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Le dentiste libere professioniste sono più esposte ai rischi professionali delle dipendenti dello studio?

Annalisa Crespi

Annalisa Crespi

mer. 15 febbraio 2012

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La maggioranza dei professionisti odontoiatri in Italia è titolare del proprio studio. Il personale dipendente, di solito femminile, si presenta sotto vari profili professionali: assistente alla poltrona, tirocinante, segretaria, cui si aggiunge da qualche tempo, la laureata in igiene dentale.

Per le donne dentiste invece, si profila soprattutto un’attività di collaborazione libero professionale presso studi associati o “service” ospedalieri, nonché di collaborazione mensile (per le ortodontiste e specialiste in pedodonzia e/o attività curative per i bambini).
Le attività che si svolgono presso lo studio odontoiatrico comportano rischi di natura professionale. Negli ultimi 10 anni molte normative in tema di sorveglianza sanitaria specifica sono entrate in vigore, perlopiù a tutela del paziente (normative specifiche di protezione) ma anche delle lavoratrici dipendenti dalle studio (Art. 15 Legge 8 marzo 2000 e successivi decreti). Quanto alla tutela della odontoiatra libero professionista, soprattutto in particolari momenti della vita femminile (gravidanza, puerperio e allattamento) non si riscontrano invece obblighi precisi se non quelli mutuati dal buon senso o dalla legge per la lavoratrice dipendente.
In uno studio odontoiatrico i rischi occupazionali per la salute, ben conosciuti, sono:
1. biologici infettivi da fluidi, da inalazione, da inoculazione, tagli con strumenti contaminati;
2. chimici da uso di molteplici sostanze inalate o da contatto, quali metalli, resine, gessi, disinfettanti, anestetici e reagenti di stampa per le pellicole radiografiche;
3. fisici, quali rumori e ultrasuoni, radiazioni ionizzanti, raggi laser e luce ultravioletta, nonché vibrazioni trasmesse da strumenti rotanti;
4. ergonomici da posizioni abituali di lavoro che producono problematiche muscolo scheletriche;
5. legati all’organizzazione del lavoro con problematiche da stress e da disagi lavorativi individuali.
I rischi specifici della donna odontoiatra in gravidanza sono legati a quelli generici sopra elencati, ma soprattutto alla postura adottata in gravidanza, a eventuali radiazioni ionizzanti, a contaminazione durante l’allattamento e allo stress. La gravidanza è solo un aspetto della vita quotidiana. Tuttavia certe condizioni che si considerano accettabili in situazioni normali possono non esserlo più in questo stato o nel periodo del puerperio e dell’allattamento. Per la donna in gravidanza, puerperio, o allattamento, molte attività lavorative possono costituire una condizione di pregiudizio o di rischio per la salute sua o del bambino. Di qui specifiche norme preventive a tutela delle lavoratrici madri. È previsto il generale divieto di adibirle al lavoro nei due mesi antecedenti e nei tre successivi al parto (congedo di maternità). In particolari condizioni è facoltà della lavoratrice chiedere la flessibilità del periodo del congedo di maternità (1 mese prima e 4 mesi dopo il parto, DLgs 26 marzo 2001 n. 151).
Non sentendo specificatamente l’obbligo delle dipendenti a sottostare alla normativa, ma non potendo essere spostata ad altre mansioni amministrative come le dipendenti, l’odontoiatra libero professionista lavora di solito finchè le possibilità fisiche glielo permettono, ritornando a svolgere il proprio lavoro non appena la forma fisica glielo consenta, con lo stress (notevole) legato a orari di allattamento, a turni con la baby-sitter, al dover ripristinare e gestire come prima il rapporto con i pazienti spesso con orari prolungati per ottemperare alla loro necessità.
L’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro ha redatto nel 2000 il profilo di rischio odontoiatrico presso l’azienda ASL di Roma (1200 addetti e 550 Aziende) dove si rilevavano infortuni anche di lievissima entità, legati perlopiù a strumenti da taglio e rotanti. Nessun dato risulta disponibile sulla malattia professionale delle odontoiatre, non essendo la professionista sottoposta a controlli. Nelle varie attività, chirurgiche, implantologiche, conservative e protesiche, nonché di sbiancamento sono stati tuttavia catalogati i seguenti rischi:
- infortuni derivanti da smontaggio/montaggio degli strumenti rotanti, eventi rari che possono provocare danni molto limitati (abrasioni, punture e tagli);
- esposizioni a vapori o nebbie dei prodotti disinfettanti (glutaraldeide, clorexidina) e al lattice di gomma per uso dei guanti protettivi;
- lesioni cutanee derivanti dall’utilizzo di acido orto fosforico;
- esposizione ad agenti biologici: rischio potenziale, minimizzato dall’utilizzo di guanti di protezione;
- malattie infettive a trasmissione ematica (HIV, HBV, HCV). Gli operatori, per la cronaca, non sono quasi mai vaccinati contro epatite B.
- rischi organizzativi. In numerosi studi si registra un mancato rispetto del tempo di attesa tra un paziente e l’altro come da procedure di disinfezione/aerazione dei locali. Per la maggior parte degli assistenti, risulta un’insufficiente formazione relativa all’uso di disinfettanti e alla necessità di aerare gli ambienti;
- esposizione a vapori di metilmetacrilato, a radiazioni UV per le lampade di polimerizzazione, limitata dalla presenza di schermi, a radiazioni ionizzanti derivanti dall’utilizzo di macchine radiogene. Rischio ipotetico, in relazione al controllo delle macchine e all’allontanamento dell’operatore al momento dello scatto;
- rumore, inferiore a 80 db(A) Lep d.
È stato rilevato inoltre un sovraccarico posturale della colonna vertebrale in toto, anche nei casi di miglioramento della situazione ambientale derivante da attrezzature di nuova concezione ergonomica (riuniti e sedie) e dalla formazione dell’operatore all’utilizzo di posizioni di lavoro corrette (posizionamento alle spalle del paziente, utilizzo della sedia). Le attività di sorveglianza sanitaria si riferiscono molto spesso solo ai dipendenti. Tuttavia, alla luce di quanto segnalato, anche i liberi professionisti dovrebbero essere informati sul significato e l’opportunità di sottoporsi a una corretta sorveglianza sanitaria. Per le donne sarebbe sicuramente necessaria una disposizione sociale più adeguata.
 

L'articolo è stato pubblicato per la prima volta sul numero 2 di Dental Tribune Italy.

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