Restauro in “Single Visit”: cosa cambia e cosa deve restare

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Restauro in “Single Visit”: cosa cambia e cosa deve restare. Intervista a Roberto Spreafico

Il Dott. Roberto Spreafico durante il DS World Italy 2019 – Innovation e Solution di Dentsply Sirona (© Dentspy Sirona).
Patrizia Gatto

Patrizia Gatto

mer. 8 maggio 2019

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Nel corso del congresso “DS World Italy 2019 – Innovation e Solution” promosso dalla Dentsply Sirona a Riccione lo scorso 11-12 aprile, Dental Tribune ha intervistato Roberto Spreafico, che nella sezione plenaria “I nuovi percorsi della restaurativa: la via dell’evoluzione”, ha tenuto una appassionata relazione dal titolo “L’evoluzione dei restauri diretti”. I moderatori, Massimo Gagliani e Dino Re, lo hanno introdotto con una slide a lui dedicata, definendolo un “pioniere e pragmatico”.

Che impressioni ha di questo Congresso Dott. Spreafico?
Un congresso molto ben organizzato, con molta gente, relatori di grande fama e relazioni ben fatte e belle.

Nella seconda parte della sua relazione ha parlato molto della “Single Visit” e del risparmio del tempo dovuto all’utilizzo di tecnologie digitali.
Per come lavoro io, con la tecnologia digitale, c’è un considerevole risparmio di tempo. Ciò che ho riscontrato con la tecnologia digitale e con la “Single Visit” è un enorme risparmio di tempo sia per me che per il paziente. Per il paziente è molto importante venire in studio una sola volta anziché due, perché non deve chiedere troppi permessi sul lavoro, attraversare la città più volte. Il tempo oggi è quello che costa.

In questi anni si parla molto di produttività. Leggendo i giornali, l’Italia si dice che abbia una produttività bassa rispetto altri Paesi e la produttività è data dal creare un prodotto in un’unità di tempo. Accorciando il tempo aumenta la produttività.

Lei è stato un pioniere nell’utilizzo della tecnologia digitale?
No, in effetti, non sono stato un pioniere. Molti, prima di me, a partire dalla fine degli anni Ottanta si sono occupati di digitale. A Berlino per la prima volta ho usato uno dei primi CEREC, che aveva delle applicazioni cliniche ancora limitate e il costo era notevole, pertanto, all’epoca, decisi che non faceva al caso mio. Con l’andare del tempo, la tecnologia ha avuto un’evoluzione incredibile e circa sette anni fa, nel 2011, ho deciso di fare questo passo.

Cosa riesce a fare in un singolo appuntamento grazie alle nuove tecnologie?
Io mi occupo ed eseguo in un’unica seduta, con tecnologia che ho a disposizione nello studio e con le possibilità del mio studio, del restauro del quadrante in composito e in ceramica quindi corone, corone su impianti, provvisori, ponti, Maryland, lasciando al laboratorio i casi più complessi. Quali ad esempio l’arcata totale. Continuo a lavorare con il laboratorio, nel mio caso esterno allo studio.

E il suo team ha fatto dei percorsi di formazione?
No, è stato un processo del tutto naturale sin dal primo giorno.

Pensa che il digitale possa aumentare la reputazione dello studio ed incrementare l’accettazione dei preventivi?
Non so, non è questo l’aspetto che mi ha motivato. Posso però osservare che i miei pazienti, quando mi vedono lavorare con la tecnologia, pensano che io sia veramente “upgraded, più avanti”. L’impatto della tecnologia sui pazienti non fa altro che accrescere l’immagine dello studio.

Nella sua relazione ha citato il pittore David Hockney.
Esatto. David Hockney è tutt’oggi uno dei pittori più importanti. L’ho citato perché diversi anni fa, ha cominciato a fare i suoi dipinti sul cellulare e sull’Ipad. Leggendo i dati della letteratura sulla tecnologia digitale, con follow-up addirittura a trent’anni, mi sono informato approfonditamente sull’argomento. Ma citare Hockney è servito per raccontare che il mondo è cambiato e tutto va avanti con la tecnologia, i dentisti sono stati i più indietro. Io sinceramente ho cominciato con il digitale quanto è stato avallato dai dati della letteratura.

