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La sicurezza sul lavoro è ormai un tema centrale sui quotidiani, grazie anche alla massiccia campagna governativa per sensibilizzare l’opinione pubblica.
I controlli si stanno intensificando, aziende e lavoratori prestano più attenzione e il Legislatore ha emesso un nuovo e più completo Decreto (il n. 81/2008, in sostituzione della legge 626).
L’argomento è vasto, ma vista la prossima scadenza (il 31/12/2010) del termine per la valutazione rischio stress per le attività lavorative, soffermiamoci sull’art. 28 del D.Lgs 81/2008 e sulla valutazione “stress lavoro correlato”.
Cosa significa questo termine?
Il NIOSH (National Istitute of Occupational Safety and Heath), nel documento Stress at work del 1999, recita: “Lo stress dovuto al lavoro si può definire come reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore”.
L’Accordo Europeo sullo Stress sul Lavoro dell’8/10/2004 specifica, inoltre, che “è uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti”. A questa definizione si rifà anche il D.Lgs. 81/2008, art. 28, comma 1.
Per valutare la presenza di uno o più fattori di rischio stress, è necessario analizzare:
- la natura del lavoro. Alcune professioni (medici, chirurghi, infermieri, militari, vigili del fuoco ecc.) hanno in sé fattori stressanti non evitabili, quindi è possibile solo offrire ai lavoratori supporti per la gestione dello stress;
- l’organizzazione del lavoro. Gli orari (straordinari, lavoro su turni, turno di notte ecc.) e la mole di lavoro (troppo o troppo poco) sono indici per valutare se essi possano essere esposti a fattori stressanti;
- il clima aziendale. Forte turn-over, frequenti provvedimenti disciplinari, malcontento, assenteismo, danno un’immagine del clima a rischio stress dell’azienda.
Per la natura dell’attività, e a prescindere dal singolo caso, gli Studi odontoiatrici sottopongono i lavoratori (in primis il dentista), ad alcuni fattori di stress: il rapporto tra il medico e l’utente non è sempre facile; indispensabile, quindi, possedere forte capacità di flessibilità.
Su terzi hanno forti ripercussioni la qualità del lavoro dell’odontoiatra e dei collaboratori; il livello d’attenzione durante la prestazione deve essere mantenuto sempre ai massimi livelli.
Infine, data la presenza di possibili fonti di infezione, la sterilizzazione e i dispositivi di protezione individuale richiedono costante impegno.
Come si valuta il rischio stress?
Come da linee guida ISPESL (“La valutazione dello stress lavoro correlato - proposta metodologica”, marzo 2010), la valutazione si divide in due parti: valutazione dei fattori oggettivi e di quelli soggettivi.
La prima fase richiede la raccolta di dati relativi all’organizzazione tramite check list per identificare il livello di rischio in un’azienda: basso - medio - alto.
Sono da analizzare:
1. l’area Indicatori Aziendali: indici infortunistici, assenze dal lavoro, ferie non godute ecc.;
2. l’area Contesto del Lavoro: cultura organizzativa, evoluzione di carriera, autonomia e controllo decisionale, interfaccia casa lavoro ecc.;
3. l’area Contenuto del Lavoro: ambiente e attrezzature di lavoro, carico e ritmo, orario ecc.
Se la prima analisi colloca lo Studio nella fascia bassa di rischio, non si procede alla seconda fase, ma si deve comunque effettuare una nuova valutazione dopo 2 anni, e ipotizzare miglioramenti per singole aree o sotto categorie. È obbligo (art. 36, D.Lgs. 81/2008) informare i lavoratori sul rischio.
Se lo Studio si colloca nella fascia media o alta, si procede a una valutazione soggettiva. A prescindere dai risultati della prima, tale fase è obbligatoria in presenza di istanze per molestie sessuali e/o morali, di disagio lavorativo o di stress segnalati dal Medico competente.
Per valutare i fattori soggettivi, ai lavoratori vengono somministrati questionari atti a valutarne la percezione del rischio stress lavoro-correlato, cui possono seguire interviste semi strutturate o focus group. Tramite il raffronto con i risultati della prima fase, il datore di lavoro dovrà redigere con l’esperto un piano di intervento per eliminare i fattori di rischio riscontrati.
Resta inteso che, come da art. 29, comma 5, D.Lgs. 81/2008, gli Studi con meno di 10 dipendenti possono effettuare un’autocertificazione della valutazione del rischio stress, come di tutti gli altri rischi. Molti esperti legali e di sicurezza concordano però nel dire che si deve redigere il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) anche per attività sotto i 10 lavoratori, tanto più se si tratta di aziende costantemente monitorate dagli Organi competenti (in primis l’ASL), come gli Studi odontoiatrici.
Nel caso della valutazione del rischio stress a questa motivazione se ne somma un’altra che avvalora la necessità di andare oltre l’autocertificazione.
Infatti, se sviluppato in modo appropriato e con competenza, il tema offre la possibilità di trattare col team dello Studio argomenti che toccano la comunicazione, il clima aziendale, i problemi di gestione del gruppo di lavoro, il rapporto con gli utenti. I collaboratori percepiranno così l’attenzione da parte della dirigenza nei loro confronti e del loro vissuto lavorativo. Tale percezione permetterà, quindi, il miglioramento delle relazioni interpersonali e l’implementazione della produttività dello studio.
Per massimizzare i risultati, diventa importante la presenza di un esperto esterno che, con l’esposizione dei risultati della valutazione, possa chiarire il termine stress, sottolineandone la differenza da fenomeni quali mobbing e burn out e stimolandone il confronto tra parti per generare un clima positivo e di collaborazione.
Sara Luciani, Consulente per la sicurezza sul lavoro - Psicologa del lavoro e delle organizzazioni
Per contatti:
www.smstudioassociato.it
sara.luciani@smstudioassociato.it
Bibliografia
1. Accordo Europeo sullo Stress sul Lavoro dell’8 Ottobre 2004.
2. Decreto Legislativo n. 81 del 9 Aprile 2008.
3. Decreto Legislativo n. 106 del 3 Agosto 2009.
4. NIOSH Stress at Work, articolo n. 101 del 1999.
5. Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro, Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato – Guida operativa, INAIL 2010.
5. Network Nazionale per la Prevenzione Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro, La valutazione dello stress lavoro-correlato – proposta metodologica, ISPESL 2010.
6. Magnavita N. Strumenti per la valutazione dei rischi psicosociali sul lavoro. Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia 2008; vol. 30 n. 1.
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