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Implantologia dentale: evoluzione o la strada per la rovina?

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A. Alani

A. Alani

mer. 2 settembre 2015

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I dentisti di tutto il mondo avranno l’opportunità di aggiornarsi su tutte le novità in tema di restauri supportati da impianti nel corso della settimana a EuroPerio8. In questo articolo, Aws Alani, consulente al Kings College Hospital di Londra, descrive le difficoltà della moderna terapia implantare e spiega perché più veloce non significa necessariamente migliore. I denti sono strutture evolute, sviluppate progressivamente nel corso di milioni di anni, nel tentativo di proteggersi dalle carie e dalle malattie parodontali.

Nel corso degli anni, molti progressi sono stati fatti nel trattamento di queste malattie prevedibili. Diverse strategie sono state sviluppate per impedire o rallentare questi problemi con una sufficiente compliance del paziente e un’appropriata pulizia personale e professionale. Nonostante questi miglioramenti molto significativi, ci sono ancora casi in cui ai pazienti viene comunicato che un dente deve essere estratto. L’evidente tristezza, angoscia o la disperazione che questa brutta notizia causa ai pazienti ha spinto i clinici a trovare il modo per sostituire i denti con vari dispositivi, tra cui protesi, ponti e protesi su impianti.
P.-I. Brånemark, ora purtroppo scomparso, notoriamente affermava scherzando: «Nessuno dovrebbe morire con i propri denti in un bicchiere d’acqua accanto al loro letto». La sua ispirazione originale accoppiata alla determinazione, l’intuizione, la passione e la capacità di circondarsi di una grande squadra di persone con competenze diverse, ha reso l’osteointegrazione molto più prevedibile. Gli studi di Brånemark hanno cambiato drasticamente la protesica dentale, ma uno sguardo attento alla progettazione di questi protocolli e agli impianti stessi rivela che erano enormemente differenti dai protocolli di selezione dei pazienti e dalle tipologie di impianti in essere oggi.
Inoltre, i restauri supportati su di loro sono stati fatti sui materiali di allora e obbedivano a leggi meccaniche tradizionali. In termini di detersione biologica, il metallo lucido dell’abutment “highwater” è riconosciuto per l’ottimale pulizia interprossimale, mentre la superficie dell’impianto era relativamente liscia in confronto alle superfici più ruvide che spesso vediamo oggi. La saturazione del mercato, il costo, il profitto e la quota di mercato in molti mercati a orientamento tecnologico, spesso direzionano l’innovazione a una sorta di cambiamento, che consenta di ottenere una maggiore quota di mercato o di profitto. L’eccessiva commercializzazione dell’odontoiatria in genere crea un fatturato costante di presunti “nuovi e migliori” prodotti, in cui il comune denominatore di “if it ain’t broke don’t try to fix it” si perde in molti direttori marketing o amministratori delegati che orientano invece la crescita al profitto.

Perché e dove?
Il bisogno di rispondere a domande quali “da dove deriva questo cambiamento tecnologico in implantologia e quali sono i veri motivi perché debba avvenire?” devono essere esaminati. Sempre più spesso l’ombra delle perimplantiti pone uno spettro sulla fornitura di impianti. A differenza delle carie o della malattia parodontale, c’è ben poco consenso e ricerca in grado di indicare una cura prevedibile per quello che ormai è un nuovo genere di malattia. La perimplantite è implacabile una volta insediata, e insieme ai problemi di riassorbimento osseo e dei tessuti molli che ne seguono, può provocare problemi importanti. Parte del problema fondamentale risiede probabilmente nella superficie esposta nel cavo orale del paziente, suscettibile di insediamenti di microrganismi. Il contenuto batterico e il make-up del biofilm sono un riflesso della superficie su cui risiede. Le superfici degli impianti sono diventate progressivamente più ruvide al fine di accelerare i processi di osteointegrazione in primis, e cercare di fornire ai pazienti il restauro protesico più velocemente, tra l’altro in un contesto finanziario sempre più competitivo.
Tuttavia, la velocità non è sempre un fattore che aiuta. L’esperienza dimostra che alcune cose sono meglio se raggiunte gradualmente.
Una volta esposta nel cavo orale di un paziente suscettibile, la macro-topografia delle filettature fornisce una nicchia ecologica ideale per la proliferazione batterica. Ulteriori caratteristiche a livello micro rendono la superficie implantare una vera “super strada infiammatoria” per gli organismi patogeni. Abbastanza prevedibile, i microrganismi presenti sulla superficie ruvida sono di solito patogeni comuni, ma sono state trovate specie precedentemente mai scoperte nella cavità orale.

