DT News - Italy - Lo smaltimento dei DPI nello studio odontoiatrico. Intervista all’Ing. Federico Gabelli

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Immagine: praditkhorn somboonsa/Shutterstock
Patrizia Biancucci

Patrizia Biancucci

mar. 28 luglio 2020

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Durante il lock down in Italia, c’è stata una vera e propria corsa al reperimento dei DPI, in particolare mascherine e guanti sia per uso lavorativo sia per uso domestico. Nella fase di ripresa gli studi dentistici e la popolazione in generale hanno dovuto affrontare la questione smaltimento di questi rifiuti. Su tale punto specifico è intervenuto l’Istituto Superiore di sanità con un documento che fornisce raccomandazioni per la gestione di mascherine e guanti monouso come rifiuti prodotti da utilizzo domestico e non domestico, compresi Enti pubblici e privati, attività commerciali e produttive, ma diverse dalle attività sanitarie e sociosanitarie. Considerando la natura dei dispositivi di protezione, la loro assimilazione a rifiuti urbani serve a sgravare sia le aziende sia le attività pubbliche e private da eventuali complicazioni di carattere economico e gestionale, con lo scopo di tutelare la Salute pubblica e non solo di particolari categorie di lavoratori.

L’ing. Federico Gabelli, laurea in Ingegneria Ambientale presso l’Università di Padova, da anni si occupa di procedimenti ambientali, revisione ed analisi dei dati ambientali (acque di falda, suoli, terreni), strategie di bonifica, analisi di rischio e progetti di bonifica. Lui che è esperto di rifiuti ci dirà cosa ne pensa di questi provvedimenti.

Ing. Gabelli, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un documento dal titolo “Indicazioni ad interim sulla gestione e smaltimento di mascherine e guanti monouso provenienti da utilizzo domestico e non domestico. Versione del 18 maggio 2020”. Da cosa è nata questa necessità?
La necessità di utilizzare DPI monouso per proteggerci dal coronavirus nella vita di tutti i giorni, determina inevitabilmente la produzione di un enorme quantità di rifiuti, impensabile fino a qualche mese fa, e con cui dobbiamo necessariamente confrontarci, sia per questioni di ordine sanitario connesse con la possibile trasmissione del virus, sia per le normali problematiche connesse con la gestione dei rifiuti.

Ritiene che si sia parlato molto dell’utilizzo di questi dispositivi, con le relative caratteristiche utili a contrastare la pandemia da Covid, ma meno delle modalità di smaltimento?
Assolutamente sì, altrimenti non troveremmo continuamente mascherine gettate lungo i bordi del marciapiede. In parte questo è comprensibile, perché nei momenti più critici dell’emergenza la prima cosa a cui si è pensato è stato proteggere i lavoratori e la popolazione. Ovviamente solo in un secondo momento, come spesso avviene, il legislatore si è reso conto delle problematiche ambientali connesse alla gestione dei DPI monouso. Ad oggi credo che ne se parli ancora poco: dovunque andiamo (treni, supermercati, uffici, etc.) siamo giustamente oggetto di un martellamento continuo sul distanziamento sociale e sull’uso di mascherine, ma ancora molto poco ci dicono cosa fare di queste mascherine una volta che le abbiamo utilizzate. Probabilmente una maggiore comunicazione aiuterebbe a sensibilizzare la popolazione su questa problematica.

Possiamo stabilire il tempo di sopravvivenza in un rifiuto domestico/urbano del Coronavirus in generale, e del virus SARS-CoV-2 in particolare?
Da quando è iniziata l’emergenza coronavirus abbiamo ricevuto informazioni, spesso contrastanti, sulla capacità di questo virus di sopravvivere sulle superfici, da 48 ore fino a 9 giorni, a seconda della tipologia di superficie e delle condizioni di umidità e temperatura. Sebbene io non sia un virologo, penso di poter affermare che siamo ancora di fronte ad una malattia “nuova” e che conosciamo ancora poco. In queste situazioni di incertezza si tende ad applicare il principio di precauzione e di adottare particolari cautele per preservare la salute della popolazione (es. contenitori monouso per le mascherine di rifiuto, posizionamento dei punti di conferimento in zone aerate).

