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Come nasce un corretto piano di trattamento protesico

© M. Fradeani durante il corso ACE.
P. Gatto

P. Gatto

mer. 29 aprile 2015

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Dental Tribune intervista il dott. Mauro Fradeani, sul presente e il futuro del protesista, alla vigilia della presentazione, che avverrà il 16 maggio, del nuovo progetto mondiale. L’evento con il titolo “Study Club 2015 – The Future is now” si terrà a Pesaro, sede della Clinica e dell’ACE Institute.

In questi ultimi anni che cosa è cambiato per il protesista?
Da oltre un decennio si è sostanzialmente modificato il nostro modo di operare. I trattamenti protesici oggi sono molto meno invasivi, grazie alla possibilità di effettuare preparazioni dentali molto meno aggressive che permettono di mantenere una maggiore quantità di smalto. Questo grazie allo sviluppo di tecniche adesive sempre più all’avanguardia che, al di là di ogni altra tecnologia a disposizione, CAD/CAM e digitale, ci consentono di preservare il più possibile la struttura dentale.

In una lezione lo scorso febbraio, al congresso di Milano della SIO, lei ha ribadito che l’analisi dell’estetica e della funzione devono precedere tutto.
Certo, ritengo che sono alla base della formulazione di un corretto piano di trattamento. Tutto parte dall’analisi estetica, banalmente dai principi ormai noti dai tempi di Pound, che ci “insegnò” a realizzare la protesi totale: si parte dalla determinazione della posizione dei denti anteriori a livello estetico e quindi si segue l’andamento della cresta incisale, fino a determinare il corretto orientamento del piano occlusale. Si procede poi all’analisi dei rapporti occlusali per assicurare ai nostri restauri una corretta funzione. Al termine dell’analisi di tutti questi parametri si è pronti per procedere alla formulazione del piano di trattamento vero e proprio.

Quali semplici concetti devono essere ricordati in questa analisi?
Bisogna tenere a mente che l’analisi riguarda tutti i parametri estetici e funzionali classici. Si parte per prima dall’analisi del viso, per passare poi all’analisi dento-labiale e valutare poi, nell’ordine: l’andamento e il profilo incisale; l’esposizione dentale a riposo; la linea e l’ampiezza del sorriso; e il corridoio labiale. Solo alla fine ci si sofferma all’aspetto dentale e quello gengivale, concentrando a mano a mano la nostra attenzione sempre più sul dettaglio.

In una recente intervista ha dichiarato che i clinici devono prendersi la responsabilità estetica e funzionale, non delegabili al tecnico. Può ribadire per i nostri lettori questo suo punto di vista?
Purtroppo molto spesso il tecnico è costretto a inventarsi un lavoro senza avere i necessari input da parte del clinico su come modificare la posizione dentale originale al fine di ottenere un risultato ideale. Questa è in realtà una valutazione che spetta al clinico, al quale compete la valutazione di tutti gli aspetti sia estetici che funzionali oltre, naturalmente, a quelli fonetici che ci danno indicazioni utili sulla posizione dei denti. Solo il clinico è infatti in grado di analizzare il paziente alla poltrona, ed è quindi lui l’unico soggetto preposto a rilevare tutti i dati. Sulla base dei quali potrà, poi, indicare al tecnico le modifiche da apportare alla situazione originale. Sulla base delle informazioni ricevute il tecnico creerà prima la ceratura di diagnosi e poi il provvisorio, che rappresenterà nient’altro che la materializzazione del piano di terapie stabilito dal clinico con il paziente.

