Riceviamo con richiesta di pubblicazione la lettera inviataci da Carlo Ghirlanda con la quale egli annuncia le proprie dimissioni da Responsabile Culturale Nazionale dell'ANDI, spiegando le ragioni che hanno motivato la sua decisione.
Si può essere in opposizione all’attuale dirigenza ANDI e al tempo stesso appassionato promotore di un nuovo corso ANDI? Io penso di sì. Ho chiuso il mio 2016 con una decisione netta: le mie dimissioni da Segretario Culturale Nazionale. Il mio dissenso maturava ormai da mesi, ma tre sono stati i motivi scatenanti. In primo luogo la mancanza di trasparenza nonché i grandi conflitti di interesse dell’attuale dirigenza nazionale: è un capitolo molto triste, ne ho già parlato (vedi i miei post su Facebook) e non voglio ritornarci qui.
Poi la mancanza di incisività. Negli ultimi mesi abbiamo collezionato molte delusioni: il nuovo regolamento ministeriale sulle autorizzazioni all’esercizio professionale; il mancato rispetto delle leggi riguardanti il 730 precompilato da parte dell’Agenzia delle Entrate; il non recepimento delle istanze ANDI sul DDL concorrenza (e nulla c’entra ANDI con il nuovo recentissimo parere del MISE sulle società in Odontoiatria, seppur questo passaggio viene già e verrà ripetutamente rivendicato strumentalmente come vittoria dell’associazione); il criticabile appello all’autofinanziamento per sostenere le campagne di comunicazione ANDI; la opinabile declinazione del progetto FAS.
Sono solo alcuni degli esempi. E da ultimo, non certo per importanza, la mancanza di democrazia: in un’associazione che vuole rappresentare liberi professionisti la sua dirigenza limita sistematicamente il libero confronto delle idee, sino ad arrivare al punto di impedirmi di svolgere la mia funzione “politica” di dirigente nazionale.
Ho detto basta con questo modo di fare associazione. Ma non ho certo scritto “fine” al mio impegno in ANDI. Anzi: insieme a tanti amici riparto da oggi con una proposta di rinnovamento. Nei prossimi mesi vogliamo costruire una nuova proposta: l’abbiamo chiamata “Agenda del Fare”. “Agenda” perché vuole essere l’inizio di un dibattito interno che l’attuale dirigenza vuole sistematicamente spegnere. “Del Fare” perché questa nostra ANDI deve interpretare la sua missione di rappresentanza del lavoro professionale autonomo: facendo proposte competenti e concrete, trovando gli interlocutori istituzionali per ottenere risultati, qualificandosi come parte sociale accreditata nelle sedi decisionali. È un modo di operare che ben conosco e su questa strada penso che ANDI possa e debba orientarsi.
Oggi sulla strada del fare c’è subito un primo grande tema sul quale ho intenzione di muovermi, con tutte le alleanze che riuscirò a creare: la questione dell’equo compenso. Penso che l’esperienza e le condizioni maturate dopo le “lenzuolate” di Bersani impongano d’obbligo di considerare il tema di compensi commisurati alla qualità delle prestazioni erogate come un nuovo paradigma: per l’utente, che non sa più come orientarsi in un mercato perturbato dalle offerte al massimo ribasso; e per il professionista, che non vuole arretrare sulla qualità e sugli onorari della sua prestazione odontoiatrica.
Questo oggi è possibile! Una recentissima sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in merito ad un contenzioso dei procuratori legali spagnoli ce ne dà l’opportunità. In questa sentenza si sanciscono tre principi importantissimi: (a) stabilire compensi per le prestazioni professionali è legittimo; (b) normare le variazioni sopra e sotto tale compenso (nella sentenza si parla di 12%) è doveroso da parte del legislatore; (c) la delibera per il caso in esame (quello dei procuratori spagnoli) ha validità per le libere professioni in generale.
Su questo tema voglio che sia chiaro che ANDI può e deve muoversi, da subito, unitamente a tutte le alleanze che avrà la responsabilità politica di individuare per sostenere tale percorso. Si tratta infatti di un argomento di valenza trasversale in quanto la caduta dei compensi e della qualità dei servizi offerti attraversa tutto il lavoro professionale, ordinista e no.
Penso quindi ad uno schieramento ampio in cui finalmente ANDI faccia non solo valere il suo ruolo in Confprofessioni, modificando il percorso politico finora seguito in quell’ambito e dando finalmente valore alla partecipazione di ANDI in quel consesso, ma anche coinvolgendo tutti gli enti di rappresentanza delle professioni.
Noi sappiamo bene quante e quali realtà possono condividere questa battaglia: agiremo quindi come continuo stimolo nei confronti di ANDI perché si muova per ottenere questo obbiettivo.
Non voglio quindi solo aprire un dibattito, per poi chiuderlo senza nulla di fatto. Non è il mio stile e neppure credo sia d’interesse per la nostra categoria e il lavoro professionale in generale. Voglio lavorare per costruire un percorso di azioni concrete che arrivi a risultati tangibili. E partiremo dall’equo compenso per poi passare a tutti gli altri argomenti a fronte dei quali la nostra professione ha bisogno dell’azione capace di un sindacato forte ed autorevole.
Sono certo che sia una strada percorribile. E su questa mi muoverò, aperto ai contributi di tutti, ma deciso sull’obiettivo. Attendo le vostre idee: in questa testata, nella mia pagina Facebook, in qualsiasi spazio di discussione e collaborazione si aprirà nelle prossime settimane.
Io la mia via l’ho presa: fare il simpatico con una conduzione opaca non è il mio modo di intendere l’associazione. Sarò ANDIpatico: intransigente con l’attuale dirigenza nazionale e appassionato sostenitore di un’ANDI trasparente, concreta, autorevole.
A presto.
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