Una terza dentizione a cent’anni per ognuno di noi dopo i denti da latte e quelli permanenti, come si legge in L’autunno del patriarca, lo splendido romanzo di Gabriel García Márquez? L’ipotesi fantascientifica potrebbe diventare realtà grazie alla coltura in vitro delle staminali: cellule indifferenziate che si dividono asimmetricamente e spiegano diversi gradi di “potenza”, cioè di abilità a trasformarsi in questa o quella cellula specializzata.
Delle sperimentazioni più recenti e dei loro successi nel far ricrescere il dente “da zero” ne hanno parlato di recente anche alcuni esperti internazionali a Chia (Cagliari) nel corso dell’VIII Congresso internazionale AIO. Tra questi la georgiana Mariam Margvelashvili dell’Università di Boston: «Grande è l’entusiasmo generato dalle “stem cells”. La condizione di “pluripotenza” consente alle cellule staminali primitive di svilupparsi, trasformandosi in qualsiasi tipo di cellula», ha detto. Risultato: consentono di generare un numero illimitato di cellule funzionali per le terapie ricostruttive e riparative.
«Dove oggi estraiamo un dente e rimediamo alla perdita utilizzando impianti con corone – continua la Margvelashvili, che ha studiato anche in Italia – domani le cellule staminali offriranno una possibilità unica di rivitalizzare il dente e rigenerare i tessuti duri e molli, includendo quello periodontale che consente di fissare il dente e conferire la forza masticatoria. Queste cellule offrono una chance unica per far ricrescere il dente in laboratorio e impiantarlo nell’area edentula del paziente; in alternativa, il germe del dente delle staminali può essere direttamente impiantato nella cavità. Occorre tuttavia molto lavoro – ha concluso – per determinare in pieno l’efficacia clinica, l’affidabilità e la sicurezza delle terapie. Come per altre innovazioni solo un’attenta investigazione scientifica e indagini cliniche possono attestare il potenziale reale delle cellule staminali umane pluri-potenti».
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