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La ricerca per A. Barone: «Fare con la testa quel che le mani possono affidare alla praticità quotidiana»

L. Grivet Brancot

L. Grivet Brancot

mer. 3 maggio 2017

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In odontoiatria sono tanti i ricercatori distintisi nel mondo che hanno aperto la disciplina a nuove frontiere. Tra questi Antonio Barone, docente all’Università di Ginevra, uomo attento alle novità della ricerca, pioniere d’intuizioni scientifiche con varie applicazioni cliniche e risultati incoraggianti.

Può dirci il come e perché per il nuovo incarico ginevrino?
Sono a Ginevra per una serie di accadimenti, coincidenze ed eventi positivi ed ho scelto quest’esperienza, facendo anche qualche sacrificio, volendo essere un ponte tra qui e l’Italia, la ricerca e l’università Italiana.
Odio infatti l’atteggiamento polemico e qualunquista degli esterofili, non amando parlar male dell’Italia né ritenendomi un “cervello in fuga”, perché dalla e con la ricerca non si va in fuga da niente, essendo la cosa più globale che ci sia. La ricerca studia la natura, dove non esistono inutili sovrastrutture in cui rinchiudersi. Studiare, far esperienza e ricercare è un fatto globale. Ecco perché mi sento ricercatore del mondo, anzi ricercatore italiano nel mondo.
In questa nuova esperienza mi porto l’Italia dentro, ricco dei valori della nostra amata terra: quell’intuito, freschezza, velocità di pensiero e creatività che ci rende unici. Mi sento italiano pur rispettando e amando i valori di una nuova terra che mi accoglie, con sue regole, pregi, piccole difficoltà, come in ogni luogo del mondo. Ciò che conta non è solo dove, ma il perché. Chi fa ricerca non ha tempo per sterili forme di appiattimento del pensiero, ama solo il progresso, dedica il tempo alla riflessione, quando è costruttiva.

Partiamo dal suo background “storico”…
Iniziai ad appassionarmi alla ricerca scientifica ed alle sue applicazioni cliniche già dalle prime fasi post-laurea all’Università di Napoli, città alla quale sono stato sempre legato per origine e per adozione affettiva. Sin dai primi anni, ho sempre visto l’Odontoiatria come scienza applicata, meravigliosa nel suo dualismo costante di pensiero e fatti. Ogni volta che si esegue un atto odontoiatrico si potrebbe giudicarlo un atto semplice, ripetitivo, spesso anche meccanico.
Ma non è cosi. In quel preciso istante stiamo in realtà attivando eventi biologici di assoluta complessità, di conoscenza profonda e dedicata. Nell’atteggiamento di chi fa ricerca si migliora la professione, chiedendosi il perché di ciò che fa e che avviene, controllando nel tempo differenze, annotando eventi diversi, positivi o avversi. Ricerca è fare con la testa quello che le mani possono anche affidare alla praticità quotidiana, ma con l’azione costante del dubbio. Con questo spirito di abnegazione, sacrificio, curiosità e coraggio, ho affrontato la mia carriera.

Ci dica anche del dopo…
Già nell’anno 1990 da Napoli andai negli Stati Uniti, dove presso il Centro di Bethesda “National Institute of Health” trascorsi il mio primo periodo americano (Summer Student), cui seguirono periodi presso l’Università di Buffalo e di Stony Brook (State University of New York): esperienze che aprono la mente, consentono di vedere oltre l’orizzonte, senza mai fermarsi. Tornato dagli Stati Uniti ho iniziato una collaborazione con il Prof. Ugo Covani (conosciuto negli USA nel 1992) con il quale abbiamo prodotto anni intensissimi di clinica e di pubblicazioni, fondando una Scuola di formazione ed aggiornamento ed avviando alla ricerca ed alla professione moltissimi giovani.

Parliamo anche di insegnamento?
È l’altra mia grande passione: prima all’Università di Genova e poi nella sede definitiva di Pisa. Ricerca e attività clinica, formazione ed educazione: per 20 anni ho svolto queste attività in una squadra meravigliosa. Sull’onda della passione ho diretto società scientifiche, scritto testi, collaborato con Aziende, creando con il nostro gruppo di lavoro una squadra attiva e sensibile, che mi auguro veda in me non solo un docente ma un riferimento, un collaboratore stimolante.

A quali progetti sta lavorando?
Moltissimi in più branche della professione. Sicuramente lo studio degli attuali farmaci e di quelli nuovi e loro interazioni con l’implantologia ed il cavo orale, la loro conoscenza e gestione: tra questi, il grande e lungo capitolo dell’antibioticoterapia. In secondo luogo i biomateriali e soprattutto come veicolare sostanze, fattori di crescita con le nanotecnologie, la proteomica di alcuni eventi biologici. Ed ancora: spunti di medicina predittiva, neoangiogenesi, rivascolarizzazione in chirurgia ossea ricostruttiva, bioassorbimento, biodegradazione, tecniche di chirurgia mini-invasiva, con uno sguardo nel profondo dove la biologia è più dettagliata, complessa entusiasmante.

Ai giovani cosa vorrebbe dire?
Un primo messaggio lo rivolgo ai miei colleghi docenti nelle Università Italiane: crediamo in questa istituzione. Università significa cosmo della conoscenza, diversità, entropia della conoscenza, eccellenza. Crediamo nei giovani, in loro e nelle loro qualità. Auguro a tutti loro di fare un percorso simile al mio, che dal niente porta lontano. Lo dico sempre ai miei allievi: bisogna sacrificarsi per vedere nuovi paesaggi, sognare e studiare, praticare oltre che pensare, applicarsi. Auguro a tutti però anche una vita di creatività infinita, fatta della semplicità delle piccole cose e della grandezza dei progetti più ambiziosi. Equilibrio tra sogni e sconfitte, tra ambizione e sofferenza: solo in tale dualismo vi è la sintesi di una possibile felicità.

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