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Gli studi professionali dicono no all’esclusione dalla Cassa integrazione in deroga

gio. 23 gennaio 2014

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“Lo schema di decreto sugli ammortizzatori sociali in deroga, che introduce l’esclusione del settore studi professionali dal sistema di sostegno al reddito, ha suscitato tra i liberi professionisti italiani un profondo senso di ingiustizia e disorientamento”.

Così afferma un comunicato emanato il 22 gennaio dalla Confprofessioni. Intervenendo presso la Commissione lavoro del Senato presieduta da Maurizio Sacconi il suo presidente, Gaetano Stella, ha chiesto “che i datori di lavoro, titolari di studi professionali, siano riammessi al beneficio”. Dopo aver ricordato come negli ultimi tre anni il settore, che abbraccia attività e discipline spesso distanti tra loro, sia stato colpito duramente dalla recessione, ha sottolineato il profondo senso di responsabilità sociale ed etica dei datori, soprattutto nell'ambito del lavoro ed occupazione. Nel 2013 - osserva la nota - il saldo occupazionale negli studi resta ampiamente positivo rispetto ad altri settori economici. In particolare tra i giovani che si affacciano al mercato professionale attraverso un contratto di apprendistato.

“Negli studi professionali la Cig in deroga non è l'anticamera al licenziamento o un pretesto per alleggerire il costo del lavoro - puntualizza il presidente di Confprofessioni - bensì un atto estremo e doloroso, sosta obbligata per chi deve superare difficoltà contingenti e ripartire di slancio appena le condizioni di mercato lo consentano. La razionalizzazione della spesa non giustifica la scelta di escludere dagli ammortizzatori sociali in deroga un intero settore economico”. Dati alla mano negli ultimi cinque anni, i liberi professionisti-datori di lavoro hanno infatti dosato con attenzione gli strumenti previsti dalla legge. Lo dicono i dati dell’Inps (gennaio-dicembre 2013), secondo cui il ricorso alla Cassa dei dipendenti degli studi ha inciso per poco più dell’1% del totale. “Privare ora gli studi di uno strumento essenziale per le politiche occupazionali e di sostegno - ha concluso il presidente Confprofessioni - significa mettere in difficoltà un settore economico dalle grandi potenzialità per il rilancio del Paese e abbandonare la strada dello sviluppo dei servizi professionali in Italia”.

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