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Nuova normativa per un utilizzo agevolato del lavoratore a tempo parziale

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M. Lama

M. Lama

gio. 29 settembre 2016

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Una novità degna di nota, nel variegato panorama del lavoro a tempo parziale, attiene al cosiddetto part-time agevolato.

A seguito della emanazione della cosiddetta Legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015), difatti, i Ministeri del lavoro e dell’economia, con Decreto interministeriale del 13 aprile 2016, hanno definito le modalità amministrative attraverso le quali i lavoratori vicini alla pensione possono, su base volontaria, usufruire della trasformazione agevolata del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, consentendo di perseguire il doppio vantaggio di essere agevolati nel raggiungimento del traguardo pensionistico, fruendo di orari lavorativi meno gravosi, e permettendo contestualmente ai più giovani l’ingresso nel mondo del lavoro, in una sorta di costruttiva staffetta generazionale.

La rimodulazione del rapporto di lavoro passa per un accordo tra datore di lavoro e lavoratore/pensionando e l’orario lavorativo non potrà mai essere ridotto al di sotto del 60% qualora il rapporto a tempo pieno previsto dal contratto collettivo di riferimento sia di 40 ore. Nulla vieta, che il lavoratore possa svolgere lavoro supplementare, anche se con molta parsimonia, al fine di evitare che la trasformazione del rapporto di lavoro possa essere considerata, dagli organi di vigilanza, in fraudem legis cioè creata ad hoc al solo scopo di conseguire l’agevolazione senza alcuna riduzione effettiva dell’orario di lavoro.
Il contratto agevolato di part-time, una volta sottoscritto dalle parti, dovrà essere trasmesso alla Direzione del lavoro competente per territorio affinché entro cinque giorni rilasci autorizzazione d’accesso al beneficio nonché al Centro per l’impiego. Trascorsi inutilmente altri cinque giorni lavorativi dalla richiesta e senza comunicazione di diniego, l’istanza andrà trasmessa all’INPS che, a propria volta, dovrebbe rispondere entro i successivi cinque giorni.

A fronte della riduzione di orario, il lavoratore percepisce non solo la retribuzione riproporzionata ma anche un’ulteriore somma che corrisponde a quanto il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’INPS quale contribuzione per le ore non lavorate (nel caso di un part-time al 40% di ore lavorate, le 24 ore non lavorate). Quest’ultima somma erogata dall’azienda è omnicomprensiva e non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente (esente IRPEF) né viene assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, ivi inclusa quella relativa all’assicurazione INAIL (premi assicurativi).
Inoltre, l’INPS riconoscerà al lavoratore la contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che non abbia alcuna riduzione all’importo della pensione per il periodo di part-time agevolato. Per l’attuazione dell’agevolazione e per l’erogazione della contribuzione figurativa ai lavoratori che ne facciano richiesta, il Governo ha stanziato 60 milioni di euro per l’anno 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018. In considerazione di ciò, il numero di domande che potranno essere accolte saranno limitate rispetto alle prime stime fatte, che valutano in quasi 400 mila la platea dei potenziali lavoratori interessati.

La disposizione legislativa, tuttavia, riguarda i soli lavoratori dipendenti del settore privato che maturino, entro il 31 dicembre 2018, il requisito anagrafico per il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia e che abbiano, all’atto della trasformazione del rapporto, i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al predetto trattamento pensionistico di vecchiaia (versamento contributivo per 20 anni). Devono inoltre risultare iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle sue forme sostitutive con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Ne discende che a tale agevolazione non potranno accedere i lavoratori con rapporto a tempo determinato, ovvero che abbiano in essere un rapporto di lavoro part-time e/o siano dipendenti di una pubblica amministrazione, pur in presenza dei requisiti anagrafici e pur maturando il diritto pensionistico entro fine 2018. Restano altresì esclusi i lavoratori autonomi o i collaboratori coordinati e continuativi.

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