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I neo Albi delle professioni sanitarie e il parere contrario dell’Antitrust

Chiara Pergolizzi

Chiara Pergolizzi

lun. 30 luglio 2018

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Sono già 35.000 i professionisti sanitari che, dal primo al 24 luglio hanno avviato la procedura per l’iscrizione al “maxi Ordine” che li comprende. Tra questi 3.255 igienisti dentali hanno risposto all’appello ma rappresentano solamente il 41% della popolazione professionale stimata.

«Dal 1° luglio 2018 i professionisti sono tenuti a presentare la domanda di iscrizione, essendo disponibili tutti gli elementi normativi, procedurali e tecnologici necessari» – precisa Alessandro Beux, presidente della Federazione nazionale ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (TSRM-PSTRP). Una procedura completamente dematerializzata attraverso il sito tsrm.org che assicura ad ogni professionista in tutto il territorio nazionale di avviare la domanda di iscrizione online.

«Oltre alle difficoltà dovute a errori di compilazione o di caricamento dei documenti, la principale criticità è relativa alle incertezze sui tempi entro i quali iscriversi all’albo – spiega Beux –. La Legge 3/2018 ha ribadito in modo chiaro l’obbligatorietà di iscrizione: “Per l’esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie, in qualunque forma giuridica svolto, è necessaria l’iscrizione al rispettivo Albo” [Capo II, art. 5, comma 2]». A tal proposito è doveroso sottolineare come l’esercizio di una professione sanitaria in assenza d’iscrizione si configura come abusivo, perseguibile ai sensi dell’art. 348 CP, così come modificato dall’art. 12 della legge 3/2018.

«I 18 mesi di cui all’art. 5 del DM 13 marzo 2018 (cioè il tempo che hanno a disposizione ed entro il quale devono provvedere a iscriversi) non sono un lasso temporale a disposizione dei professionisti bensì un tempo per gli Ordini che, in assenza delle Commissioni d’Albo, per al massimo un anno e mezzo potranno disporre dei RAMR (Rappresentanti designati dalle Associazioni Maggiormente Rappresentative), per la prima delle funzioni che la legge 3/2018 pone in capo alle stesse Commissioni». In loro assenza, nessuno potrebbe proporre le iscrizioni dei professionisti al Consiglio direttivo dell’Ordine, precludendo a monte la possibilità di dare corso al disposto normativo di partenza.

Suscita apprensione il parere emesso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che boccia la riforma delle professioni sanitarie asserendo «L’Autorità osserva con preoccupazione l’ampliamento del numero degli Ordini professionali in materia sanitaria previsto dalla c.d. Legge Lorenzin. A fronte di tale riforma –continua – l’Autorità ricorda che in passato è intervenuta più volte proprio in materia di professioni sanitarie, delineando un orientamento specifico nell’ambito di quello generale sulle professioni. In particolare, nelle segnalazioni, è stata evidenziata la non opportunità di costituire nuovi Ordini e Albi per le professioni sanitarie non mediche, se non – puntualizza – in casi eccezionali».

A tal proposito, nel dare risposta alle molteplici domande, è da sottolineare che il parere dell’Antitrust non cambia in alcun modo la legge n° 3/18 e quindi anche il processo di iscrizione. «Più che difficile da condividere – precisa lo stesso Beux – è un parere difficile da comprendere. L’impressione è che l’Antitrust si sia espresso senza avere ben chiara la situazione in merito alla quale l’ha espresso».

Dall’esame della legge emerge infatti che non è stato costituito nessun ulteriore Ordine professionale bensì è stato operato un adeguamento dei collegi preesistenti che hanno mutato la denominazione in ordini, e gli stessi hanno accolto i neo istituiti albi. A fronte di ciò sembra che il parere contrario dell’Antitrust sia principalmente rivolto alla creazione dei nuovi Albi per le professioni che ne erano prive affinché potessero avere le medesime condizioni ordinamentali e formative.

L’Ordine, come già sottolineato, mira a certificare l’adempimento degli obblighi formativi da parte dei professionisti iscritti e costituisce l’unico concreto argine al fenomeno dell’abusivismo, la più grande piaga per la salute dei cittadini oltreché tutela degli stessi professionisti, potendo intervenire nelle situazioni di sfruttamento del lavoro. Spiacevole inoltre constatare l’utilizzo desueto da parte dell’Antitrust della locuzione “professioni sanitarie non mediche” che esprime la volontà di voler destrutturare un vasto insieme di professioni denominandole per negazione con un termine non più esistente nel sistema normativo visto che la legge 42/99 parla di “professioni sanitarie”.

A fronte di quello che lo stesso Beux ha definito qualche tempo fa il «mare delle incertezze», la sfida più grande sarà «sopire gli individualismi, le visioni di parte e i possibili corporativismi delle singole professioni a favore di una comune visione di sistema – conclude –. Si dovrebbe comprendere che fare gli interessi del sistema non è solo giusto, ma anche conveniente, perché chiunque lo faccia fa anche i suoi interessi, ma in modo positivo, senza anteporli a quelli generali. In un contesto simile, ognuno beneficia del lavoro e del contributo di tutti gli altri e la sintesi delle parti cessa di essere una somma per divenire un prodotto».

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