Ing. Gabelli, come sono stati classificati i vari rifiuti? C’è molta differenza tra quelli domestici e quelli legati ad attività lavorative, come ad esempio negli studi odontoiatrici?
Sulla base dei criteri indicati dalla normativa le mascherine e i guanti prodotti dalle attività domestiche, sono classificabili come “rifiuti urbani” e, qualora conferiti insieme agli altri rifiuti domestici indifferenziati, individuabili dal codice CER 200301. Le mascherine e i guanti monouso prodotti da utenze non domestiche o da attività assimilate ad esse sono classificabili come “rifiuti speciali”. Il codice CER che descrive in maniera più ragionevole tali rifiuti è il 150203 “Assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 150202”. L’assegnazione di tale codice consentirebbe a diverse utenze non domestiche, e non assimilate ad esse, di poter conferire le mascherine e i guanti esausti insieme ad altri indumenti protettivi eventualmente già utilizzati per gli specifici processi produttivi, senza dover modificare eventuali contratti/autorizzazioni già in essere o doverne attivare di nuovi. È stata ragionevole l’assegnazione del codice non pericoloso in considerazione del fatto che si tratta di mascherine per prevenzione utilizzate da persone sane e che quindi non contengono materiale infetto.

Riguardo i rifiuti prodotti da soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria, quali sono le procedure da seguire?
L’ISS non pone tanto l’accento sulla diversa origine dei rifiuti (urbani o speciali), ma piuttosto sulla possibilità che questi siano stati a contatto con soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena. Nel caso di utenti domestici, si raccomanda di sospendere la raccolta differenziata e di gestire tutti i rifiuti come indifferenziati, avendo cura di inserire le mascherine e gli altri dispositivi monouso usati giornalmente in un sacchetto che, una volta chiuso e avendo cura di non comprimerlo, verrà smaltito poi nel sacco dei rifiuti indifferenziati. Analogamente per i rifiuti prodotti da utenze non domestiche come ad esempio studi odontoiatrici, nell’eventualità di accertamento diagnostico di casi infetti tra il personale, le mascherine e i guanti da questi utilizzati devono essere gestiti e smaltiti di conseguenza. In tal caso, qualora non si riuscisse a garantire un’adeguata gestione separata e in linea con quanto previsto, anche per le utenze domestiche con presenza di soggetti positivi al tampone, è possibile anche la loro classificazione con il codice riferito ai rifiuti contaminati da sostanze pericolose.

Ing. Gabelli, i contenitori utilizzati dai dentisti per smaltire mascherine, guanti e altro devono avere caratteristiche particolari e seguire un iter adeguato in termini di sicurezza rispetto al rischio di contagio da Covid?
L’ISS è stato molto chiaro e ha pubblicato le seguenti raccomandazioni:

  • Utilizzare contenitori dedicati alla raccolta delle mascherine e dei guanti monouso;
  • Identificare chiaramente la posizione di ogni contenitore, nonché il contenitore stesso;
  • Posizionare i punti di conferimento in prossimità delle uscite dal luogo di lavoro, per prevenire percorrenze di spazi comuni (es. corridoi, scale, ascensori) senza mascherina/guanti e senza possibilità del distanziamento fisico definito dal DPCM 26 aprile 2020;
  • Adottare contenitori o comunque soluzioni che minimizzino le possibilità di contatto diretto del lavoratore che si disfa della mascherina/guanto con il rifiuto e il contenitore stesso;
  • I contenitori dovranno essere tali da garantire un’adeguata aerazione per prevenire la formazione di eventuali condense e conseguente potenziale sviluppo di microrganismi, e collocati preferibilmente in locali con adeguato ricambio di aria e comunque al riparo da eventi meteorici.

 

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