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Osteoporosi e bisfosfonati

David L. Hoexter

David L. Hoexter

mer. 7 dicembre 2011

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Se utilizzati correttamente, i bisfosfonati sono uno strumento eccezionale per il trattamento dell'osteoporosi. Attualmente, vi sono molte informazioni confuse su quando e come utilizzarli in modo sicuro. Fare chiarezza in questo ambito è molto importante in quanto più di 30 milioni di persone negli Stati Uniti soffrono di osteoporosi e, se non vengono adeguatamente trattate, si corre il rischio che fratture osteoporotiche minaccino seriamente le loro vite.

Al momento, I bisfosfonati sono lo strumento migliore per ridurre la perdita di osso, diminuendo significativamente il rischio di fratture. Si stima che il 24% dei pazienti affetti da osteoporosi e non trattati con bisfosfonati morirà a causa di queste fratture. Recentemente, casi di osteonecrosi dei mascellari (ONJ) associati a bisfosfonati hanno suscitato timore nell’utilizzo di questi farmaci. I casi riportati dal dr. Marx e successivamente dal dr Ruggerio relativi a lesioni osteonecrotiche dopo procedure di chirurgia orale riguardavano pazienti in ospedali in terapia con somministrazione IV di bisfosfonati.
Questo articolo intende chiarire alcuni timori o dubbi riguardo l’utilizzo dei bisfosfonati. Come è stato scritto una volta: “Non dobbiamo aver paura di nulla se non della paura stessa”.

