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Roberto Longhin, avvocato cassazionista, consulente legale dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Torino e di SUSO sindacato.
Il rapporto di consulenza e/o di collaborazione non è ancora regolamentato da formule contrattuali eque e soddisfacenti per entrambe le parti, con conseguente rischio di contenzioso.
Le associazioni di categoria hanno attenzione oggi ai consulenti degli studi, che sono giovani che hanno individuato una nuova forma di lavoro in cui impegnano la loro attività.
Esiste una formula ideale per regolare il loro rapporto di lavoro?
Pur essendo nell’ordinamento vigente prevista la figura del consulente, la stessa è lasciata, per quanto concerne l’aspetto economico, alla trattativa tra le parti.
Pensa che questo rapporto debba essere regolamentato per arrivare con le intese tra le parti sociali a una sorta di contratto nazionale per i consulenti?
Ho illustrato, nel corso della mia relazione al Congresso Nazionale Siof, come la libertà che lascia l’ordinamento al libero contratto tra le parti crei notevoli difficoltà, specie per i giovani che non hanno esperienza su come regolare il loro rapporto di lavoro. Qualsiasi formula regolamentare purché sia contrattualizzata per iscritto è valida.
I contratti attuali, soprattutto nell’odontoiatria organizzata, sono formulati dalle aziende. Spesso i giovani colleghi non sanno quello che stanno firmando.
È verissimo. I giovani sono in una posizione di inferiorità dal punto di vista del rapporto e, di conseguenza, accettano passivamente ciò che gli viene proposto, senza rendersi conto che può diventare una situazione problematica in caso di contenzioso, perché ciò che è scritto è quanto utilizza il giudice per regolare qualsiasi tipo di controversia. Le associazioni di categoria dovranno mettere mano a questa materia, magari individuando nell’ambito dei contratti collettivi qualche regola e parametro che possa essere utilizzato da coloro che si avviano sulla strada della consulenza.
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