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Intervista a un designer del sorriso dai mille approcci

mer. 14 marzo 2018

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Secondo Christian Coachman, l’ortodonzia è una specialità che dovrebbe essere integrata nel Digital Smile Design (DSD), cosa essenziale per capirne l’importanza. Per un miglior DSD, occorre capire l’ortodonzia come specialità innanzitutto per comprendere in quali casi si potrebbe trarre beneficio dal movimento dei denti e secondariamente convincere i cultori della conservativa riguardo a tale benefit e infine aiutare il dentista a motivare il paziente i merito a tale opzione rafforzando l’accettazione.

Siccome gli allineatori di Coachman rappresentano il futuro quando si parla di movimento dei denti, la venuta a Venezia al secondo Congresso della European Aligner Society (EAS) è stata una buona occasione per prender parte a un evento dedicato ad allineatori e ortodonzia. Dental Tribune Online ha intervistato lo “smile designer” durante l’evento in cui ha presentato un corso post-congressuale su DSD e allineatori, in una intera giornata di lezioni e con una dimostrazione su paziente live.

Come è stato il suo avvio con l’Odontoiatria e in seguito con il DSD?
Intrapresi l’odontoiatria perché tutta la famiglia vi si era applicata. Mio padre, mio zio, mio nonno, tutti dentisti. Quindi deciso solamente di seguire la stessa linea, anche se mio padre non mi ha mai forzato a seguire le sue orme. Da ragazzo non sono mai andato nel suo studio né pensato di diventare dentista; tentare la scuola di odontoiatria per me è stata più che altro una decisione dell’ultimo minuto. Il mio sogno era quello diventare architetto o designer, ma per varie ragioni decisi che avrei probabilmente avuto una vita migliore se fossi diventato dentista. Non ricordo perché io preferii Odontoiatria ad Architettura, ma solo che alla fine mi trovai nel dentale.

Tutto ciò che riguarda l’arte e le caratteristiche visive mi ha sempre attratto e in qualche modo avermi indotto a entrare a Odontoiatria furono anche l’intuizione e il retroterra personale e così la scelsi senza sapere che sarei potuto diventare un architetto del sorriso e mi ci sono voluti un po’ di anni per scoprirmi davvero felice nella professione di dentista.

All’inizio, pensai di aver fatto un errore. L’avvio dei miei studi non fu per me molto piacevole e una volta finita la scuola odontoiatrica proseguii verso quella d’arte perché avevo capito di non voler diventare dentista. Ma nel primo anno di scuola d’arte, con insegnanti che spiegavano principi di armonia, proporzione, design e disposizione, la prima cosa che mi venne in mente fu il sorriso. Allora capii che avrei potuto diventarne l’artista. Tornai in Odontoiatria e iniziai il DSD. Non sai mai dove ti porta il destino, basta solo credere che tutto avviene per una qualche ragione. 

Potrebbe dire di aver avuto un mentore per guida in odontoiatria o nella vita?
C’è stato un mix, perché in odontoiatria in realtà ho avuto molti mentori, che è poi la scorciatoia per il successo il legarsi a delle persone che possano avviarti su quella strada. La maggior parte dei miei mentori sono state persone impegnate in un’odontoiatria interdisciplinare, cioè persone in grado di vedere l’immagine più ampia, non focalizzati sui dettagli di una singola specialità, ma in grado di vedere i collegamenti in un approccio onnicomprensivo: Marcelo Calamita, un protesista brasiliano, Paulo Kano, famoso odontotecnico anch’egli brasiliano. Essendo stato odontotecnico, ho lavorato inoltre con quasi tutti questi dentisti: John Corey, David Garber, Maurice Salama, Galip Gurel e Nitzan Bichaco.

Quando questi modelli cominciarono ad entrare nella mia vita, i miei genitori erano in piena carriera ed anch’essi hanno avuto (ed hanno ancora) un forte impatto sulle mie scelte. Uno dei miei nonni, uomo d’affari anch’egli ebbe grande influenza su di me. La vedo ora che mi sto muovendo dalla clinica alla gestione del mio personal business; riesco ora a capire di aver molto imparato da lui. Poi ci sono persone che per me sono degli idoli e che non ho mai incontrato; il pilota brasiliano di Formula 1 Ayrton Senna è uno. È stato un esempio per me come persona, grazie alla sua ambizione, al suo impegno e determinazione di far sempre meglio, di rompere gli schemi, per diversificarsi dalla media, costruendo una carriera in un modo molto intelligente.

