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Come e quando evitare il contenzioso tributario: riflessioni e aggiornamenti

M. Gatto

M. Gatto

lun. 15 febbraio 2016

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Pubblichiamo questo articolo, su gentile concessione del Centro Ricerche & Statistiche di Torino. Un lavoro che fa riferimento a disposizioni in materia di contenzioso tributario, che traggono origine dalla finanziaria dello scorso 2015, riguardanti in particolare il ravvedimento operoso e quanto è stato poi abrogato a partire dal 1° gennaio 2016. Nell’articolo, si analizza la situazione di un contribuente, persona fisica o giuridica, nei cui confronti sono iniziate delle azioni di controllo e l’amministrazione finanziaria ha già emesso degli atti. Cosa succedeva fino al 31/12/2014? L’istituto normativo del ravvedimento operoso, ora trasformato, non si limita più a premiare il comportamento virtuoso del contribuente, ma diventa mezzo di cooperazione tra contribuente e amministrazione finanziaria, incentrato su strumenti volti a incentivare l’adempimento spontaneo.

La Legge di Stabilità 2015, contestualmente all’introduzione delle nuove ipotesi di ravvedimento operoso, ha riorganizzato e razionalizzato gli strumenti deflattivi del contenzioso tributario1 abrogando l’adesione agli inviti a comparire2, l’adesione ai processi verbali di constatazione3 e l’acquiescenza agli avvisi di accertamento e di liquidazione4 non preceduti da invito a comparire.
I nuovi tratti del ravvedimento operoso5, infatti, rendono l’istituto sovrapponibile alle predette forme di definizione per le quali è, pertanto, disposta l’abrogazione dal 1° gennaio 2016.
Cerchiamo di entrare più nel dettaglio: stiamo analizzando la situazione di un contribuente, sia esso persona fisica o persona giuridica, nei cui confronti sono iniziate delle operazioni di controllo e conseguentemente l’Amministrazione finanziaria ha già emesso degli atti: avvisi bonari, richiesta di documenti, invio di questionari, inviti a comparire, processi verbali di constatazione. In questa situazione, fino al 31/12/2014 il contribuente non poteva accedere al ravvedimento operoso perché la regolarizzazione spontanea prevedeva, come condizione necessaria, che la violazione non fosse già stata contestata, non fossero iniziati accessi, ispezioni e verifiche e non fossero iniziate altre attività amministrative di accertamento (notifica di inviti a comparire, richiesta di esibizione di documenti, invio di questionario, ecc.). Entro tale termine, nel caso in cui si volesse evitare il contenzioso tributario si potevano utilizzare i seguenti strumenti deflattivi in fase di abrogazione.

  • La comunicazione dell’adesione ai processi verbali di constatazione e ai contenuti degli inviti al contraddittorio. Il contribuente poteva prestare adesione ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di IVA, che consentono l’emissione di accertamenti parziali (articolo 41bis del Dpr n. 600/1973 e articolo 54, comma quarto, Dpr n. 633/1972). L’adesione poteva riguardare esclusivamente il contenuto integrale del processo verbale di constatazione. Doveva avvenire entro i 30 giorni successivi alla data di consegna del verbale tramite una comunicazione al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate e all’organo che lo aveva redatto. L’adesione ai processi verbali di constatazione comportava l’applicazione di sanzioni ridotte nella misura di un sesto del minimo previsto dalla legge.
  • L’adesione all’invito al contraddittorio. Un altro istituto deflattivo del contenzioso è «la definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio». Introdotto dal decreto legge 185 del 2008, si applicava agli inviti al contraddittorio che riguardano sia le imposte dirette sia quelle indirette (IVA, imposta di registro, sulle successioni, sulle donazioni, ecc.). In sostanza, il contribuente che accettava i contenuti di un invito al contraddittorio (o invito a comparire), in cui sono indicati la pretesa fiscale e i motivi che l’hanno determinata, otteneva lo stesso regime agevolato, in tema di sanzioni, previsto per l’adesione ai processi verbali di constatazione. La definizione si realizzava con l’acquisizione dell’assenso del contribuente e il pagamento delle somme dovute, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione.
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Versamento delle somme dovute
Il versamento delle somme dovute poteva essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23.
Il contribuente poteva scegliere di effettuare il pagamento:

  • in unica soluzione;
  • in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (12 rate trimestrali se le somme dovute superano 51.645,69 euro).

