L’uso del microscopio in endodonzia

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L’uso del microscopio in endodonzia

Alessandro Genitori

Alessandro Genitori

gio. 13 giugno 2019

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Dental Tribune Italia ha avuto modo di intervistare il Dott. Alberto Rieppi in merito all’evoluzione dell’endodonzia e all’importanza che riveste l’utilizzo del microscopio in questa branca dell’odontoiatria.

L’endodonzia che ruolo ha oggi come parte integrante della clinica odontoiatrica?
L’endodonzia oggigiorno riveste un ruolo centrale in ambito odontoiatrico. Infatti, se ben eseguita, permette il recupero di molti elementi dentari compromessi da carie destruenti, precedenti terapie endodontiche mal eseguite o con estese lesioni apicali (granulomi). Queste, fino a qualche tempo fa per la mancanza di tecniche e tecnologie adeguate, venivano estratti e sostituiti con un impianto. Una pratica che talvolta è ancora presente oggigiorno, per la scarsa “cultura endodontica” di alcuni operatori. Non per niente negli Stati Uniti la figura dell’endodontista è vista come quella dello “specialista salva denti” - Endodontists: specialists in saving teeth. L’endodonzia oggi può essere paragonata alle fondamenta di una casa: senza di esse non è possibile costruire un’abitazione stabile e sicura nel tempo e nello specifico serve alla salvaguardia dei manufatti protesici, ossia delle singole corone, dei ponti o dei circolari.

Che ruolo ha avuto l’endodonzia nel sviluppare sempre di più trattamenti di tipo conservativo?
Al giorno d’oggi va molto in voga l’acronimo M.I.E. che sta per “Minimal Invasive Endodontics”, ossia Endodonzia Minimamente Invasiva. Il concetto espresso prima, ossia il recupero a vita dell’elemento dentale, sottintende una serie di fasi operative molto precise e che conservano al massimo la struttura residua del dente. Questo è sempre di più possibile grazie alle avanzate tecnologie che sono a disposizione del clinico. Parallelamente, la strumentazione meccanica per la sagomatura del canale e gli ingrandimenti giocano un ruolo fondamentale per la precisione e per l’accuratezza di tutte le fasi di una terapia endodontica richieste al clinico. Ingrandimenti che spaziano dagli occhialini galileiani a quelli prismatici fino ad arrivare all’eccellenza: il microscopio operatorio.

L’utilizzo dei microscopi operatori, come hanno concretamente contribuito nella pratica endodontico?
L’avvento del microscopio operatorio in odontoiatria e soprattutto in endodonzia ha cambiato completamente l’approccio diagnostico e terapeutico: infatti, oggi si possono proporre al paziente ed eseguire piani di trattamento per il recupero dell’elemento dentario che anni fa erano inimmaginabili. Questi trattamenti, a livello endodontico, danno una predicibilità di risultati molto elevata. Si pensi solo alla chirurgia endodontica, che non a caso oggi viene definita “micro endodonzia chirurgica”, ovverossia il dentista esegue una terapia endodontica per via retrograda rimanendo conservativo come quando la esegue per via ortograda. Cambia solo l’accesso, ma il risultato è in concreto uguale.

Quali sono, a suo giudizio, le caratteristiche del microscopio ottimale per l’endodonzia?
Sicuramente si tratta di un’apparecchiatura che può avere un importante costo, ma che permette anche grandi vantaggi. Le caratteristiche ottimali a mio avviso per un microscopio in endodonzia sono: obiettivo con distanza focale di 250 mm con un buon diametro per una migliore luminosità; oculare da 10-12X con zoom minimo fino a 20x e con regolazione delle diottrie, nonché la possibilità di visione anche con occhiali; un tubo binoculare orientabile a 90-180° per lavorare il più possibile in diretta e con la possibilità di regolazione della distanza bi-pupillare; un variatore di ingrandimenti motorizzato con messa a fuoco micrometrica; uno stativo a soffitto/parete e bracci di supporto meccanico bilanciati con frizioni meccaniche per orientare il corpo ottico.

Oggi nei moderni microscopi in endodonzia, vi è posto per l’esoscopio?
L’“esoscopio” è un dispositivo che viene collocato a una distanza di 25-75 cm dal campo operatorio, mediante un braccio di supporto, per consentire all’operatore maggiore libertà di movimento nell’area di lavoro. L’immagine ingrandita viene poi visualizzata su un monitor video. Si usa soprattutto in otorinolaringoiatria, neurochirurgia e microchirurgia generale. Tuttavia, un sistema digitale che registri tutto l’intervento eseguito in microscopia esiste già: è la telecamera in 3CCD o una fotocamera digitale che si applica, tramite partitore ottico, al corpo del microscopio e permette di filmare o fotografare, in parte o del tutto, l’intervento proiettando in contemporanea le immagini su un monitor. Sicuramente la funzione di tutto ciò è anche di marketing, sia per i colleghi, che così possono vedere cosa lo specialista sa fare e quindi potranno inviargli casi particolari in sicurezza, sia per i pazienti. La possibilità di salvare e archiviare in modo facile e sicuro immagini, video e dati del paziente durante un intervento in microscopia assicura una registrazione dettagliata e precisa della diagnosi e del trattamento eseguito e offre altresì una preziosa fonte di informazioni per corsi di aggiornamento, pubblicazioni, scambio con i colleghi e, infine, per tutelarsi da eventuali contenziosi medico legali. Medico ed assistente possono così collaborare comodamente, con una riduzione significativa dell’affaticamento. Inoltre, l’ingrandimento delle strutture anatomiche favorisce una maggiore precisione chirurgica e diagnosi accurate.

L'articolo è stato pubblicato su Dental Tribune Italian Edition n. 6/19.

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