Sembra che molti dentisti specializzati in conservativa abbiano studiato e lavorato come odontotecnici. Lo ritiene un prerequisito per diventare un grande nella conservativa o basta che uno lavori con un odontotecnico di talento?
È impossibile essere un buon dentista di conservativa senza comprendere la tecnologia dentale. Per diventare dentisti molti odontotecnici hanno frequentato la Scuola di odontoiatria. Io ero entrambi, ma ho deciso di continuare a lavorare come odontotecnico. La maggior parte delle persone che diventa dentista è anche odontotecnico, mentre io ho fatto il contrario, avendo l’opportunità di lavorare con molti grandi dentisti e di collaborare come tecnico. In questo modo, ho collaborato con molti miei mentori e questa è stata un’interessante decisione perché mi ha reso unico. Sebbene potessi lavorare come dentista, ho preferito lavorare come tecnico per un dentista.

Questa conoscenza e comprensione della specialità dell’altro permette una migliore e più veloce comunicazione. Possiamo pianificare insieme su un diverso livello.

Penso che, prima di essere un ottimo specialista, uno abbia bisogno di essere un fantastico generalista. Uno ha bisogno di capire un po’ di tutto, avere una comprensione globale. È quindi possibile scegliere cosa amiamo di più e specializzarci in quel campo. Il problema è che alcune persone si specializzano senza avere visione d’insieme e penso che questo sia un limite.

Quale ritiene siano le competenze più importanti per diventare un designer del sorriso?
Un problema dell’odontoiatria è l’articolazione in varie specialità. Esempio? Per me è un grande onore essere qui, perché l’ortodonzia per me è come un nuovo mondo. Mi permette di capire, realizzare che ne sapevo molto poco come gli ortodontisti sanno poco del mio, l’odontoiatria conservativa. Occorre colmare questa lacuna, visto l’importanza che ha tale conoscenza reciproca per diventare uno smile designer.

Se uno è un ortodontista, è un designer del sorriso; se uno fa endodonzia è anch’egli un designer del sorriso, così come lo è chi fa chirurgia ortognatica. Un vero designer del sorriso deve fare tutti questi collegamenti, eppure ma sfortunatamente la separazione tuttora esiste. Dobbiamo metterci in testa che al paziente non importa quale sia la propria specialità. Come dentista si deve diventare un esperto orofacciale, andare oltre l’odontoiatria, capire il viso, la dinamica labiale, la chirurgia plastica, la dermatologia, un po’ tutte le specialità, perché il paziente ha diritto ad una pianificazione globale per capire cosa per lui sia meglio, di comprendere andando oltre i confini delle specialità per avere una visione globale. Questa è la principale competenza di un moderno designer del sorriso, ossia avere una visione d’insieme. Deve capire gli elementi basi per poter comunicare al paziente quali sono le varie possibilità. Diventeremo moderni designer del sorriso quando conosceremo meglio le varie particolarità e saremo quindi in grado di lavorare come un team di specialisti di varie discipline.

A tal proposito, la formazione continua è molto importante. Per i dentisti è un obbligo anche in Brasile
Purtroppo no, anche se penso che il mercato stesso spingerà le persone in questa direzione. Essere un esperto orofacciale completo ha un grande significato per il paziente e credo che lo si capisca. Quando uno si reca da un medico, non vuole che comprenda solo l’area dove egli ha dolore, lo vuole con una visione più ampia, per capire i collegamenti del suo dolore con l’intero corpo. Così anche per il dentista: prima di andarci, uno vuole un professionista che sappia vedere tutto e che perciò possa far riferimento a lui.

Il dentista può aiutare il suo o sua paziente molto più di quanto si possa immaginare. Mi piace il concetto dell’ortodontista William Arnett, uno dei massimi chirurghi ortognatici, il quale dice che se uno vuole diventare un vero dentista, deve prendersi cura del viso dal punto di vista estetico, delle vie aeree perché il paziente ha bisogno di respirare bene per essere in salute e del morso perché l’occlusione è un fatto essenziale, che collega l’intero corpo anche in termini di postura e bilanciamento, etc… Abbiamo cioè bisogno di ampliare la nostra visione.

