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Il GISOS (Gruppo Italiano Studio Osteointegrazione e Osteosintesi) è una giovane e dinamica associazione fra Odontoiatri, Chirurghi Maxillo Facciali, Chirurghi Oraliche desiderano confrontarsi su temi di comune interesse. Lo spirito motore è il confronto aperto, leale e collaborativo. Elemento determinante e focale sono i giovani professionisti a cui si desidera trasferire conoscenze e competenze interdisciplinari per accrescere la capacità di gestione di pazienti complessi attraverso momenti di studio e confronto a diretto contatto con relatori d’esperienza e tecnologie di avanguardia.
A Rimini il corso GISOS (venerdì 19, ore 10/15) presieduto da Paolo Balercia, fondatore e past-president GISOS, che introduce i lavori illustrandone le finalità, parte da una riflessione sul lavoro svolto negli ultimi vent’anni rispetto alla chirurgia rigenerativa e dalla cui esperienza nasce l’esigenza di riscriverne le linee guida in una ottica pluridisciplinare aperta alla ricerca ed all’innovazione.
Riportiamo i contributi di Salvatore Parascandolo (“Cisti dei mascellari”), Roberto Pistilli (“Riabilitazione protesica di casi complessi”) e Pietro Felice (“Trattamento del paziente atrofico: osso nativo oppure ricostruito”).
S. PARASCANDOLO – Le neoformazioni cistiche dei mascellari rappresentano un argomento tra i più conosciuti, studiati e trattati nell’ambito delle patologie di interesse odontoiatrico e chirurgico maxillo facciale se consideriamo che Karl Partsch già tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 aveva detto tutto o quasi sulle cisti dei mascellari di origine dentaria.
Cosa può allora essere cambiato negli ultimi venti anni su questo argomento? Forse le conclusioni possono sembrare deludenti se accettiamo l’attualità degli studi e delle proposte terapeutiche di Partsch, tuttavia la tecnologia nella diagnosi e nella prevenzione insieme con la biotecnologia nella terapia, consentono comportamenti meno invasivi e più conservativi.
Il vero cambiamento è stato determinato dalla possibilità che ci viene offerta quotidianamente dall’impiego di strumenti e materiali quali i raffinatissimi apparecchi radiografici cone beam, i modernissimi macchinari per la piezosurgery, i materiali da innesto omologhi, eterologhi e alloplastici che sempre più concorrono per successo e risultati con l’osso autologo. Le linee guida devono tenere conto di queste possibilità per dare al paziente le migliori possibilità terapeutiche, adattando le nostre conoscenze alla cura della patologia e non la patologia alle nostre conoscenze.
Un’ultima osservazione che riguarda proprio il ventennio trascorso: per i cambiamenti geopolitici mondiali e per l’importanza strategica dell’Italia nel Mediterraneo nei nostri ospedali curiamo sempre più numerosi pazienti provenienti dal continente africano, le cui patologie sono voluminose e complesse, inversamente a quanto si è potuto ottenere per i nostri più fortunati concittadini per i quali si sono consolidate la prevenzione e la diagnosi precoce.
R. PISTILLI – È dai primi anni novanta che si cerca di mettere in atto tutte le possibili tecniche ricostruttive dei mascellari per cercare di rispettare il paradigma della “Implantologia protesicamente guidata”. Ogni autore ha proposto la sua tecnica e i suoi seguaci l'hanno difesa sino allo stremo. Il nostro gruppo sono più di venti anni che cerca, fuori da ogni condizionamento, di comprendere i pregi ed i difetti di ogni tecnica ricostruttiva e di sceglierla a seconda del tipo di atrofia, della sua sede e del paziente che dobbiamo trattare. Crediamo che si debba avere il coraggio di rivalutare i risultati a lungo termine di una chirurgia ricostruttiva spinta all'estremo solo per ottenere il risultato ideale immediato.
È vero che abbiamo armi, e le dobbiamo mettere in campo, per cercare di mantenere più a lungo possibile il nostro risultato ed è sicuramente vero che nelle aree estetiche non si possa fare altrimenti ma, come gruppo, crediamo che sia obbligatorio rivalutare criticamente anni e anni di chirurgia ricostruttiva nei settori posteriori dei mascellari e ciò che è stato fatto ed ancora si fa nella riabilitazione del paziente totalmente edentulo. Negli ultimi dieci anni, alla luce del nuovo paradigma della chirurgia mini invasiva, abbiamo cercato di portare avanti studi clinici randomizzati per confrontare soluzioni terapeutiche ricostruttive con tecniche mini invasive utilizzando impianti di dimensioni ridotte, impianti tiltati e impianti zigomatici.
Alla luce di ciò, crediamo che si possano riscrivere le linee guida comportamentali nella scelta terapeutica della riabilitazione del paziente parzialmente e totalmente edentulo cercando di comprendere realmente e senza condizionamenti, quale siano le sue esigenze e il suo bene.
P. FELICE – Le aree posteriori dei mascellari caratterizzate da notevole riassorbimento osseo rappresentano una sfida riabilitativa per il chirurgo orale. Nonostante sia possibile aumentare verticalmente il volume osseo con differenti procedure, tutte queste tecniche sono associate a complicanze, a una significativa morbidità postoperatoria e richiedono lunghi periodi di trattamento. La possibilità di utilizzare gli impianti corti (a oggi anche con una lunghezza di 4 mm) in caso di un’altezza ossea residua non sufficiente, è una alternativa che può essere più semplice, meno costosa e più veloce, rispetto all’aumento osseo verticale.
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