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Il comportamento dipende anche dalle aspettative che ognuno ha

Beate Pfeiffer

Beate Pfeiffer

mer. 5 settembre 2012

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Freiburg: “Per lei sarà un fatto quotidiano, ma per me l’appuntamento di oggi è qualcosa di particolare”. Quest’affermazione di una mia paziente mi è tornata in mente per molti giorni, rendendomi conto di quanto fosse vera. Aveva ragione: a un appuntamento in studio segue il prossimo, a un paziente segue l’altro. Di tanto in tanto però fa bene ricordarsi che non lavoriamo in una catena di montaggio ma con persone vere.

Oggi, in un tempo in cui siamo tentati di programmare e pianificare tutto, di inquadrare in regolamenti, disposizioni e controlli ogni cosa, la persona rischia di passare in secondo piano. Ma una tecnica perfetta da sola non garantisce un legame duraturo col paziente. E anche la formula del più stretto legame al paziente, a lungo andare non funziona. Come si può allora trovare un modo per pazienti e team, soddisfacente e il più possibile di successo, per entrambi? Ho posto questa domanda a me stessa e ai miei pazienti e mi sono resa conto ancora una volta di quanto possa essere gradevole per il paziente un po’ più di attenzione al momento giusto, una domanda, uno sguardo o un sorriso. Un investimento relativamente piccolo dalle alte possibilità di guadagno. La collaborazione a lungo termine riguarda tutti: dentisti, collaboratori e pazienti. Ma coloro che sono coinvolti quali aspettative hanno dal comportamento dell’altro? Quali conseguenze hanno le aspettative quando non vengono soddisfatte? Quali comportamenti hanno quale risultato? Insomma che valore hanno nella vita quotidiana dello studio?

Comunicazione è più che solo retorica
Il Duden definisce la retorica come “L’insegnamento dell’impostazione efficace del parlare”, mentre sotto comunicazione si trova la definizione “Diffusione di qualcosa agli altri; collegamento, …”. Il suo scopo allora non è solo l’informazione unilaterale, ma il reciproco scambio di informazioni, il generare un collegamento. Conoscere i desideri e le aspettative dell’altro non aiuta sempre a evitare equivoci nella fase iniziale, ma li riduce comunque notevolmente. Nel caso più sfavorevole si parte dal presupposto “Cosa piace a me, piace anche agli altri” e ci si meraviglia se la nostra proposta non trova eco. L’informazione viene, inconsapevolmente e istantaneamente collocata nella nostra interiore scala di valori: buono, cattivo, giusto, sbagliato, si può, non si può ecc. Tramite la valutazione di un determinato comportamento si traggono (inconsapevolmente) anche conclusioni sul carattere di una persona, dicendo che ci siamo “fatti una opinione”. Si valuta positivamente questo feedback e il dialogo si sviluppa generalmente in modo positivo. Se si valuta il feedback in modo negativo, emerge la sensazione di fatica nella comunicazione. Bisogna trovare più argomenti e forti per convincere in un circolo vizioso che appare faticoso.

Aspettative diverse sono permesse
Nutriamo aspettative non solo nel nostro prossimo, ma anche e non poche, in noi stessi. Dispiaceri e delusioni sono spesso il risultato di aspettative non esaudite. Un primo piccolo passo potrebbe consistere nel cogliere che il mio dirimpettaio potrà avere aspettative diverse dalle mie. E non si tratta di commentarle, di cambiarle o addirittura valutarle, ma di prenderne atto con attenzione. Se esistono pareri diversi, il nostro compito consiste, nonostante le diversità, nel trovare una strada comune. Il che può avvenire soltanto se il punto di vista dell’altro viene accettato senza aggiungervi un qualsiasi valore, positivo o negativo che sia. Partendo da questa posizione, si può eventualmente trovare una nuova terza posizione comune.

I pazienti sono molto sensibili
Alcune persone si preoccupano molto prima: cosa verrà fatto? È tutto a posto? Speriamo non si debba affrontare interventi più impegnativi! Ho avuto sufficiente cura dei miei denti? Si ricordano spiacevoli esperienze del passato: Dio non voglia che vada di nuovo in quel modo, perché se ci penso mi viene già male. Oppure hanno ricordi piacevoli: sono tranquillo, l’altra volta sono stati bravi. Naturalmente quanto più brutta è stata l’esperienza nel passato tanto è più grande l’ansia e la sensibilità nella percezione. Il dialogo coi pazienti mi hanno fatto vedere con quanta attenzione essi percepiscono avvenimenti e umori nello studio, come ne traggono conclusioni, comportandosi di conseguenza.
− Un saluto cordiale al telefono e all’arrivo in studio può già, ancora prima del contatto con il medico, aprire le porte a una maggior fiducia e sincerità.
− L’impressione di stress o malcontento nel team è contagioso. I pazienti diventano insicuri, si chiudono in se stessi, si sentono stressati.
- Uno studio ordinato, una reception curata (invece che montagne di carta sparse), locali ben sistemati trasmettono un senso di pulizia e igiene.
- Informazioni e spiegazioni comprensibili su diagnosi e metodi terapeutici danno al paziente la sensazione di poter partecipare in qualche modo alla decisione.
- La domanda in merito al consenso sulla cura fa sentire importanti i pazienti.
È ovvio che le richieste dei pazienti si assomiglino. Indipendentemente da età, sesso ed educazione vogliono essere consultati, ascoltati e informati, essere percepiti come persone e non come caso. Temi professionali non vengono praticamente mai affrontati. Se tutto quadra maggiore è la fiducia accordata al dentista e al suo team.

Le nostre aspettative verso i pazienti
Naturalmente anche noi abbiamo delle aspettative nei confronti dei nostri pazienti che indirizzano la nostra comunicazione. Essi dovrebbero:
- Mostrare attenzione per la cura dentale.
- Essere disponibili ad investire nella prevenzione.
- Seguire le nostre indicazioni.
- Venire con regolarità.
Con questo possiamo considerare le nostre idee come una norma valida, malgrado ciò che i pazienti ritengono importante e giusto. Ci fu un tempo in cui pensavo di dover convincere i pazienti sull’importanza della profilassi e su cosa dovessero fare. Ma ho imparato che non posso cambiare gli atteggiamenti, solo loro stessi lo possono fare ma solo se vogliono. Ma vorrei svegliare delle curiosità, invitare a occuparsi del tema e provare. Sempre con l’assillo di rendere giustizia il più possibile alle richieste dei pazienti, il che presuppone di porre sempre domande riguardo ai desideri, alle priorità, alle opinioni e alle esperienze passate, ai dubbi. Invito pazienti insicuri e scettici a provare qualcosa per un breve tempo e poi decidere. Questo porta a noi maggior facilità nei consulti e per i pazienti crea continuamente possibilità di scegliere e decidere. I pazienti si sentono autogestiti, apprezzati e rispettati nelle loro esigenze: una buona base per una collaborazione in reciproca fiducia.

Nota editoriale: Pubblicato in ZWP Spezial 11/2010

L'articolo è stato pubblicato sul numero 9 di Dental Tribune Italy 2012.

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