono meglio di te, si sta da tempo procedendo verso forme di aggregazione, non foss’altro che per la condivisione dei costi. Questa ormai è quasi la regola.
Salto dimensionale significa anche pensare che si deve esercitare la professione insieme ad altri e mirare ad un mercato più ampio.
Approccio mentale significa infine aver voglia di innovare.
Questo naturalmente è un fatto individuale. Non c’è dubbio che se uno pensa di essere arrivato ad una certa età e non gli importa di andare avanti così come ha fatto fin’ora e fin che reggerà, chiaramente qui non si sta pensando a lui. Si sta pensando invece a chi sente dentro di sé una spinta innovativa.
Altro aspetto da modificare è quello che, in campo aziendale, si chiama modello di business. Significa individuare come ottimizzare la distanza tra il valore creato a beneficio del paziente, e che lui riconosce e percepisce, e i costi necessari per creare tale valore perché non risultino poi eccessivi.
L’aumento è inevitabile perché non si può generare più valore e non incrementare i costi, ma la scommessa è che il valore dato sia più che proporzionale rispetto ai maggiori costi da sostenere. Se viene fatto un investimento su una tecnologia innovativa, costo che naturalmente si sarebbe potuto evitare non investendo, si richiede poi di essere bravi a valorizzare l’azione professionale che utilizza quella tecnologia, e che si ritiene idonea a generare la differenza che il cliente è disposto a pagare. In questo caso la crisi non influisce in modo significativo sull’attività, soprattutto se si affianca la dovuta attenzione alle possibilità economiche del cliente.
C’è una tendenza innata in vari tipi di imprese a ridurre al minimo i costi, soprattutto nei casi in cui non si riesce poi a farsi pagare di più. Questa è una tendenza tipica dei momenti di crisi: tagliare i costi, innanzittutto nella formazione e nel capitale umano.
In alcuni casi il taglio dei costi è utile perché spesso nelle organizzazioni, anche in quelle relativamente piccole, c’è grande inefficienza e quindi si va a verificare che cosa veramente serve e che cosa no, e si produce ottimizzazione. I dati ci dicono però che se ci si ferma al taglio dei costi non si recupera mercato.
Come, allo stesso modo, il mercato non si recupera abbassando i prezzi.
Questa strada può eventualmente essere percorsa se si intende realizzare una strategia massiva. Però è necessario disporre di una impresa di grandi dimensioni, dove si possono praticare economie di scala. Si fanno migliaia di pezzi e si lavora sul basso costo di produzione, obbligando a bassi prezzi il fornitore poiché sono un grande cliente.
Questa strategia nel settore dentale non è proponibile.
Quindi la riduzione dei costi va perseguita su un’altra strada: quella dell’efficienza, dove devo pagare ciò che effettivamente serve: la tecnologia e la risorsa umana valida, intesa come strumento alto per gestire la mia organizzazione.
La strategia di uno studio professionale con dimensioni limitate deve essere quella di puntare sulla differenziazione.
Si intende l’offerta al cliente di qualcosa di relativamente unico, che altri non hanno, a cui il cliente attribuisce valore che percepisce, dove i costi del professionista sono lievitati in modo meno che proporzionale rispetto a quanto l’utente è disposto a pagare. Questi sono i perni su cui agire: l’unicità, il valore, la percezione e il giusto equilibrio economico.
Per raggiungere l’obiettivo si può lavorare sugli aspetti materiali del servizio - la qualità dell’intervento - e sugli aspetti immateriali.
Questo dell’immaterialità percepita è un altro segnale delle mutazioni sociali. In tutti i campi gli aspetti immateriali stanno diventando più importanti e il loro valore viene riconosciuto. Basti pensare ai prezzi più elevati che gli acquirenti sono disposti a sostenere per avere un prodotto “firmato”.
Occorre poi lavorare sugli aspetti relazionali. La differenziazione gioca molto su di essi e le imprese lo sanno bene. La relazione non è più qualcosa di dato per scontato, sinonimo spesso di “rapporto personale consolidato” come era ed è ancora spesso intesa la fidelizzazione.
Il nuovo modello di business deve fondamentalmente approfondire alcuni temi.
Innanzittutto il marketing, azione che non è limitata alla comunicazione.
Seppure con una descrizione non approfondita, marketing vuol dire innanzittutto conoscere il proprio cliente partendo dai numeri e sapendoli leggere7. Altrimenti diventa assai arduo spiegare come, nell’area dentale, a fronte di un 30% di studi fortemente in crisi, abbiamo un altro 40% che mantiene lo stesso piazzamento e un settore consistente che è in crescita anche con incrementi percentuali a due cifre8.
Poi la scelta del posizionamento.
L’elemento di distinzione è la specifica caratterizzazione, che è data dal tipo di offerta:

  • servizi professionali è troppo generico.
  • solo servizi professionali? Occorre introdurre servizi nuovi oltre a quelli richiesti.

Il pendolarismo odontoiatrico dice che si offre anche “turismo”. Mentre faccio il turista trovo anche un po’ di tempo per farmi curare. Ma in quel momento si offre turismo, si sta offrendo benessere. Naturalmente questo è un modello e non l’unico.
Ma la riflessione va orientata sulla decisione o di allargare l’ambito dell’offerta di servizio o di orientarsi, invece, solo sull’ambito professionale. Anche quest’ultimo è un modo per distinguersi.
Ma in ogni caso occorre creare un sistema di offerta, inteso come filiera con al termine la formulazione del prezzo. E qui il prezzo è inteso come elemento integrato nella filiera dell’offerta, e quindi può - o deve - variare anche con il ciclo di vita del cliente. Molte di queste indicazioni vengono già attuate. Ciò che occorre ancora fare è collocarle in un contesto organico e strutturato e gestirle in maniera organica nel tempo.
C’è poi il tema dei canali: come si arriva al cliente.
Infine c’è il tema della comunicazione.
Con questo termine si tende in genere riferirsi alla pubblicità. La pubblicità nel settore professionale è poco amata. Tuttavia le agenzie di pubblicità prevedono a breve investimenti molto elevati nell’ambito della comunicazione delle imprese.
Non in quella statica e tradizionale, ma in tutte quelle forme che sono “parapubblicità”: comunicare se stessi in maniera diretta ai clienti attuali e potenziali, il proprio servizio, la propria reputazione, le proprie competenze.
Si devono trasmettere anche ai fornitori, visti come possibili partner, alle istituzioni, al mondo che fa opinione.
Occorre poi contribuire a fare opinione, opinione positiva per compensare quella negativa fatta da altri, anche se questo aspetto compete maggiormente alle Associazioni.
Occorre considerare il proprio pacchetto clienti non solo come destinatario, ma anche come mezzo per lo sviluppo della comunicazione.
Occorre infine utilizzare gli strumenti successivi al passa parola: i social network. Le aziende sono presenti su Facebook in modo elevatissimo9, su Twitter, su You Tube. Le persone della generazione che arriva ai 40/45 anni si trova lì. Occorre esserci e, naturalmente, bisogna anche saperci stare. E quindi occorre possedere le tecniche per poterlo fare.
Ultimo punto è quello dell’organizzazione e della sinergia in network.
La crescita dimensionale ha dei costi anche indiretti connessi con la necessità di avere risorse atte a mantenere l’impresa organicamente strutturata. Naturalmen-te i costi, se pensati per sole risorse interne, sarebbero probabilmente eccessivi.
Di qui la necessità di entrare nella logica della esternalizzazione. Le aziende delegano tante piccole porzioni nel processo produttivo ad altri partner nella logica del network.
Occorre essere chiari.
Tutte queste riflessioni, innovazioni, gestione, organizzazione, marketing, non si possono realizzare da soli rimanendo confinati nella propria struttura produttiva.
Ma soprattutto non si deve fare tutto da soli. Anche perché, nel caso dell’odontoiatra, siamo di fronte ad un professionista e ciò che gli piace fare e sa fare al meglio è la cura dentale. Qui sta la differenza tra il pensarsi imprenditore ed essere imprenditore della propria professione.
Le imprese offrono ai professionisti un grande modello forse da imitare: quello dell’impresa-rete, in cui ognuno si concentra su una porzione, quella che sa fare bene, quella che ritiene essere l’attività in cui offre il maggior valore.
Resta il grande problema di realizzare le sinergie, questione per altro non facile.
Perché se è difficile far collaborare delle imprese, lo è ancor più far collaborare dei professionisti. Tuttavia si deve provare, perché questa è la tendenza del futuro.
Il futuro chiede eccellenza ed il massimo valore. Per realizzarlo occorre far sinergia con chi, nel suo specifico ambito, produce eccellenza. Il dentista resta a fare il dentista ma, se vuole farlo in maniera imprenditoriale, si allea con qualcuno che è bravo a fare comunicazione, con qualcuno - magari - che è bravo a gestire e con qualcuno bravo a fare marketing.
Si generano alleanze che possono essere orizzontali, le più semplici, come ad esempio gli studi multispecialistici o multiprofessionali, per abbattere costi ma soprattutto per costruire offerta integrata.
Possono essere alleanze verticali, leggermente più complesse, che interessano il professionista, il produttore, il distributore. Sono molto maggiori gli elementi che portano il produttore e il fornitore a collaborare piuttosto che a scontrarsi. Non foss’altro che per il maggior peso che assume il settore nel confronto delle Istituzioni se i due comparti si presentano uniti. Del resto il dialogo verticale, il cosiddetto dialogo di filiera, è ormai una pratica diffusa nelle imprese. Anche l’area delle professioni non può non collocarsi in questo trend.
Infine ci sono le alleanze laterali. L’esempio del turismo va in questa direzione.
Naturalmente molti degli aspetti indicati, in particolare il compito di ridisegnare un modello di professione che integri tali elementi, vanno diretti e guidati dalle Associazioni professionali. E credo che risultino molto più efficaci se il compito di guida e di riflessione sono prese saldamente in mano dalle sezioni territoriali delle Associazioni. Anche se poi questi cambiamenti procedono nei singoli studi soprattutto se ogni imprenditore-professionista decide di investirvi il suo intuito, la sua passione e la sua energia.

