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Protocollo clinico per il trattamento cosmetico di sbiancamento interno

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I. Franchi, L. Generali, L. Giannetti, U. Consolo

I. Franchi, L. Generali, L. Giannetti, U. Consolo

mar. 24 aprile 2012

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L’incessante aumento della domanda di trattamenti cosmetici del sorriso ha imposto a molti operatori del settore odontoiatrico una presa di posizione circa le differenze tra la terapia estetica e il trattamento cosmetico dei denti anteriori.

Introduzione
L’incessante aumento della domanda di trattamenti cosmetici del sorriso ha imposto a molti operatori del settore odontoiatrico una presa di posizione circa le differenze tra la terapia estetica e il trattamento cosmetico dei denti anteriori.
L’ultimo decennio è stato caratterizzato da una prepotente irruzione di miti e mode che hanno modificato sensibilmente il concetto di estetica del distretto testa-collo1.
Il sorriso viene interpretato da J.P.Sartre come “oggetto psichico”2 essendo percepito non per ciò che i denti sono (valore d’uso) ma per ciò che valgono (valore di scambio) in termini di efficacia comunicativa non verbale, di autostima, di giovinezza, di salute, di seduzione.
R. Barthes3 ha ben descritto il complesso fenomeno della forza centrifuga attraverso la quale l’interno è costantemente sospinto verso l’esterno, mostrandosi anche solo parzialmente, creando un misto di evidente e di nascosto in cui si intreccia il gioco estetico, dove la regola è far vedere il nascosto senza tuttavia distruggerne il suo carattere segreto.
K.Lorenz4 ha descritto il fenomeno come “addizione di stimoli” in quanto la combinazione di numerosi segnali produce, a livello visivo, un’impressione straordinaria che arriva a modificare il comportamento di coloro ai quali questi segnali sono rivolti.
L’armonia del colore del sorriso gioca un ruolo fondamentale nell’estetica del paziente riflettendosi sugli atteggiamenti comportamentali dello stesso.
Oggigiorno, infatti, le domande del trattamento cosmetico di sbiancamento sono sempre più frequenti.

 

Lo sbiancamento dentale
La permanenza nella camera pulpare di cementi endodontici aventi potere discromico (endomethazone), medicamenti canalari (pasta iodofoformica), così come la decomposizione di tessuto pulpare non adeguatamente rimosso durante la terapia canalare e materiali da otturazione che rilasciano sali metallici (amalgama d’argento) provocano la progressiva decolorazione dell’elemento dentale5.
I composti clorati sono stati introdotti per primi al fine di sbiancare i denti trattati endodonticamente6-10.
Alcuni anni dopo sono stati usati al fine cosmetico11 acido ossalico10, perossido di sodio11, ipoclorito di sodio o miscele di perossido di idrogeno al 25% e pirozono al 75%.
Harlan descrisse l’applicazione di perossido di idrogeno, Abbott quello del Superoxol (30% hydrogen peroxide, H2O2).
Prinz12 consigliò la detersione della cavità pulpare con perborato di sodio riscaldato e Superoxol lasciando la miscela per alcuni giorni; il cemento provvisorio garantiva il sigillo.
Marsh11 descrisse per la prima volta la tecnica di sbiancamento interno usando una miscela di perborato di sodio e acqua distillata.
Spasser13 e Nutting&Poe11 consigliarono l’utilizzo nella miscela di acqua ossigenata anziché acqua distillata per incrementare l’effetto sbiancante della miscela.
Per lo sbiancamento dei denti non vitali oggigiorno vengono generalmente utilizzati il perossido di carbamide o il perossido di idrogeno in combinazione con acqua ossigenata: l’ossigeno attivo rilasciato inizia il processo di sbiancamento.
Il perborato di sodio mescolato all’acqua ossigenata si scompone in metaborato di sodio, acqua e ossigeno nascente che va a ossidare il solfuro di ferro e gli altri agenti pigmentanti presenti nei tubuli dentinali.
Le procedure cliniche di sbiancamento interno dei denti devitalizzati iniziano con la valutazione del trattamento canalare del dente in questione.
Scopo del presente articolo è fornire, tramite la presentazione di un caso clinico, un dettagliato protocollo da seguire per lo sbiancamento ambulatoriale del dente discromico sottoposto a trattamento endodontico.