Lei è spesso relatore a congressi. Vi prende parte, talvolta, per ampliare le proprie conoscenze?
Non conosco congressi ortodontici: questo è uno dei primi cui ho partecipato, ma nell’area della conservativa, della parodontologia, implantologia, etc… molti relatori stanno diventando quasi noiosi perché sembra che si stia parlando delle stesse cose da una decina d’anni. Un congresso ideale dovrebbe soddisfare tre aspetti, tre tipi di relatori: l’oratore ultra specializzato, che va in profondità esplorando i modi migliori per fare le stesse cose che stavamo facendo prima. Solitamente i congressi sono troppo impegnati ad avere questo tipo di presentatori. Ma credo che un altro terzo dovrebbe essere generalista coloro cioè che considerano e riferiscano della figura nel suo complesso, per esempio di integrazione olistica collegando la visione ortodontica con la presa in cura della salute in generale dell’essere umano come di un insieme. Infine un altro terzo degli oratori dovrebbe venire a parlare d’innovazione, di tendenze di atteggiamenti mentali fuori del corso. Questi tre aspetti per me sono importanti per dare qualità a un congresso.

Potrebbe citare un esempio di congressi caratterizzati da questi tre elementi?
Vi sono alcuni meeting odontoiatrici nel mondo che partono da una fusione reale di queste tre aree. Un ottimo esempio è il simposio organizzato negli Stati Uniti dal Seattle Study Club, una forte organizzazione. Il programma prevede oratori ultra specializzati, fantastici generalisti che parlano di cura complessiva e relatori che presentano tendenze, innovazioni, nuove idee. Per questa ragione, è un congresso cui di solito partecipo. Abbiamo anche ogni due anni il congresso DSD: il primo l’abbiamo tenuto l’anno scorso in Canada usando nel nostro programma la stessa formula.

L’Odontoiatria sembra esser progredita talmente in termini d’innovazione, nuovi prodotti, sistemi, possibilità, che appare difficile immaginare quanto possa essere fatto di più.
L’odontoiatria sta attraversando un periodo insolito per via della tecnologia, ma anche per le tendenze di business e marketing. Le imprese stanno cominciando a investire. È un periodo particolare ed eccitante, a volte inquietante perché i cambiamenti sono rapidi e numerosi, ma dobbiamo esserne lieti perché è una fortuna essere dentisti in un’epoca in cui stanno accadendo tante cose interessanti. La tecnologia sta rendendo la professione molto più apprezzabile e interessante per il paziente. Per i non dentisti l’odontoiatria credo fosse sempre un tema noioso, ma oggi è diverso: i pazienti sono gradevolmente eccitati nell’apprendere gli sviluppi e i possibili obiettivi dell’odontoiatria.

Non sono sicuro quindi che ciò che viene presentato durante i congressi sia davvero ampiamente usato dai dentisti. Fino a che punto ritiene che queste tendenze e nuove tecnologie davvero trovino la loro strada negli studi?
Penso che ci sia una tendenza a ultra complicare le cose. La realtà sul palco, nella ricerca, nelle università e nelle conferenze, comparata con la realtà nello studio dentistico, quando si ha bisogno di rendere felice il paziente, seguire principi etici basici, come fare denaro e portare avanti un’attività significa che uno abbia bisogno di trovare un bilanciamento tra i due per fornire una cura di cui andar fiero.

L’approccio digitale è appena all’inizio: è un enorme cambiamento di paradigma e richiederà tempo. La gente combatte contro i cambiamenti e non ama cambiare, preferendo la propria zona di comfort, ma questo non solo in odontoiatria. C’è un tempo per il cambiamento, quindi ci sono i primi pionieri, le persone che hanno una visione di business, che fanno davvero affari con queste nuove idee, e dopo pochi anni la maggioranza comincerà davvero a salire a bordo. Questo è il processo della vita. Le persone intelligenti e quelle che davvero beneficeranno da questi cambiamenti sono quelle che capiscono come incorporare queste idee e creare un modello di business attorno ad esse.

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