La legge di Stabilità 2015 ha voluto rivedere questo impianto normativo allungando i termini del ravvedimento operoso ed eliminandone le cause di preclusione6. Il ravvedimento è consentito a tutti i contribuenti, limitatamente ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate7. A tale fine, si fa presente che, tra i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, rientrano anche l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e le addizionali regionale e comunale all’IRPEF. Esso è inutilizzabile solo dal momento della notifica degli atti di liquidazione e accertamento5 (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni).
Così trasformato l’istituto del ravvedimento non si limita più a premiare il comportamento virtuoso del contribuente, ma diventa il mezzo per il raggiungimento di una nuova forma di cooperazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria («compliance»8) incentrata su strumenti volti a incentivare sempre più l’adempimento spontaneo. Perché il legislatore ha voluto incentivare la regolarizzazione spontanea anche a rischio di far apparire il nuovo ravvedimento come un “condono permanente”? La risposta è semplice: l’esecuzione forzata dell’obbligazione tributaria è diventata troppo onerosa, troppo dilazionata nel tempo, con esiti non soddisfacenti. Il nuovo ravvedimento permette:

  1. di regolarizzare anche violazioni già contestate, anche processi verbali di constatazione già notificati con l’applicazione di una sanzione pari a 1/5 del minimo;
  2. di regolarizzare selettivamente solo alcune violazioni, per esempio quelle meno difendibili, e non altre che potrebbero essere meglio negoziate successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento durante la fase dell’accertamento con adesione o della mediazione o del contenzioso;
  3. di regolarizzare le violazioni contestate aventi rilevanza penale; finora, l’accesso al ravvedimento operoso ha consentito di ottenere i benefici previsti dall’art. 13, D.lgs. 74/2000 ossia la riduzione della pena di 1/3 nonché la sterilizzazione delle pene accessorie ma secondo lo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente”, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 24 dicembre 2014, ora in attesa del parere delle Commissioni parlamentari (termine prorogato al 26 giugno 2015), che prevede, tra l’altro, la modifica dell’art. 13 del D.lgs. 74/2000, il pagamento del debito tributario, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, anche mediante le procedure conciliative, come il ravvedimento operoso, porterà: a) all’estinzione dei reati di (i) infedele dichiarazione; (ii) omessa dichiarazione; (iii) omesso versamento IVA e (iv) omesso versamento ritenute; b) alla diminuzione fino alla metà della pena applicata per gli altri delitti nelle linee guida di riforma del sistema penal-tributario è previsto che il pagamento del tributo e delle sanzioni (anche attraverso il ravvedimento) determini la estinzione del reato. Inoltre, secondo la giurisprudenza penale più recente, il ravvedimento del contribuente inibisce il sequestro preventivo e la confisca per equivalente;
  4. di allungare i termini del ravvedimento nei casi in cui la violazione non è ancora stata contestata.

Non permette:

  1. il pagamento dilazionato, prevedendo il contestuale e integrale pagamento del tributo, della sanzione e degli interessi; anche se, seppure precluso in astratto, l’Agenzia delle Entrate ha infine ammesso la validità del ravvedimento eseguito in forma frazionata, benché «il limite all’effettuazione di tali ravvedimenti scaglionati è rappresentato dall’intervento di controlli fiscali nei confronti del contribuente ovvero dallo scadere del termine per il ravvedimento; in tali circostanze, l’omesso versamento della parte di debito che residua non può beneficiare delle riduzioni delle sanzioni previste dal citato articolo 13 che, invece, andranno irrogate dagli Uffici, secondo le regole ordinarie» (cfr. Risoluzione 67/E del 23 giugno 2011). Ai fini del perfezionamento del ravvedimento parziale, è necessario che siano corrisposti interessi e sanzioni commisurati alla frazione del debito d’imposta versato;
  2. l’applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni; ossia di quella modalità di calcolo delle sanzioni nei casi in cui le violazioni interessino più annualità o più tributi e risulti più favorevole al contribuente della somma delle sanzioni previste per le singole violazioni.