Alla base di tutto ci deve essere la capacità tradizionale?
Quella è immancabile. La tecnologia digitale è uno strumento che ci aiuta a lavorare, ma le basi dell’odontoiatria sono sempre le stesse e il rigore del clinico è sempre fondamentale per arrivare al risultato. La macchina è uno strumento, può e deve aiutare.

L’odontoiatria rimane comunque sempre operatore dipendente?
Certo, anche nell’utilizzare la tecnologia. C’è chi la usa bene, chi male e chi la usa in modo intelligente ed eccellente.

La tecnologia digitale ci permette di customizzare la prestazione sul singolo paziente?
Assolutamente. La precisione dipende dalla preparazione dell’operatore, da come un clinico prende l’impronta e prepara il dente. Se la preparazione è modesta, l’impronta sarà scarsa ed, infine, anche la macchina darà un risultato mediocre.

E per quanto riguarda la diagnosi? Cosa pensa dell’attenzione rivolta ai piani di trattamento a discapito del momento diagnostico? L’utilizzo delle tecnologie digitali non dovrebbe trovare un clinico in grado di dare al paziente una diagnosi molto completa ed accurata?
La nuova tecnologia sicuramente ci aiuta a fare una diagnosi più precisa, come nel caso del CBCT. La diagnosi è comunque sempre una sola, mentre diversi possono essere i piani di trattamento. La tecnologia ci può aiutare, ma non può risolvere completamente, né sostituire il diagnostico.

Non crede che spesso il momento diagnostico e di raccolta dei dati suoi pazienti sia frettoloso e demandato al personale non clinico dello studio?
L’anamnesi deve essere fatta dal dentista. Bisogna ascoltare il paziente per capire in prima visita quali siano anche le sue aspettative.

Quando ha una diagnosi unica e più piani di trattamento chi decide, lei o il paziente?
Si decide insieme. Se abbiamo un’edentulia, ad esempio, si può risolvere con una protesi fissa con impianti o con una protesi mobile. Si discute la complessità dell’uno e la semplicità dell’altro, il costo dell’uno e dell’altro e quanto è confortevole ciò che faremo per il paziente. In ultima analisi comunque deve decidere il paziente.

Lei è stato il co-fondatore della Digital Dental Academy.
Sì, insieme ad altri sei soci. Ci siamo ritrovati ad occuparci di questo tipo di odontoiatria e abbiamo deciso di aiutare coloro che possedevano già tecnologie nei propri studi che avevano difficoltà d’utilizzo o coloro che fossero interessati ad acquistare della tecnologia. L’obiettivo è quello di supportarli ed orientarli.

Perché la tecnologia funziona bene se si usa in modo appropriato.
Nei nostri corsi organizzati dalla Dental Digital Academy, soprattutto pratici e non teorici, il partecipante prepara il dente, rileva l’impronta, fa il progetto con il software, fa la fresatura, caratterizza il composito o il disilicato di litio. Abbiamo preferito partire dalla loro preparazione odontoiatrica, per dimostrare che, se questa è adeguata, la precisione è assoluta. Si deve sempre partire dalla base dell’odontoiatria.

Ieri ha parlato del corso che si svolge a Saluzzo organizzato dalla Digital Dental Academy.
Da qualche anno facciamo questo corso pratico per non più di 12 persone nello studio dei fratelli De Chiesa, soci della Digital Dental Academy. Ne teniamo due all’anno. Quello di maggio è già sold-out. In quello di giugno i partecipanti faranno una corona completa, una faccetta e una corona su impianti.

Ultimissima domanda. Ho saputo che ha l’hobby della pittura. Usa tecniche digitali?
Il tempo per dipingere scarseggia. Per ora non uso tecniche digitali, preferisco ancora l’olio, il pastello, il carboncino, ma potrò provare.

Cosa le infonde tanta passione nell’odontoiatria?
La passione mi deriva dal fatto che parto da “qualcosa di ammalato”, che ricostruisco personalmente, che viene curato e guarisce grazie alle mie mani. Questo mi appassiona: vedere quello che si forma e si trasforma sotto alle mie mani.

Grazie per l’intervista

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