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La distribuzione necessita di un nuovo modello per le mutate esigenze del mercato

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Maurizio Quaranta
Maurizio Quaranta, consigliere ANCAD

Maurizio Quaranta, consigliere ANCAD

lun. 29 giugno 2020

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Dopo la pandemia clinica, eccoci alla prevista pandemia economica. Il settore odontoiatrico non è esente dagli effetti indesiderati di settanta giorni di lockdown, che presenta così il conto e ci fa assistere ad una momentanea e prevedibile frenata degli investimenti oltre che ad un forte calo sul materiale di consumo, con un meno 40% sui dati a fine Maggio 2020, rispetto all’anno precedente.

I rischi di un default della politica, di una disoccupazione dai toni preoccupanti e di una crisi fiscale, sono in testa alla classifica per il cittadino italiano per il quale sono scattati, anche se in maniera differenziata, gli allarmi in campo economico e, anche se sta ritornando negli studi, lo sta facendo lentamente e con una situazione economica ben diversa rispetto al pre-covid, cosa che richiede un’attenzione differente verso questa nuova esigenza extra clinica.

L’helicopter overview non trasmette ancora a pieno il senso della situazione se non aggiungiamo che 5/6.000 studi chiuderanno nel breve periodo e se non introduciamo il ridimensionamento che subirà la distribuzione. Ovviamente queste variabili, se viste come opportunità, sono positive perché ci saranno pazienti nomadi per i restanti 33.000 studi odontoiatrici e tanti clienti alla ricerca di un nuovo modello di business per una distribuzione diversa a causa delle mutate esigenze.

Trovo normale ed etico che nel settore odontoiatrico, nel periodo buio dell’endemica mancanza di mascherine e DPI in genere, io non abbia visto speculazione da parte del sistema distributivo, anche se ho visto acquisti spot da parte di gruppi spontanei che, francamente, non so a quali conclusioni abbiano potuto portare perché non la vedo come una chance da sfruttare. Improvvisarsi importatore spot di DPI può aver sicuramente contribuito a far affluire materiale introvabile, ma non risolve il problema del prezzo, soprattutto se poi ci si deve dotare di una struttura distributiva vera e propria. Quello che, invece, non ho visto, in un periodo delicato come quello che abbiamo appena attraversato, è stato un franco e leale confronto tra gli stakeholders su questo problema cosa che, pur senza creare un hub comune, avrebbe quanto meno dimostrato l’interesse di cercare di risolvere insieme un problema reale per gli attori e interpreti principali del settore. Lo spazio per il recupero non manca, perché il trascorso sui DPI non è stato che il banco di prova rispetto a nuove emergenze che si delineano all’orizzonte.

Ora dobbiamo evidentemente saper liquidare la parte restante di questo infausto 2020 con il minor danno possibile dove lo Stato deve spingere i consumi agendo sulla leva degli investimenti pubblici che facciano da volano al mercato nella più classica interpretazione keynesiana per fare tutti noi la nostra parte da imprenditori, professionisti ed artigiani, intercettando nuove tendenze di mercato dove servono eccellenze e capacità di dialogo.

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