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Un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Sezione di Farmacologia dell’Università di Torino diretto da G.N. Berta (Professore aggregato di Farmacologia e Tossicologia) formato da F. Di Scipio, A. Esprio e M. Carere, ha dimostrato la capacità delle staminali adulte estratte da polpa dentaria di differenziare in modo utile e significativo.
Allo stato attuale le conoscenze scientifiche sulle staminali adulte non bastano per approvare un loro utilizzo clinico (tranne i trapianti di midollo osseo e di cute autologa). Cionostante, scommettendo sulle loro potenzialità, un sempre maggior numero di persone richiede la crioconservazione delle proprie. Un servizio di preservazione di staminali della propria polpa dentaria all’estero è già iniziato, mediante banche biologiche specializzate per un futuribile impiego autologo, possibile, ottimo, investimento per la salute.
Fonte principale delle staminali attualmente è il midollo osseo, ma poiché le tecniche estrattive sono invasive ed onerose, fondamentale identificare nicchie anatomiche alternative valide e di più facile accesso. Numerose ricerche hanno dimostrato la possibilità di isolarle a livello dei tessuti odontogeni, quali il legamento parodontale, la papilla apicale di denti immaturi estratti, il follicolo dentale e, soprattutto, la polpa dentale di denti decidui e permanenti. Soprattutto i denti estratti, trattati oggi come rifiuti biologici, potrebbero rappresentare un bel patrimonio biomedico.
Le staminali della polpa, in determinate condizioni, possono infatti differenziare e trasformarsi in specifiche tipologie cellulari, come: odontociti, osteociti, condrociti, adipociti, melanociti, cellule nervose, endoteliali, epatiche, cellule beta del pancreas, cellule muscolari e cardiache. Una capacità differenziativa ed un livello proliferativo cellulare della polpa che sembrerebbero essere addirittura superiori a quelli delle cellule estratte dal midollo. Anche il rapporto “numero di cellule staminali ottenute/massa di tessuto prelevato” è decisamente più elevato nel caso del tessuto pulpare.
Numerose ricerche precliniche sono orientate alla rigenerazione della dentina, del legamento parodontale, del cemento e dell’osso alveolare (in campo odontoiatrico), alla rigenerazione ossea (in campo maxillo-facciale ed ortopedico). Risultati interessanti sono riportati inoltre nella formazione di cartilagine, nel trattamento di patologie croniche e lesioni traumatiche del sistema nervoso. Recentemente il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche - Sezione di Farmacologia dell’Università di Torino diretto da G.N. Berta (Professore Aggregato di Farmacologia e Tossicologia) e formato da F. Di Scipio, A. Esprio, M. Carere, ha dimostrato la capacità delle staminali adulte estratte da polpa dentaria di differenziare in cardiomiociti, dimostrando un tropismo intrigante nei confronti di cardiomiociti danneggiati. “In particolare – dice Berta - si è riscontrato che i due istotipi sono in grado di interagire tra di loro in breve tempo dall’avvento del danno ischemico. Sebbene ottenuti in modelli preclinici, questi dati offrono spunti per ulteriori studi per approfondire l’eventuale miglioramento della funzionalità cardiaca a seguito di tali danni.”
Alla luce di quanto detto appare assolutamente chiaro che la figura del dentista potrebbe evolvere di gran lunga, non limitandosi alle cure odontoiatriche, ma assumendo un nuovo ruolo. Innanzitutto, informando i pazienti dell’esistenza di staminali dentali, della possibilità di estrarle e conservarle per il benessere e la salute futuri. E poi, partecipando attivamente alla preparazione dei campioni per il “processamento” e la crioconservazione. Ma è chiaro anche che perché questo tipo di pratica diventi routine, occorre che il dentista stesso prenda coscienza del suo ruolo chiave di “estrattore” e di “prelevatore” di cellule staminali.
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