Note:
1. Il titolo qui espresso avrebbe potuto anche essere indicato come “Il mercato liquido e le sinergie necessarie”, in questo caso l’espressione farebbe riferimento al titolo del testo di Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Editori Laterza, Bari, 2007. Il grande sociologo contemporaneo rappresenta il nostro tempo come una realtà in cui sono scomparse le radici stabilizzanti e che fluttua su una superficie liquida. Così è la frase in quarta di copertina: “Abbandonate ogni speranza di totalità, futura come passata, voi che entrate nel mondo della modernità liquida…”. Una metafora per descrivere la fase attuale della nostra modernità che suona a epitaffio di un mondo stabilizzato e rassicurante di sentirsi nel mondo. In questo quadro accettare e gestire il cambiamento diventa una condizione indispensabile per la sopravvivenza sociale ed economica.
2. Socio Fondatore, Presidente CdA. Area di intervento: organizzazione aziendale, formazione e ricerca, comunicazione e marketing.
3. Sono molti gli interventi in questo periodo che affrontano la questione del cambiamento, delle professioni e, nello specifico, dell’odontoiatria privata. Molte analisi presentano quadri generali assai interessanti. Si iniziano ad avere degli studi che affrontano la questione anche dal punto di vista teorico e si suggeriscono delle strade da investigare per trovare una soluzione alle difficoltà delle professioni e di quella odontoiatrica in particolare.
4. Un esempio è il mercato del lusso che esprime un valore aggiunto molto importante o presunto tale.
5. Allo stesso modo non ha nulla di garantito, deve sviluppare il suo mercato, non ha protezioni ed è esposto al cambiamento.
Se il mercato cambia, lui, come qualsiasi imprenditore, deve riuscire ad adeguarsi.
6. Questa, da sola, è una grande differenza rispetto alle altre professioni mediche che non hanno quella complessità tra attrezzature tecnologiche, materiali e supporti professionali strutturali qual è il fornitore odontotecnico, a cui viene demandata una parte importante nel processo produttivo.
7. Da anni insistiamo sull’importanza dell’analisi dei preventivi, proprio muovendo dai numeri.
8. Riferimento all’analisi del nostro mercato aziendale.

L’articolo è stato pubblicato in Quaderni Odontoiatrici numero uno 2014 (Tueor Servizi edizioni). Su gentile concessione di Tueor Servizi srl e del Centro Ricerche & Statistiche.

To post a reply please login or register
advertisement
advertisement