Infine il ravvedimento non preclude l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento (art. 13, comma 1quater, D.lgs. 472/1997) e in ogni caso comporta la ripartenza dei termini di accertamento, limitatamente agli elementi oggetto di variazione/integrazione.
Oltre a questo nuovo aspetto dell’istituto, che diventa anche uno strumento deflattivo del contenzioso tributario, il “ravvedimento” (art. 13 del D.lgs n. 472 del 1997) continua a essere il mezzo attraverso il quale è possibile regolarizzare versamenti di imposte omessi o insufficienti e altre irregolarità fiscali, beneficiando della riduzione delle sanzioni. Di seguito si riporta una tabella esplicativa delle violazioni e della relativa sanzione con le novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2015.
Ma in che modo possiamo comportarci quando invece ci è stato notificato un avviso di accertamento o di liquidazione? In questo caso non possiamo più azionare il ravvedimento operoso, ma il legislatore, negli anni, ha messo a disposizione altri strumenti per evitare il contenzioso. Il primo e forse il più agevole è l’autotutela, che consiste nel potere dell’Amministrazione finanziaria di annullare o revocare propri precedenti atti sulla base di una valutazione di opportunità che essa stessa è chiamata a compiere.
Il contribuente deve inoltrare a mezzo raccomandata, con ricevuta di ritorno, all’ufficio che ha emanato l’atto una semplice domanda in carta libera contenente un’esposizione sintetica dei fatti e corredata dalla documentazione idonea a dimostrare le tesi sostenute.
Nella domanda occorre riportare:

  • l’atto di cui si chiede l’annullamento;
  •  i motivi che fanno ritenere tale atto illegittimo e, di conseguenza, annullabile in tutto o in parte.

I casi più frequenti di autotutela si hanno quando l’illegittimità deriva da:

  • errore di persona;
  • evidente errore logico o di calcolo;
  • errore sul presupposto dell’imposta;
  • doppia imposizione;
  • mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti;
  • mancanza di documentazione successivamente presentata (non oltre i termini di decadenza);
  • sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
  • – errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.

L’annullamento dell’atto illegittimo può essere effettuato anche se:

  • il giudizio è ancora pendente;
  • l’atto è divenuto ormai definitivo per decorso dei termini per ricorrere;
  • il contribuente ha presentato ricorso e questo è stato respinto per motivi formali (inammissibilità, improcedibilità, irricevibilità) con sentenza passata in giudicato.

L’annullamento dell’atto illegittimo comporta automaticamente l’annullamento degli atti ad esso consequenziali (ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento infondato comporta l’annullamento della conseguente iscrizione a ruolo e delle relative cartelle di pagamento) e l’obbligo di restituzione delle somme riscosse sulla base degli atti annullati.
Poiché l’autotutela è per l’Amministrazione una facoltà discrezionale, la presentazione di un’istanza non sospende i termini per la presentazione del ricorso al giudice tributario. Pertanto, è necessario prestare attenzione a non far trascorrere inutilmente tali termini.
L’accertamento con adesione è un procedimento un po’ più complesso. Questo istituto è disciplinato dagli art. 5, 6 e 12 D.lgs. n. 218/1997 e consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria. Si tratta, sostanzialmente, di un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, quando per esempio è stato notificato un processo verbale di constatazione, sia dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione territoriale il contribuente ha il domicilio fiscale. Normalmente è il contribuente che si attiva. Egli può avviare la procedura presentando una domanda in carta libera in cui chiede all’ufficio di formulargli una proposta di accertamento per un’eventuale definizione. La domanda di adesione, corredata di tutte le informazioni anagrafiche e di ogni possibile recapito anche telefonico, deve essere presentata – prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale – all’ufficio che lo ha emesso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto mediante consegna diretta o a mezzo posta, sempre raccomandata con avviso di ricevimento. Nel caso di invio dell’istanza per posta ordinaria vale la data di arrivo all’ufficio, mentre vale la data di spedizione se inviata mediante plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. Entro 15 giorni dal ricevimento della domanda, l’ufficio formula al contribuente, anche telefonicamente, l’invito a comparire. Il raggiungimento o meno dell’accordo avviene in contraddittorio e può richiedere più incontri successivi, per la partecipazione ai quali il contribuente può farsi rappresentare o assistere da un procuratore. Se le parti raggiungono un accordo, i contenuti dello stesso vengono riportati su un atto di adesione che va sottoscritto da entrambe le parti. L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo stesso. Solo così, infatti, si può ritenere definito il rapporto tributario.
Versamento delle somme dovute
Il versamento delle somme dovute può essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23.
Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento:

