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La tecnica di preservazione crestale associata alla chirurgia guidata per la sostituzione di un dente gravemente compromesso

Valutazione istologica della lesione cistica.
R. Rossi, G. Picciocchi

R. Rossi, G. Picciocchi

mer. 25 maggio 2016

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La paziente in questione si presenta alla nostra attenzione nell’estate 2014: donna di 47 anni con anamnesi negativa. La bocca era in buone condizioni di salute, il livello di igiene orale e gli indici parodontali (placca e sanguinamento) erano inferiori al 20%.

Il chief complaint della paziente riguardava il secondo premolare superiore destro e clinicamente mostrava una vecchia corona in ceramica con una recessione gengivale di 2 mm (Fig. 1). La RX periapicale metteva in evidenza un’ampia lesione cistica che si estendeva nella parte mesiale, in prossimità del primo premolare e in quella distale vicino al molare; nella porzione mesio-palatale il sondaggio parodontale era di 13 mm (Fig. 2).
Per questa ragione il dente veniva considerato irrecuperabile. La paziente veniva premedicata con amoxicillina 2 gr/die a partire dal giorno antecedente all’intervento. Il giorno dell’intervento, dopo anestesia locale con articaina 1:200.000, il dente veniva delicatamente rimosso, e così tutto il sacco cistico ad esso associato (Fig. 3), residuando una cavità profonda oltre 15 mm e larga 11 mm nella porzione più apicale (Fig. 4). La lesione cistica veniva rimossa, fotografata, misurata e inviata in formalina al dipartimento di patologia orale per una valutazione istologica (Fig. 5). La diagnosi di cisti odontogena di natura epiteliale fu poi confermata dall’esame eseguito. L’alveolo fu lavato con soluzione fisiologica, irrigato con clorexidina 0,12% e innestato con un biomateriale di origine xenologica collagenato (MP3 Osteobiol, Coazze, TO) (Fig. 6). Un innesto epitelio-connettivale prelevato dal tuber serviva come sigillo per la zona innestata.
L’alveolo, poi, mostrava un’immagine ove si notavano i confini della lesione e il riempimento ottenuto con l’innesto (Fig. 7). A distanza di 2 settimane, i tessuti molli si mostravano disinfiammati e si notava un certo mantenimento della festonatura gengivale (Fig. 8). A distanza di 10 mesi i margini della lesione cistica non erano più visibili ed era altresì interessante notare come l’innesto mostrasse un buon livello di mineralizzazione, indicando che buona parte di esso era stato sostituito da osso rigenerato (Fig. 9).
I tessuti molli mostravano perfetta stabilità e integrità (Fig. 10). A questo punto si procedeva alla presa di un’impronta digitale (Figg. 11, 12) e a una ceratura virtuale.

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Nello stesso tempo, la paziente veniva sottoposta a una radiografia con la sistematica Cone Beam, e i dati in formato DICOM venivano associati a quelli rilevati digitalmente con il software R2GATE (MegaGen, Italia) (Figg. 13, 14). Il software consentiva di pianificare l’inserzione di un impianto a vite di 4 mm di diametro per 11,5 mm di lunghezza di tipo AnyRidge® (MegaGen, Italia) e di preparare nel centro di produzione l’adeguata guida chirurgica (Figg. 15, 16) per poter inserire l’impianto stesso.
Tutto questo rendeva la procedura chirurgica rapida e indolore; nel giro di pochi minuti, venivano inseriti l’impianto e, visto l’adeguato ISQ, la corona provvisoria in resina avvitata preconfezionata, per sostituire il dente mancante (Figg. 17-19). La Fig. 19 evidenzia il buon adattamento della corona ai tessuti molli circostanti, e l’RX di controllo il posizionamento adeguato della fixture (Fig. 20). A 10 mesi dall’inserzione dell’impianto e della corona provvisoria si può notare la buona integrazione con i tessuti molli e specialmente il mantenimento dei volumi (Fig. 21) L’RX di controllo (Fig. 22) conferma la buona integrazione della fixture con mantenimento dei livelli crestali, ma evidenzia anche un’ulteriore maturazione e mineralizzazione dell’osso nell’area precedentemente distrutta dalla lesione cistica.

L'articolo è stato pubblicato su Implant Tribune Italian Edition, maggio 2016.

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