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“Evitare di ridurre la professione sanitaria dello studio dentale ad un rapporto tecnico”

lun. 27 novembre 2023

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Questa è l’ultima frase di un editoriale della Professoressa Annamaria Genovesi sulla rivista prevention international magazine for oral health n. 1/23 edita da Dental Tribune: “Evitare di ridurre la professione ad un rapporto tecnico concentrato sugli aspetti procedurali per arrivare ad una più profonda relazione di cura incentrata sulla persona con cui, per il nostro ruolo, ci confrontiamo e finalizzata alla costruzione della sua salute”.

Queste conclusioni mi riportano all’autobiografia del giornalista Tiziano Terzani, "Un altro giro di giostra", in cui compare una polemica nei confronti dei medici del moderno ed efficiente ospedale americano nel quale fu sottoposto alle cure del cancro, che chiama aggiustatori, per il rapporto che instaurano con il corpo “staccato” dalla persona. «Io ero un corpo: un corpo ammalato da guarire.

E avevo un bel dire: ma io sono anche una mente, forse anche uno spirito e certo sono un cumulo di storie, di sentimenti, di pensieri ed emozioni che con la mia malattia hanno probabilmente avuto un sacco a che fare! Nessuno sembrava volere o poterne tenere conto. Neppure nella terapia. Quel che veniva attaccato era il cancro, un cancro ben descritto nei manuali, con le sue caratteristiche di incidenza e di sopravvivenza, il cancro che può essere di tutti. Ma non il mio! A me come persona i bravi medici ― aggiustatori chiedevano poco o nulla. Bastava che il mio corpo fosse presente agli appuntamenti che loro gli fissavano per sottoporlo ai vari “trattamenti”».
Sandro Spinanti nel 2012 nel libro "Il corpo nella medicina contemporanea: il contributo delle medical humanities" alle pagine 177-187 scriveva relativamente al positivismo del secolo XIX, che ha continuato la sua influenza nel secolo XX e persino nel XXI «Applicato alla medicina, il positivismo tendeva a concepirla come scienza pura, fondata su fatti, su nudi fatti. La medicina si proponeva di essere neutra o indifferente rispetto alle questioni collegate ai valori; la scienza medica, nella sua purezza, si riteneva collocata al di là del bene e del male.

Assumendo il modo di conoscere proprio delle scienze naturali, la medicina ha cercato di adeguarsi a quella forma particolare di conoscenza che è fondata sulla razionalità e si acquisisce con l’osservazione e l’esperimento, secondo una particolare metodologia “critica”. In quanto scienza naturale, la medicina procede empiricamente. La sua base è costituita da fisiologia e patologia; disfunzione e malattia sono considerate come conseguenze di disturbi di processi materiali-organici. In questa prospettiva, la malattia non è più qualcosa che capita all’uomo nel suo insieme, ma qualcosa che succede ai suoi organi. Lo studio delle cause della malattia si restringe alla ricerca di mutamenti locali nei tessuti, nelle strutture cellulari e nella stessa costituzione delle molecole biochimiche fondamentali.

Il fatto morboso si ritiene compreso quando si può spiegare stabilendo il rapporto causa-effetto, sulla base delle leggi che regolano i fatti fisico-chimici. Da quando la medicina si è organizzata come scienza della natura, è cominciato per l’arte di guarire un periodo di splendore, sotto l’egida dell’efficacia e di realizzazioni mai raggiunte in precedenza. I progressi della chirurgia, della batteriologia, della farmacologia non sarebbero stati ottenuti, se la medicina non si fosse allineata tra le scienze della natura. Proprio questi successi, fungendo da rinforzo positivo, hanno portato a consolidare la convinzione che la strada imboccata fosse quella giusta, impedendo di rendersi conto dei pericoli insiti in essa».