  • in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto;
  • in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (12 rate trimestrali se le somme dovute superano 51.645,69 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto.

Questo istituto, offre degli indubbi vantaggi, dà al contribuente la possibilità di ridefinire la pretesa tributaria attraverso un contradditorio e se il procedimento si conclude positivamente, le sanzioni vengono ridotte a un terzo del minimo. Ancora più vantaggioso può essere l’abbinamento di questo istituto con il nuovo ravvedimento operoso. Per esempio in caso di notifica di un processo verbale di constatazione i contribuente potrebbe utilizzare il ravvedimento per le violazioni che sono meno difendibili poi, attendere la notifica dell’avviso di accertamento per ridefinire la rimanente pretesa tributaria attraverso l’accertamento con adesione. Se non si raggiunge un accordo, il contribuente può sempre presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso (o che sarà in seguito emesso) dall’ufficio. La domanda di accertamento con adesione sospende i termini per 90 giorni, portando la scadenza per la presentazione del ricorso da 60 a 150 giorni.

Note:
1. Gli strumenti deflattivi del contenzioso tributario sono l’insieme dei provvedimenti che il legislatore ha adottato, nel corso degli ultimi anni, per diminuire il ricorso dei contribuenti al processo tributario per la definizione di una pretesa erariale.
2. L’invito a comparire è l’atto attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria invita il contribuente a presentarsi presso gli uffici finanziari per discutere una pretesa tributaria.
3. Il processo verbale di constatazione è l’atto con cui si conclude l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza presso il domicilio fiscale del contribuente e in cui sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti
4. Gli avvisi di liquidazione e di accertamento sono gli avvisi, attraverso i quali, l’Amministrazione finanziaria richiede al contribuente il pagamento di imposte (avviso di liquidazione) o di maggiori imposte (avviso di accertamento) e fissa i termini entro cui adempiere.
5. Il ravvedimento operoso è lo strumento attraverso il quale un contribuente può regolarizzare versamenti di imposte omessi o insufficienti e altre irregolarità fiscali, in modo spontaneo, beneficiando di una riduzione delle sanzioni.
6. Le cause di preclusione al ravvedimento operoso sono le condizioni che fino al 31/12/2014 ne impedivano l’utilizzo da parte del contribuente, in particolare il contribuente non poteva più effettuare la regolarizzazione spontanea dal momento in cui erano iniziati i controlli dell’Amministrazione finanziaria o gli accessi della Guardia di Finanza.
7. I tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate sono: IRPEF, addizionali regionali IRPEF, addizionali comunali IRPEF, IRES, IRAP, IVA.
8. Compliance: l’insieme dei provvedimenti posti in atto dal legislatore per favorire l’adempimento dell’obbligazione tributaria.

Bibliografia:
1. Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Roma. Il nuovo ravvedimento operoso e riflessi sull’accertamento e sugli strumenti deflattivi del contenzioso tributario. Atti del Convegno 18 marzo 2015.
2. Batalocco P., Colasanti A, Gli istituti deflattivi del contenzioso tributario, justice.luiss.it 2014.
3. Fonti normative: Circolare n. 23/E del 09/06/2015; Art. 13 del D.lgs. n. 472 del 1997; DM 11/2/1997 n. 37; D.Lgs. 19/06/1997 n. 218.

 

L'articolo è stato pubblicato su Dental Trobune Italian Edition, gennaio 2016

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