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IAO osserva il presente e pensa al futuro della professione

Alessandro Genitori

Alessandro Genitori

gio. 24 gennaio 2019

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Perché gli odontoiatri vanno a corsi e congressi? La domanda se l’è posta la IAO – Italian Academy of Osseointegration, che ha voluto interpellare uno dei massimi sondaggista italiani, Renato Mannheimer. Il sondaggio organizzato dal celebre sociologo ha fatto luce su quelle che sono oggi le motivazioni che spingono il mondo odontoiatra a frequentare i corsi, preferiti dal 96% degli interpellati, ed i congressi in calo rispetto al passato e che vede il 77% degli affezionati ancora interessati a tale tipologia di incontro.

La ricerca di Mannheimer getta una luce sul sottile equilibrio tra le società scientifiche e le aziende. In questo contesto, qualsiasi minima alterazione dei rapporti diventa terreno fertile di analisi. Tutto ciò in un contesto italiano che vede ancora il proliferarsi di congressi in tutto il territorio, e al contempo una difficoltà crescente di proporre incontri che attirino una moltitudine di professionisti. «Una società scientifica deve avere la possibilità di camminare con le proprie gambe» è l’analisi di Tiziano Testori, presidente uscente IAO «Senza dipendere dagli sponsor, che hanno fortemente ridotto in questi anni gli investimenti di sponsorizzazione verso proprio le società scientifiche».

La disaffezione, come denota lo stesso sondaggio proposto da IAO, si nota quando diventa palese che il sistema congressuale italiana nel mondo dell’odontoiatria ma anche della medicina e chirurgia in generale vede sempre lo stesso giro di specialisti. Alla domanda del perché non si va più ai congressi gli interpellati hanno risposto che il costo eccessivo è un gran deterrente (per il 61% degli intervistati), in secondo luogo per la scomodità logistica delle trasferte e il parallelo troppo impegno negli studi (quest’ultimo per quasi la metà degli intervistati). In terza posizione, la decisione di non andare ai congressi si ha poiché c’è poco interesse per l’argomento. «Quella che ci aspetta è una grande sfida» ha dichiarato il neo presidente IAO, Ugo Covani, a margine della presentazione del noto sondaggista. «Le aziende mandano i professionisti ai congressi nel mondo medico per convincere i direttori sanitari ad investire su un determinato prodotto, mentre nel mondo odontoiatrico i professionisti sono in prima linea».

Alla domanda sul perché andare ai congressi invece è emersa la volontà di migliorarsi per il 74% dei relatori, il desiderio di apprendere nuove tecniche per il 64%, l’interesse per l’argomento trattato per il 58%, mentre solo il 38% degli intervistati si è dichiarato interessato versi i nuovi prodotti e nuove metodiche. «La realtà italiana è molto diversa da quella per esempio americana – spiega il Prof. Testori –. Qui abbiamo difficoltà persino a raccogliere le quote associative di poche centinaia di euro. Stiamo allora cercando altre soluzioni di finanziamento, a partire da quelle di invitare i clinici di grandissima levatura internazionale per dar vita a corsi a pagamento e a numero chiuso all’interno del nostro congresso. Inoltre una soluzione che abbiamo adottato è l’uso del merchandising, poco comune in Italia, ma che può far entrare cospicue somme di denaro nelle tasche delle società come succede in America. Non so se funzionerà in Italia, ma proveremo a farla anche noi».

Interessanti i numeri emersi sui desideri dei congressisti: il 92% vorrebbe vedere aumentata la parte pratica; il 57% vorrebbe poter lavorare sui cadaveri; il 50% ha il desiderio di poter frequentare dei corsi all’estero. Quest’ultimo dato però va confrontato con il 13% degli odontoiatri che dichiara di saper parlare inglese correntemente, minando in tal modo la netta volontà di un maggior confronto internazionale. Resta però netta la volontà di avere una maggior parte pratica durante i congressi. Andando più nel concreto, è stato chiesto su quale base vengono scelti i prodotti di implantologia, quali sono i fattori più importanti: 61% vuole la prevedibilità del risultato; il 59% per le pubblicazioni a supporto; il 44% per la facilità di utilizzo; il 32% per la completezza di assortimento; il 31% per gli anni di presenza sul mercato; il 19% per il grado di innovazione; il prezzo si assesta ad un 16%; al 15% la reperibilità dei materiali e al 11% il suggerimento di un clinico affermato.

La IAO è nata per svolgere anche in ambito internazionale, attività didattica, di studio, di ricerca scientifica e divulgazione nel campo dell’Implantologia Osteointegrata, con particolare riguardo agli aspetti di Chirurgia Orale nonché Riabilitazione Orale. «Ricordiamoci sempre che le popolazione italiana ha ancora bisogno di ricevere degli impianti, e che senza gli impianti non si arriva a fine mese – ha ribadito il prof. Covani –. L’implantologia è oggi una delle discipline di base dell’odontoiatria. Senza dimenticare come è mutata la professione negli ultimi anni: oggi il paziente non è più paziente. Questa è una realtà di fatto che come IAO abbiamo deciso di accettare, una nuova sfida nel diffondere la conoscenza scientifica non solo tra gli operatori. Tutto questo deve tradursi in programmi culturali, con i presidenti in grado di mediare tra etica e interessi culturali. Senza mai abbassare la guardia rispetto la scientificità, ma guardando con orgoglio la nostra realtà italiana che per quanto riguarda l’implantologia vede nei recenti ranking USA 6 implantologi italiani (di cui 3 IAO) nei primi 30 opinion leader mondiali».

La giornata si è conclusa con la presentazione del progetto IAO young, poiché «tutte le società scientifiche hanno bisogno dei giovani per sopravvivere». Ed è la scelta IAO che, fondata il 14 dicembre 2015 dalla confluenza di due forti Società scientifiche, SICOI e SIO, ha fatto propria la necessità di creare un’unica realtà scientifica sensibile all’evoluzione storico-culturale, espressione moderna sia dei professionisti odontoiatri, che richiedono proposte culturali e formative di qualità e di contenuti mirati non sovrapposti a quelli già esistenti, sia delle aziende di settore, che vivono una particolare contrazione economica che si riflette anche sugli investimenti disponibili a supporto della Società Scientifiche.

Il sondaggio proposto da Mannheimer era basato su 591 interviste equamente distribuite lungo il territorio italiano: 49% al nord ovest; 31% centro e nord est; 20% nel sud Italia.

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