Problemi di selezione dei pazienti
Dobbiamo considerare i tipi di pazienti a cui proponiamo la fornitura di un impianto. Al King’s College Hospital, i criteri per sostenere la fornitura di un impianto in gran parte coinvolgono pazienti con ipodonzia e coloro che hanno subito un trauma. Di solito, prima di considerare qualsiasi restauro, per non parlare di un impianto, entrambe le arcate devono presentarsi ben tenute, la dentatura minimamente restaurata o con margini di miglioramento della salute orale. Purtroppo, non siamo in grado di fornire questo trattamento per i fumatori.
Tutto questo è in netto contrasto con i pazienti a cui possono essere inseriti impianti in medicina generale e specialistica, rispetto ai pazienti che possono aver perso i denti a causa di malattie parodontali. In effetti, potrebbe essere considerato un paradosso da molti osservatori interessati il fatto che alcuni clinici stiano proponendo ai pazienti le protesi su impianti mantenuti quando questi hanno dimostrato di essere molto inclini a disagi associati alla placca, alla perdita dei denti e non hanno dimostrato alcuna reale capacità di cambiare. I pazienti che fumano, quelli con una storia di parodontite e quelli con scarsa igiene orale sono ben noti per avere un rischio significativamente più alto di perimplantite.

Biologia versus problemi meccanici
Naturalmente, i batteri patogeni che inducono a malattie non sono l’unico problema a lungo termine che stiamo osservando. La frequenza riferita a complicazioni meccaniche è cresciuta negli anni, ma i problemi segnalati sono probabilmente solo la punta di un iceberg, perché molte complicazioni non hanno e non saranno riportate per una varietà di ragioni comprensibili. Nel corso del tempo, i componenti della protesi hanno mostrato notevoli carenze. Allentamento della vite, viti fratturate, pilastri sciolti e la rottura della ceramica possono essere problematiche laboriose e costose da gestire. Un aspetto che può essere tralasciato in alcuni è che, mancando un legame parodontale con l’impianto, non può e non sarà mai in grado di acclimatarsi al mutare delle forze non assiali e occlusali. Queste sono molto soggette alla creazione di tensioni all’interno del sistema masticatorio con conseguenti rotture.
Queste forze sono aggravate notevolmente se il paziente presenta parafunzioni giornaliere, che a volte sono un fattore di rischio sconosciuto fino a quando è troppo tardi. Più impianti posizionati solitamente tra un minore numero di denti, con conseguente netta riduzione alle risposte fisiologiche, creano così una maggiore probabilità di fallimento di qualche tipo.

Questioni etiche, morali e legali
Questi problemi diventano molto più preoccupanti dal punto di vista etico, del consenso informato e delle prospettive medico-legali. Questo è particolarmente vero quando i pazienti vengono convinti a sottoporsi a estrazioni elettive di denti che sembrano spesso ragionevolmente intatti o curabili con le strategie di trattamento convenzionale.
Pare che vi sia una deriva preoccupante verso il trattamento aggressivo con estrazioni in modo da fornire una supposta riabilitazione totale con impianti multipli. La pratica sempre più dubbia di sacrificare i denti per il bene degli impianti sembra essere per molti clinici esperti piuttosto irrazionale. Secondo l’etica degli operatori del dentale, rimuovendo deliberatamente denti salvabili al fine di operare una sostituzione protesica utilizzando impianti a supporto, consapevolmente a dispetto della sempre più evidente prova delle varie complicazioni che creano le protesi, tale approccio è considerato sciocco da molti. Quanti impianti metteremo sinceramente a noi stessi o a un nostro parente?

L’obsolescenza pianificata
Lo stato dell’arte dell’implantologia odierna è probabile che già domani sia obsoleto. La rimozione elettiva dei denti è irreversibile e sostituire i denti con i dispositivi supportati da impianti significa che i pazienti sono intrappolati nell’era dell’implantologia in cui questi sono stati installati e si è svolto il restauro; questo significa quindi problemi delle lavorazioni, sabbiatura di superficie, rugosità, platform switching, design e tentativi di rigenerazione dell’osso con derivati di bovino, corallo o sostanze californiane. La lista potrebbe continuare a lungo e probabilmente continuerà a espandersi con quello che molti potrebbero considerare una “sperimentazione su umani” senza licenza.
Adesso arriva il momento per i produttori di impianti per fare il punto su loro numerosi errori “orientati al mercato”, compresa l’integrazione iniziale veloce con il maggior numero possibile di superfici sempre più difficili. Invece hanno bisogno ora di un produzione testata (cioè non speculativa), progettata per prevenire al meglio i ben noti problemi di infezione e di rottura. Un approccio pragmatico e saggio sembra essere quello di concentrare gli sforzi di tutti su risparmiare i denti naturali e renderli utili a seconda dell’aspettativa di vita dei pazienti. Recentemente, il celebre professor Jan Lindhe, intervistato dal British Dental Journal, ha riassunto la situazione attuale in questo modo: «Vi è un uso eccessivo di impianti nel mondo e un sottoutilizzo dei denti come obiettivi del trattamento».

L’articolo è stato pubblicato su today EuroPerio8 London 4 June, 2015.

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