Identificazione del problema
Attualmente, abbiamo timore di somministrare alcuni farmaci per l’osteoporosi. Ci riferiamo, in particolare, ai bisfosfonati e al loro rapporto con l’osteonecrosi. Quest’ultima è definita come la morte del tessuto osseo a causa di una mancanza di afflusso sanguigno. Una volta diagnosticata l’osteonecrosi, le cause vengono suddivise in cause certe e cause probabili.
Tra le cause certe vi sono: abuso di alcol, aterosclerosi, malattia da decompressione, malattia di Guacher, dosi elevate di corticosteroidi, radioterapia, malattia falciforme e tumori. Tra le cause probabili vi sono: problemi nella coagulazione ematica, sindrome di Cushing, diabete mellito, malattie epatiche, gotta, problemi lipidici, tumore del pancreas, fumo, lupus sistemico ed eritematosi.
Con l’allungarsi della vita media, sono in aumento anche i casi di fragilità ossea e fratture. Si stima che tra 20 e 30 milioni di persone abbiano problemi legati all’osteoporosi e che siano in terapia farmacologica per combatterla o prevenirla. I farmaci utilizzati in questo ambito sono generalmente chiamati bisfosfonati.
Quando i casi clinici di associazione tra bisfosfonati e osteonecrosi sono stati distorti, la reazione conseguente fu che le persone associassero tutti i bisfosfonati e tutti i livelli di azione e dosaggio in un solo gruppo. È come se si affermasse che tutti gli antibiotici sono uguali e che si deve usare una sola concentrazione o lo stesso dosaggio per tutti i casi.
Prendere coscienza di quanto riportato da Marx e Ruggerio è stato un vantaggio e ora le case farmaceutiche sono consce della possibilità di ONJ e includono questa informazione nei foglietti illustrativi dei farmaci come possibile effetto indesiderato dei bisfosfonati. Però, questa informazione ha portato anche le persone a esitare nello sforzo di prevenire o bloccare l’osteoporosi. Improvvisamente, gli avvocati sono scesi in campo rappresentando pazienti che assumevano bisfosfonati con il desiderio di intentare cause e acquisire querelanti tra coloro che avevano subìto danni a seguito dell’assunzione di bisfosfonati.
Inoltre, ora alcuni medici esitano a prescrivere bisfosfonati per paura di conseguenze legali, lasciando così che i pazienti peggiorino ulteriormente.
Anche i chirurghi orali presentano nei loro convegni un numero maggiore di casi di lesioni osteonecrotiche. Però, le cause di queste lesioni non sono necessariamente legate ai bisfosfonati.
I casi clinici di osteonecrosi associati a bisfosfonati furono portati a conoscenza degli odontoiatri dai chirurghi orali (Marx e Ruggerio) 30 anni dopo la messa a disposizione dei bisfosfonati al pubblico, con approvazione da parte dell’Fda.
I bisfosfonati orali sono stati approvati e immessi sul mercato nel 1970 e i casi clinici di necrosi orale sono stati pubblicati nel 2003. I casi clinici provarono in modo indipendente le lesioni ossee necrotiche in pazienti sotto regime e ospedalizzati.
Solo dopo la terapia di chirurgia orale, eseguita in ospedale, questi pazienti presentavano lesioni orali necrotiche e relativa sequela.
Nonostante io apprezzi la messa a disposizione di queste informazioni e ora evito che i pazienti siano sottoposti a un ulteriore trauma, non posso fare a meno di chiedermi: “Come mai questi pazienti erano in ospedale?” Come riportato, i pazienti erano tutti ospedalizzati per una terapia antitumorale e sottoposti a chemioterapia. In queste circostanze, i loro fattori di resistenza potevano essere certamente alterati.
Il metodo di somministrazione dei bisfosfonati durante il trattamento in ospedale non era, come di solito, di tipo orale, bensì intravenoso.
La somministrazione intravenosa dei bisfosfonati era stata utilizzata per la malattia di Paget, per l’ipercalcemia associata a malignità con lesioni ossee antineoplastiche associate a tumore del seno e mieloma multipli. La concentrazione e il dosaggio del farmaco utilizzato per IV erano di circa quattro volte superiori al dosaggio raccomandato.
Vi sono, ovviamente, protocolli per il trattamento dei pazienti ospedalizzati e sono stati tutti rispettati. Questi casi sono stati interpolati per comprendere tutte le modalità di somministrazione dei bisfosfonati. Però, vi sono risultati positivi dall’uso dei bisfosfonati orali quando questi vengono somministrati nel dosaggio corretto. Bisognerebbe sottolineare la differenziazione dei risultati riportati da tutte le somministrazioni intravenose di bisfosfonati, nonché l’individuazione di dosaggi differenti.
Nel mio studio, ho in cura pazienti che assumono bisfosfonati. Li ho trattati per malattia parodontale con un intervento chirurgico, con risultati positivi negli anni.
Lo stesso vale per i pazienti che hanno continuato ad assumere bisfosfonati orali quando li ho trattati con impianti, ottenendo risultati di successo.
Il dr M. Jeffcoat ha riportato uno studio a tre anni con confronto di pazienti che assumevano bisfosfonati con pazienti non in terapia. Ciascun gruppo aveva ricevuto lo stesso numero di impianti. I risultati sono stati gli stessi per ciascun gruppo: circa dal 98 al 99% di successo.
I milioni di pazienti affetti da osteoporosi che necessitano di assistenza sono quelli che noi cerchiamo di aiutare, non di dissuadere. Facciamo in modo che il nostro compito sia incoraggiare i pazienti e informarli di tutti i fatti inerenti i bifosfonati. In effetti, sono preoccupato delle possibilità non note inerenti a tanti altri farmaci.
Nel caso dei bisfosfonati orali, quail potrebbero essere gli effetti cumulativi di assumere questi farmaci per 5 o 10 anni?
Un recente studio della University of Southern California ha riportato una percentuale di successo del 96% in pazienti con osteoporosi che assumevano bisfosfonati orali. Bon (Bisphosphonate-Associated Osteonecrosis) è il nuovo acronimo delle osteonecrosi associate ai bisfosfonati ormai diventato popolare.
È doveroso condividere queste conoscenze con i nostri pazienti. In particolare, quando parliamo dell’uso e della sicurezza di questi farmaci, dobbiamo chiarire la differenza tra la somministrazione orale e quella endovenosa dei bisfosfonati.
La cosiddetta “sospensione dei farmaci” non è una risposta. Non vi sono dati a supporto del fatto che l’interruzione dell’uso dei bisfosfonati per un certo periodo di tempo possa ridurre lo sviluppo di Bon.
Forse, lo standardizzare un test con marcatori specifici e acquisire informazioni sul metabolismo osseo, informazioni DTX mediante radiografie - così come suggerisce l’American Dental Association in caso di osteoporosi - e cercando di evitare patologie orali mediante regolari visite al dentista e migliorando le tecniche di igiene orale con spazzolini elettrici o manuali ed evitando colluttori contenenti alcol, potrebbero diminuire il rischio di malattia.
Vi sono milioni di persone che necessitano, o necessiteranno di un trattamento dell’osteoporosi. Aiutiamo queste persone con la conoscenza, non con la paura. Iniziamo con il riconoscere i diversi metodi di somministrazione, orale vs. IV, nonché i diversi dosaggi.
Forse, con una maggior conoscenza e studi statistici potremo cercare di eliminare questa paura.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in Dental Tribune U.S. Edition, Vol. 6 No. 5, Marzo 2011.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 4 di Implant Tribune Italy 2011.

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