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L’odontoiatria è o no una specialità medica microchirurgica? Perché la microscopia non si diffonde?

Maurizio Signorini, medico odontoiatra microscopista
M. Signorini

M. Signorini

mer. 9 marzo 2016

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Sono stati spesi fiumi di parole e di retorica sul microscopio, limitandosi a descriverlo, narrandone la storia ed elencandone le possibili applicazioni. Chi scrive l’ha fatto in più occasioni, ma nessuno si è chiesto come mai questo strumento indispensabile per qualsiasi specialità medica microchirurgica non riesca a diventare indispensabile anche ai dentisti, così come lo è il riunito.

Il microscopio operatorio è uno strumento oramai diffuso negli studi odontoiatrici di tutto il mondo, specie in alcune specifiche realtà “in via di sviluppo”, dove questo nuovo modo di approcciare l’odontoiatria sta rappresentando per alcune di esse, fino a oggi fanalino di coda, un primato per diffusione e utilizzo.
Stiamo parlando dell’India, del Sud America, della Russia. Realtà dove (come da trent’anni a questa parte per gli Stati Uniti) l’iperspecializzazione e la suddivisione degli specialisti in unicisti di singole specialità è oramai una realtà consolidata. Sono gli endodontisti in questi Paesi a guidare la classifica di coloro che non credono di potersi esimere dall’utilizzo costante di un tale strumento di precisione. Ciononostante, e nonostante siano migliaia i microscopi venduti nel mondo agli odontoiatri, questi ultimi rappresentano sì e no il 5-7% dei professionisti totali. Di questi, non sono più dell’1-2% coloro che, oltre a possederlo, sono riusciti anche a farne uno strumento di lavoro quotidiano.

 

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