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La Costituzione etica della professione

Annamaria Genovesi

Annamaria Genovesi

mar. 17 ottobre 2023

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La frequentazione del web mostra oggi un’immagine della professione ben lontana dai principi ed i valori etici del passato. Il professionista, che secondo la Costituzione etica della professione, “è colui che ha scelto di dedicarsi ai bisogni di salute della persona, della comunità e dell’ambiente” sembra concentrarsi sulla promozione di sé stesso.

Credo che l’igiene dentale abbia un grande bisogno di costruire un’immagine fondata sulla professionalità, rifuggendo da suggestioni che la società propone e che si configurano con l’espressione “influencer”. Il modello “influencer” cozza, a mio giudizio, con quella Costituzione etica, cui ho fatto riferimento più sopra, che recita ancora “Quando il professionista utilizza, a qualunque titolo, le reti digitali, il web e i social media, mantiene e tutela la dignità, l’onore, il decoro e la reputazione propri e della professione”.

Io credo che tutti noi dovremmo riflettere sul ruolo della nostra presenza nella società al fine di enfatizzare gli aspetti più importanti per la nostra crescita e il nostro lavoro. Anche l’Igienista dentale è un clinico e alla clinica dovremmo dedicare tutte le nostre energie. In altre parole, porre il paziente al centro del nostro mondo e dimostrare a lui la nostra dedizione, il nostro costante sforzo di essere all’altezza della situazione per offrire il meglio delle prestazioni possibili. Questo è il fine ultimo dell’aggiornamento e dello studio, piuttosto che l’appagamento del super Ego, l’auto compiacimento di esibire medaglie, talvolta anche di metalli vili. Dobbiamo porci la domanda sul perché abbiamo scelto una professione sanitaria e su come la facciamo. Credo che la spinta fondamentale alla professione e ai suoi sacrifici sia la vocazione a sentirsi utili e dovremmo farlo rifuggendo da semplificazioni, protocolli, linee guida, raccomandazioni sovente fondati su una generalizzazione delle patologie, su una biomedicina riduzionistica che tiene conto più della malattia che della persona, nella sua straordinaria unicità. Evitare di ridurre la nostra professione ad un rapporto tecnico, concentrato sugli aspetti procedurali per arrivare ad una più profonda “relazione di cura” incentrata sulla persona con cui, per il nostro ruolo, ci confrontiamo e finalizzata alla costruzione della sua salute. Solo lungo questo percorso, lontano dalle luci della ribalta e dagli effetti speciali del web o delle riviste patinate potremo essere realmente orgogliosi del nostro lavoro e del nostro ruolo nella società.

 

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