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Non solo dentisti e giuristi sarebbero legittimati a commentare questa sentenza di condanna, ma anche gli igienisti dentali. Di qui il parere di una professionista come Marialice Boldi, già presidente dell’AIDI.
La lettura della sentenza della Corte d’Appello de L’Aquila sollecita ad alcune riflessioni e puntualizzazioni in merito all’importanza del consenso informato, della corretta tenuta del diario clinico e alla responsabilità di coloro che erogano prestazioni sanitarie. Nella sentenza si legge come: «… l’insuccesso del trattamento odontoiatrico fosse causalmente riconducibile al difetto di informazione da parte del dentista in ordine alla necessità di un’accurata igiene orale…». Poco è importato al giudice che le informazioni sulla corretta condotta da tenere in merito all’igiene orale domiciliare fossero state date verbalmente alla paziente: di esse non c’è traccia né sul diario clinico né sul modulo del consenso informato, per cui il dentista non è riuscito a dimostrare di averle date.
Bisogna qui ricordare che il consenso informato deve rispondere a precise caratteristiche. Deve essere infatti: personale (quindi non si deve utilizzare modulistica standardizzata), esplicito e manifesto, specifico per l’atto sanitario proposto per quella determinata situazione, consapevole, attuale, libero. Non è mai specificato che il consenso informato debba essere acquisito “dopo” essere stato redatto in forma scritta ma, alla luce della sentenza sembra proprio che la forma scritta debba essere fortemente raccomandata.
Come specificato nella sentenza, infatti «…corrette misure di igiene orale non risultavano prescritte alla paziente nel modulo di consenso informato e di cui non vi era menzione neppure in cartella». Si legge inoltre che il dentista è stato condannato al «…risarcimento del danno patrimoniale per difetto di informazione, ravvisando la responsabilità professionale nella mancata prescrizione, nella cartella odontoiatrica, di un’osservazione scrupolosa delle corrette misure di igiene orale».
Sorge a questo punto spontanea una domanda: in tutta questa vicenda dov’era l’Igienista dentale? Probabilmente da nessuna parte. Infatti egli ha, tra gli altri, il preciso compito di informare il paziente sull’importanza dell’igiene orale, fornirgli precise e personalizzate istruzioni, motivarlo ad acquisire abitudini corrette e controllare che nel tempo vengano seguiti i suggerimenti dati e ovviamente, siccome l’Igienista dentale compila un suo diario clinico, di tutto ciò in esso fa menzione in quanto è parte integrante del suo lavoro.
In questo caso la difesa del dentista ha sostenuto che: «il ruolo dell’igiene orale rientra nei percorsi verbali che normalmente avvengono in uno studio odontoiatrico e che non vengono mai riportate sul diario delle prestazioni rese». Questo non è assolutamente vero per l’igienista dentale che, nei tre anni del corso di laurea viene stressato circa la necessità di documentare e dar prova del suo modus operandi proprio nel diario clinico.
Dalla sentenza di condanna risulta evidente che, in capo a chi presta le cure, resta l’obbligo di fornire la prova del proprio operato. Vorrei qui sottolineare come, alla luce della legge Gelli sulla responsabilità, tutti coloro che intervengono e partecipano al processo terapeutico programmato per un paziente, sono responsabili in prima persona dell’esito della cura. Oltre a ciò la legge 209 del dicembre 2017 sul consenso informato e sulle D.A.T., pur promuovendo e valorizzando sostanzialmente «la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico», specifica che «contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’equipe sanitaria».
Concludendo, tale sentenza mi fa pensare che l’appello del dentista sarebbe stato verosimilmente accolto se nel team ci fosse stato, cosa che non è dato sapere, un igienista dentale che, come detto sopra, avrebbe certamente documentato, nel diario clinico le istruzioni e le raccomandazioni impartite. La sentenza è comunque di monito a medici, odontoiatri e a tutto il personale sanitario, affinché investano parte del proprio tempo anche a documentare puntualmente tutte le varie fasi del loro operato.
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