 

  1. Iter clinico
  • 1 Verifica radiografica della terapia canalare dell’elemento da sbiancare5.
  • 2 Isolamento del campo con diga di gomma (Figg. 1,2).
  • 3 Apertura della camera pulpare e rimozione del materiale endodontico sino a 2 mm oltre il margine gengivale5 (Figg. 2,3).
  • 4 Mordenzatura della cavità con acido ortofosforico al 37% per 60 secondi allo scopo di eliminare il fango dentinale e favorire la diffusione di ossigeno5.
  • 5 Applicazione del gel sbiancante a base di perossido di idrogeno al 12% all’interno della cavità5 (Figg. 2,3,7).
  • 6 Ogni 5 minuti rimescolare il gel con un pennellino e sostituirlo dopo 15 minuti; sospendere il trattamento nel caso in cui il paziente avverta algia nella zona interessata5.
  • 7 Quando l’effetto sbiancante è in eccesso rimuovere il gel5.
  • 8 Lavare la cavità con ipoclorito di sodio e quindi con acqua per neutralizzare la presenza di ossigeno nascente nei tubuli dentinali: ciò ostacolerebbe anche una minima polimerizzazione dell’adesivo smalto-dentinale5.
  • 9 Mordenzare per 30 secondi e applicare l’adesivo smalto dentinale: polimerizzare e chiudere la cavità con un batuffolo di cotone e materiale da otturazioni provvisorie5 (Figg. 2,3).
  • 10 Rivalutazione dopo due settimane: se il risultato è ottimale si procede con il restauro5 (Figg. 4-6).

 

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Discussioni
La tecnica descritta rappresenta una valida alternativa alla tecnica dello “sbiancamento ambulante” e alla tecnica termocatalitica nelle quali la percentuale di riassorbimento radicolare, uno dei più gravi effetti collaterali, è piuttosto alta.
Il riassorbimento radicolare, nella maggior parte dei casi, viene diagnosticato occasionalmente alla visione di lastre endorali ed è asintomatico14.
Il meccanismo responsabile non è stato ancora del tutto chiarito: è stato dimostrato15 che l’utilizzo di solo perossido di idrogeno al 30% o in soluzione con perborato di sodio risulta più tossica per le cellule del legamento parodontale rispetto alla miscela perborato di sodio-acqua15.
Lado et al16 sostengono che gli agenti sbiancanti conducono alla denaturazione della dentina nella regione cervicale del dente, responsabile di reazioni dentali.
Altri autori16,17 affermano che i tubuli dentinali siano colonizzati dai batteri stimolati dalla diffusione del perossido di idrogeno attraverso la dentina.
Harrington&Natkin18 sostengono che il perossido di idrogeno, attraverso i tubuli dentinali possa diffondere nel parodonto e causare infiammazione parodontale e conseguente processo di riassorbimento18,19.
Il perossido di idrogeno e i radicali liberi rilasciati, infatti, abbassando il pH, possono essere considerati come i fattori inducenti il riassorbimento19-25.
Per contrastare i processi osteolitici indotti dal pH acido, alcuni autori25.26 suggeriscono di aggiungere perborato di sodio alla miscela di perossido di idrogeno al 30% avente un pH compreso tra 2 e 3, in un rapporto di 2:1 (g/ml), in modo da rendere la miscela alcalina.
La risoluzione clinica del riassorbimento esterno può prevedere il trattamento del difetto tramite un accesso chirurgico27 oppure l’estrusione ortodontica seguita da una riabilitazione protesica a ricopertura totale24-27.
Quando nessuno di questi due approcci clinici è possibile, in caso di severo riassorbimento radicolare, l’unica terapia rimanente è l’estrazione dentale19,20.

 

Conclusioni
La discromia dentale, soprattutto nei settori anteriori, rappresenta un disagio psicologico per il paziente, motivo di richiesta cosmetica di sbiancamento.
Se i denti discromici sono stati trattati endodonticamente si può procedere con uno sbiancamento interno mediante prodotti del commercio a base di perossido di idrogeno. Oggigiorno, evitando l’apporto di calore, con l’utilizzo di preparati a base di perossido di idrogeno al 12%, al contrario della tecnica termocatalitica, si riducono al minimo, seppur non azzerandoli, i rischi di riassorbimento esterno inficiando l’integrità strutturale del dente.
Questo fenomeno, infatti, se diagnosticato tardivamente può portare alla perdita dell’elemento dentario.
Il clinico, tuttavia, deve valutare se sottoporre l’elemento discromico a tecniche di sbiancamento interno, con i possibili rischi di riassorbimento radicolare, o a trattamenti protesici indiretti meno conservativi.

 

La bibliografia completa è disponibile presso l'Editore.
L'articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Hygiene Tribune Italy 2012.

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