Lei ha sempre coltivato relazioni e collaborazioni straordinarie con odontotecnici italiani.
Il panorama odontotecnico italiano è davvero ricco di personaggi eccellenti, ed è superfluo che io ribadisca quanto sia fondamentale nel nostro lavoro il rapporto tra protesista e odontotecnico.
Al di là di quella che è un’esperienza ultratrentennale con Giancarlo Balducci, che per me è stato ed è tutt’ora un riferimento fondamentale, ho collaborato anche con altri tecnici, sviluppando con tutti un tipo di collaborazione e d’intesa straordinarie. In Italia ci sono non solo grandi artisti ceramisti, ma anche grandi odontotecnici, che sono due figure ben diverse. L’abbinamento di queste qualità diventa fondamentale al fine del mantenimento nel corso degli anni, del manufatto protesico, idealizzato sia sotto il profilo estetico sia sotto quello funzionale, con indubbia soddisfazione nostra e del paziente.

Parliamo dell’aspetto economico del piano di trattamento. È una funzione che può incidere sull’estetica?
L’aspetto estetico ed economico non sono necessariamente in contrasto. È ovvio che una protesi fissa realizzata su numerosi impianti ha un costo completamente diverso da una protesi totale mobile, una “dentiera” per intenderci. Questo non vuol dire che sul piano estetico, a prescindere dal fatto che il risultato finale sia una protesi fissa o rimovibile, ci debba essere una gestione dell’aspetto estetico differente. I parametri da valutare sono gli stessi, sia in una riabilitazione fissa sia in una riabilitazione rimovibile. È doveroso, in ogni caso, cercare di garantire al paziente la migliore estetica e funzione.

E il digital dentistry?
Bè: devo dire che non è il futuro, è il presente... E in questo campo ci stiamo davvero sforzando al massimo per tracciare un tipo di percorso digitale assolutamente innovativo, ma ne parlerò meglio in seguito.

Dott. Fradeani, dal 1987 oltre di clinica si occupa di formazione, sia in qualità di relatore, presso congressi nazionali e internazionali, sia con il centro corsi ACE a Pesaro, fondato 15 anni fa. Qual è la sua percezione attuale?
In tutti questi decenni si è sviluppato un tipo di informazione sempre più facile e alla portata di tutti, che oggi ci permette davvero di non avere più nessun tipo di barriera. Questa immediatezza rende disponibile quasi istantaneamente quanto di nuovo viene scoperto e messo a punto e, proprio per questo, rappresenta per noi anche uno stimolo continuo nel fare nuove ricerche e sviluppare nuove tecniche, che ci portano a migliorare il nostro lavoro. Quindi, molto è cambiato. Il mondo digitale e Internet ci hanno fornito molti vantaggi professionali. Negli anni Ottanta avevamo praticamente solo la TV e quello era il tempo dei guru provenienti dagli Stati Uniti: ci sembravano intoccabili, anche quando proponevano per dieci anni la stessa presentazione, senza cambiare una diapositiva. Oggi l’accesso alle informazioni è facilitato, la richiesta formativa sempre più esigente e riguarda una platea sempre più qualificata. Tutti i giorni dobbiamo migliorarci, cambiare al fine di ottimizzare le nostre presentazioni, tenendo in considerazione lo sviluppo che quotidianamente ha la nostra professione, cosa che ci obbliga a tenerci informati, aggiornati e preparati. Se non altro per soddisfare le aspettative di chi ambisce a imparare da te il più possibile se ti succede, come è accaduto a me di recente, di ritrovarmi lo stesso dentista in sala nelle prime file dei congressi ai quali ho preso parte negli ultimi tre mesi tra Milano, New York e Sidney.

Si sente più un insegnante o un clinico?
Una cosa non può escludere l’altra: sono assolutamente interconnesse, al cento per cento. Sono un clinico. Cerco di insegnare quello che faccio e che metto in pratica a livello clinico. Dedicandomi tanto alla didattica (i corsi che tengo presso l’ACE Institute e i vari impegni congressuali mi occupano ogni anno mediamente per 100/120 giornate) a un certo punto ho anche pensato di smettere di lavorare e fare solo l’insegnante, ma è impossibile. Puoi insegnare solo se hai ovviamente un’adeguata preparazione che va, comunque, continuamente testata e corroborata dalla tua esperienza clinica quotidiana. L’esperienza cambia continuamente: grazie all’aiuto delle tecnologie in regolare sviluppo, al fine di migliorarsi in ciò che si fa ogni giorno, si elaborano e si mettono a punto nuove metodologie. Per cui devo dire che questa è forse una domanda insidiosa, che tende a separare due ruoli che invece a mio avviso devono per forza convivere, nel senso che non si può essere un grande insegnante se non si è un grande clinico. A meno che non si faccia il ricercatore puro.