Marco Mozzati nel libro uscito a luglio 2023 dal titolo "Gestione del percorso chirurgico implantare nei pazienti con malattie sistemiche" scrive nella prefazione: «La mission è sempre il bene del paziente e la riuscita dell’intervento riabilitativo passa anche, e soprattutto, attraverso la minimizzazione delle complicanze potenzialmente correlate alla sua condizione. Prima di intraprendere il percorso implanto-protesico di un paziente con patologie sistemiche, è indispensabile procedere all’analisi di una serie di parametri di rischio; quelli sui quali è sicuramente imprescindibile soffermarsi sono essenzialmente quattro. Il primo parametro prende in analisi il rischio emotivo. Il secondo parametro prende in analisi il rischio fisico-sistemico. Il terzo parametro da considerare nel percorso è certamente quello relativo al rischio di guarigione,. Il quarto parametro è, infine, relativo al rischio».

Dunque l’osservazione della bocca (e neppure dei semplici denti!) è l’ultimo parametro! Quanti valutano il rischio odontoiatrico globale secondo la valutazione Asa? Spesso non è neppure riportata nei case report pubblicati. In una intervista di prossima diffusione il Dott. Antonio Salierno, vincitore del Peers Award 2023 alla domanda su “Quanto conta la prima visita e come si svolge la diagnosi nei casi complessi?” risponde: «Ritengo che la prima visita sia in assoluto il momento più importante rispetto a tutto il percorso odontostomatologico che il paziente affronterà». E alla domanda “Perché un chirurgo e implantologo deve avere l’approccio del medico orale?” risponde: «Di certo l’approccio del medico orale consente di ottenere una valida alleanza medico-paziente e soprattutto di discriminare patologie che possono essere letali per il paziente prima di pensare alla riabilitazione protesica e implanto-protesica. Mediante questo tipo di approccio spesso vengono riconosciute correlazioni tra patologie sistemiche di cui il paziente è affetto e patologie odontostomatologiche».

Il 3-4 novembre a Siena si è tenuto il congresso annuale della SIOF, Società Italiana di Odontoiatria Forense, con contributi davvero importanti riguardo anche i rischi di errori dovuti alle macchine utilizzate in odontoiatra e dell’IA e i possibili conflitti legali con il paziente nello studio odontoiatrico, che il sovraintendente dell’Inail nella sua relazione definisce come il più complesso studio medico. L’intero congresso ci ha fatto capire che avere conoscenze di odontoiatria forense è indispensabile per qualsiasi clinico in odontoiatria, e a maggior ragione per un responsabile della struttura sanitaria.

Non è una materia rivolta sola per coloro che desiderano diventare odontoiatri forensi, ma per chiunque, compresi odontoiatri e igienisti generici. In una intervista al Dott. Roberto Molinari, di prossima pubblicazione, il dottore nell’ultima risposta dichiara: «Credo che avere nozioni di odontoiatria forense e risk management sia doveroso indipendentemente dalla “strumento” utilizzato digitale o analogico che sia». A conclusione di questo excursus, dal 2004, anno in cui ho iniziato a occuparmi di odontoiatria e dirigere testate odontoiatriche ho frequentemente assistito a discussioni se gli odontoiatri debbono avere o no un loro ordine indipendente. E la discussione periodicamente continua. Sembra quasi quella degli odontotecnici, a cui spesso i pazienti ancora si riferiscono parlando di un odontoiatra. Beh loro sono davvero dei tecnici! Ci si pone inoltre il problema se un odontoiatra debba o non debba considerarsi un medico orale.

Questa discussione mi fa capire che il tecnicismo di matrice positivista, dove un organo o una malattia non è parte del tutto, torni prepotentemente alla ribalta e gli indiscussi vantaggi della tecnologia digitale potrebbero indicare percorsi che solo un clinico sanitario inserito in un contesto di medicina anche interdisciplinare può governare a beneficio del paziente. E se i giovani corrono questi rischi, spesso questa proposta parte dai meno giovani.
Citerò pertanto anche in questo caso un passo dal libro di Spinanti: «la disposizione interiore dell’oblatività e le virtù personali sono ovviamente necessarie per l’esercizio dell’arte sanitaria: vir bonus, sanandi peritus, definiva il medico la tradizione ippocratica (dove “bonus” indica una costellazione di qualità che si aggiungono alla perizia professionale)».

Concludo con una citazione prestigiosa universale: “di questo sono certo se apriamo una lite tra presente e passato, rischiamo di perdere il futuro” - Wiston Churchill.

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