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L’acquisto dell’immobile da adibire a studio Professionale: una prassi poco diffusa

Alfredo Piccaluga

Alfredo Piccaluga

mar. 24 aprile 2012

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Analogamente a quanto accade nella sfera privata, anche nel contesto professionale l’odontoiatra può essere tentato di dar vita a un investimento duraturo acquistando l’immobile che ha adibito a studio professionale. In linea meramente teorica l’investimento parrebbe lungimirante.

Storicamente la proprietà immobiliare costituisce una riserva patrimoniale e anche la spesa periodica per un eventuale mutuo sarebbe più digeribile dei soliti canoni d’affitto, in quanto da intendersi alla stregua d’una capitalizzazione e non di un versamento a fondo perduto. Inoltre uno studio di proprietà è un punto fermo che garantisce una clientela fidelizzabile nei decenni e tutela da repentini aumenti locativi.
Eppure adibire a studio un immobile di proprietà è una scelta tutto sommato piuttosto sporadica. A determinare la reticenza vi ha provveduto negli anni il consolidarsi d’un contesto economico e fiscale scoraggiante. Da un punto di vista prettamente economico le spese per avviarlo o rilevarlo hanno raggiunto oramai cifre tali da spingere qualsiasi giovane odontoiatra a demandare al futuro ulteriori investimenti.

In termini fiscali ha invece provveduto l’Erario a dissuadere coloro che, ammortizzate le spese di avvio, hanno assaporato l’idea dell’investimento, generando confusione o aggravando l’onere fiscale, a seconda dei momenti. Negli anni il legislatore è infatti intervenuto a più riprese modificando le disposizioni aventi a oggetto i criteri di determinazione del reddito di lavoro autonomo di cui all’art. 54 del Tuir e anche la fiscalità immobiliare del professionista non è stata scevra di rimaneggiamenti. Alcune modifiche hanno carattere definitivo. Altre, invece, transitorio.
Questi rimaneggiamenti hanno spinto il Consiglio Nazionale del Notariato, categoria storicamente autorevole nel contesto immobiliare, a pubblicare lo studio tributario 64-2011/T, facendo il punto sugli aspetti fiscali dei beni immobili strumentali nell’esercizio di arti e professioni: l’acquisto dell’immobile, indeducibile dal reddito fino al gennaio 1985 è poi divenuto scaricabile sino al giugno del 1990.
Nuovamente decaduta l’opzione tra il 1990 e il 2006 se ne è riacquisita la facoltà nel triennio 2007-2009. L’art. 1, comma 334, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge Finanziaria 2007), sulla base del principio per cui un fabbricato può essere considerato strumentale per il professionista solo in caso di utilizzo esclusivo per l’attività (ex art. 43 del Tuir), aveva poi definitivamente confermato l’indeducibilità delle quote di ammortamento dei fabbricati a uso promiscuo acquistati dopo il 1° gennaio 2007, togliendo quindi “l’appeal fiscale” all’ipotesi dello “studio in casa”. D’altro canto, la stessa norma proponeva la deducibilità dei costi sostenuti per l’acquisto degli immobili strumentali o dei canoni di locazione finanziaria (leasing) per il loro acquisto. Opzione però decaduta già da fine 2009.

Anche l’ipotesi di acquistare un immobile a titolo personale e dedicarlo successivamente a scopi professionali, accatastandolo quindi come A/10 e affittandolo a se stessi, è stata recentemente esclusa dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 13/E del 2010. Ormai è decaduta anche la possibilità di acquistare un immobile strumentale per natura concedendolo in affitto a un collega odontoiatra. E non sarebbero deducibili le spese di acquisto né le successive quote di ammortamento.
La situazione attuale è, per ora, tanto lineare quanto sconfortante in quanto non si prevede più alcuna deduzione degli ammortamenti né della rendita catastale per un immobile adibito a uso professionale. Ma è davvero un limite? Tutto sommato no. Le varie agevolazioni fiscali delle quali hanno goduto negli anni taluni odontoiatri a fiscalità privilegiata sono state ampliamente controbilanciate dalle maggiori imposte dovute alle plusvalenze tassabili previste per la cessione di immobili di proprietà di professionisti. Senza contare che gli acquisti immobiliari diverranno sempre meno ambiti per effetto degli aumenti previsti dall’entrata in vigore dell’IMU, la nuova imposta sugli immobili e con la rivalutazione delle rendite già preannunciata col Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

Non bisogna comunque dimenticare che esistono possibilità alternative all’acquisto diretto di un immobile per lo studio. Come ricorda l’Andi, nulla vieta che l’immobile venga acquistato dal coniuge il quale, affittandolo allo studio odontoiatrico, otterrà un abbattimento fiscale del 15% sul totale pattuito nel contratto di locazione (interamente deducibili per lo studio) e non soggiacerà ad alcuna plusvalenza in caso di rivendita del bene a patto che avvenga oltre 5 anni dall’acquisto. Ancor più convincente l’ipotesi che l’immobile venga acquistato da una società immobiliare di famiglia e successivamente concesso in locazione allo studio odontoiatrico. La società dedurrà integralmente la spesa e lo studio gli affitti.

A dispetto di queste speculazioni, è comunque evidente che l’orientamento fiscale ha un atteggiamento storicamente preclusivo verso l’ipotesi dell’acquisto di un immobile da adibirsi a studio medico o odontoiatrico, il che spiega la scarsa diffusione del fenomeno nel tessuto economico italiano e demanda la scelta alla discrezione del singolo. Il quale, in barba a vantaggi o svantaggi fiscali, può comunque ritenere di investire in una struttura per ragioni meramente pratiche e organizzative, da tenere in maggior considerazione.

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 5 di Dental Tribune 2012 Italy.

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