Ma la storia continua: sappiamo che adesso Mauro Fradeani inizia un altro ambizioso progetto.
Questo è davvero un progetto ambizioso, uno dei più importanti della mia vita. Nel corso di tanti anni dedicati alla formazione ho avuto il privilegio di conoscere presso l’ACE Institute, in occasione dei miei corsi annuali, molti colleghi animati dalla mia stessa passione per la professione. La frequentazione e la collaborazione assidua con alcuni di loro, particolarmente talentuosi e veramente interessati, mi ha portato a creare un gruppo di lavoro con l’obiettivo di condividere, divulgare e promuovere a livello internazionale e mondiale un modello italiano di eccellenza odontoiatrica, caratterizzato dal rispetto del rigore clinico e associato alla massima semplicità operativa, che oggi è veramente il cuore del nostro lavoro. Ho formato questo gruppo, che ho chiamato Mauro Fradeani Education Group, che si propone di diffondere schemi operativi didattici fondati sulla tradizione e sull’esperienza, ma proiettati assolutamente verso l’innovazione tecnologica. Quali sono i nostri obiettivi e che cosa facciamo in pratica? Stiamo predisponendo un progetto piuttosto ambizioso, che andrà ad affiancare alla modalità didattica più tradizionale dei corsi, sia base sia avanzati, che continueremo a tenere qui presso l’ACE Institute ma anche in altre sedi sia in Italia sia all’estero, una sorta di community online e offline, finalizzata a trasmettere aggiornamenti professionali in maniera mirata e continuativa. Naturalmente continuerà anche l’attività congressuale di tutto il gruppo in conferenze nazionali e internazionali. Ma, soprattutto, stiamo ultimando la realizzazione di un’app multimediale ideata per guidare il professionista nella formulazione del piano di trattamento protesico.
Un grazie davvero sentito a tutti i colleghi che condividono con me questa avventura e che hanno permesso la formazione del Mauro Fradeani Education Group, li voglio citare qui: Leonardo Bacherini, Tiziano Bombardelli, Giacomo Fabbri, Stefano Gori, Francesco Mintrone e Roberto Turrini.
Siamo particolarmente coinvolti da questo nuovo progetto che verrà ufficialmente presentato il 16 maggio prossimo nell’ambito di un appuntamento gratuito e aperto a tutti: “Study Club 2015 – The Future is now” che si terrà a Pesaro, presso l’Hotel Cruiser in Viale Trieste 281, sul lungomare di Pesaro.

Che cos’è l’estetica per Mauro Fradeani.
Per sua stessa definizione l’estetica è una nozione impossibile da definire in modo univoco, sulla base di criteri oggettivi. Ma la mia esperienza mi fa rispondere senza alcuna remora che l’estetica, in ambito odontoiatrico è la capacità di realizzare restauri perfettamente integrati sotto il profilo sia estetico sia funzionale, non solo nell’ambito orale, ma anche nel contesto del viso del paziente modulandone le esigenze estetiche con le necessità funzionali.
Al termine del trattamento, grazie alla ritrovata capacità di sorridere serenamente, il paziente acquisisce una nuova sicurezza che ne cambia sostanzialmente la mimica del volto. Se lo sguardo e il sorriso giocano un ruolo fondamentale nella qualità espressiva di ognuno di noi e raccontano le emozioni meglio delle parole, è normale che un bel sorriso ci faccia sentire più sicuri e meglio accettati dagli altri. Un trattamento appropriato può, quindi, cambiare in maniera determinante l’atteggiamento dei pazienti nella vita di relazione.

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