DT News - Italy - Biomateriali biomimetici nella rigenerazione dei difetti parodontali

Search Dental Tribune

Biomateriali biomimetici nella rigenerazione dei difetti parodontali

Figliuzzi M.M., Tiano R, De Fazio R, Crispino A, Fortunato L.

Figliuzzi M.M., Tiano R, De Fazio R, Crispino A, Fortunato L.

mer. 7 dicembre 2011

salvare

Sul tema Michele M. Figliuzzi, docente di Parodontologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro ha tenuto una relazione all’XI Congresso Nazionale di Implantoprotesi Integrata (Premium Day) organizzato dalla Sweden & Martina al Teatro Congressi Pietro D’Abano.

La rigenerazione guidata dei tessuti (GTR) è basata sul concetto che i tessuti vitali possono avere una totale restitutio ad integrum, se vengono rispettate condizioni ben precise. Specificatamente, nei difetti parodontali, le cellule del legamento parodontale molte indifferenziate, totipotenti, sembrano avere un’importanza critica. Infatti, in relazione al tipo di “segnale molecolare” che ricevono, sono in grado di differenziarsi in fenotipi, fibroblastici, condroblastici e infine osteoblastici. Naturalmente la rigenerazione potrà avvenire solo se si impedisce la colonizzazione del difetto da parte delle cellule connettivali o epiteliali (principio della esclusione cellulare). Di conseguenza, la GTR consentirebbe la proliferazione prima, la migrazione poi delle cellule provenienti dal legamento parodontale nello spazio del difetto occupato dal coagulo ematico, dando luogo al processo rigenerativo.
Ma andiamo per ordine. Per rigenerazione, si intende la ricostituzione della forma e della funzione dei tessuti danneggiati. Si identifica con la morfogenesi tessutale ed è un fenomeno che ricalca gli eventi che si verificano durante l’embriogenesi il cui risultato è di una forma funzionale assolutamente indistinguibile dal tessuto originale sano. (Glossary of Periodontal Terms 1992). Questa tecnica, in realtà già descritta negli anni ̓ 50 venne appunto chiamata rigenerazione ossea guidata.
La rigenerazione dei tessuti parodontali rappresenta un problema più complesso, in quanto, in parodontologia noi vogliamo rigenerare l’intero apparato di attacco, cioè legamento parodontale, osso alveolare e cemento radicolare. Il termine GTR è stato introdotto nella letteratura da Gotlow nel 1986. In seguito in una serie di studi sperimentali, Nyman, Karring et al. ricavarono il necessario supporto scientifico per l’applicazione clinica della GTR.
In questi studi l’isolamento della ferita era garantito da alcune “membrane” che venivano poste sul difetto per isolare lo spazio. Gli studi istologici del tempo, in effetti confermarono che, se adeguatamente isolato il difetto, quasi sempre però a 4 pareti, si otteneva la rigenerazione. Ma il processo di rigenerazione ossea, in realtà richiede una serie di passaggi molto delicati, che prendono il nome di “sequenza osteogenetica post-fetale” ed è un evento che ricalca l’embriogenesi tessutale. La sequenza segue questi passaggi:
- Attivazione e migrazione per chemiotassi di cellule mesenchimali.
- Ancoraggio alla matrice mediante fibronectina.
- Mitosi e proliferazione di cellule mesenchimali indifferenziate.
- Differenziazione di cartilagine.
- Mineralizzazione di cartilagine.
- Iniziazione vascolare e condrolisi.
- Differenziazione di osteoblasti e deposito di matrice ossea.
- Mineralizzazione del tessuto osseo e differenziazione del midollo emopoietico.
Quindi, come ha ampiamente dimostrato il gruppo di Mangano et al. occorre un segnale solubile, un substrato insolubile in grado di captare il segnale e un pool di cellule mesenchimali, come sintetizzato nello schema.

Nel tempo si è visto che, se nel difetto si inseriva un materiale da riempimento, tipo osso autologo, la rigenerazione avveniva in maniera nettamente superiore.
Ma stante la necessità di eseguire un doppio intervento e le alte sequele post operatorie, la ricerca si è orientata allo sviluppo di biomateriali di sintesi (tipo idrossiapatite) in grado di garantire una buona capacità rigenerativa.
Naturalmente, la ricerca negli anni ha sviluppato tutto un complesso di ricerche mirate a trovare un biomateriale “riempitivo” che rispondesse alle caratteristiche necessarie e che fosse possibilmente osteoinduttivo e non solo osteoconduttivo. Un materiale, cioè, in grado di avere un’azione mirata sulle cellule e di stimolare la ricrescita ossea, in maniera appunto diretta. Quelli più studiati sono stati le idrossiapatiti, il solfato di calcio, il collagene, le amelogenine, e molti altri ancora, fino ad arrivare all’ultima frontiera che sono appunto i biomateriali biomimetici. Quando si parla di biomateriali biomimetici, ci si riferisce a quei materiali di sintesi che, grazie ad alcuni particolari componenti (tipo i fattori di crescita) sono in grado di attivare la funzione osteogenetica, proprio per la loro capacità di mimetizzarsi, attivando tutta una cascata di eventi, che dovrebbe portare alla formazione di nuovo osso.
Da tutti gli studi eseguiti da vari gruppi, tra cui citiamo quello guidato dal prof. Ripamonti, si è ormai accertato che per quanto riguarda la capacità osteoinduttiva di un biomateriale, una delle cose più importante è la “geometria di superficie” dello stesso, discriminante per l’attivazione, la locomozione e la differenzazione cellulare. La nostra ricerca, resa possibile dalla collaborazione con la nostra Università della Sweden & Martina, che ha cofinanziato lo studio, ha preso in esame appunto un biomateriale (Engipore, finceramica) che è in idrossiapatite bifasica che ha una “geometria di superfice” con caratteristiche chimico-fisiche-morfologiche molto simili all’osso umano, come si evidenzia dalla tabella 1. L’obiettivo della ricerca è stato di sviluppare, dopo un’attenta selezione dei pazienti e dei difetti da trattare le potenzialità dell’idrossiapatite e il suo comportamento biomimetico, attraverso l’esecuzione dei trattamenti chirurgici più idonei alla risoluzione delle patologie che più frequentemente portano ad alterazioni morfo-funzionali dei tessuti di sostegno dei denti, con particolare riguardo alle terapie rigenerative ossee.
A questo scopo sono stati selezionati circa 80 pazienti, esenti da patologie sistemiche, non fumatori, non con terapie farmacologiche in atto, a cui è stata fatta diagnosi di parodontite, con presenza di tasche infraossee e perdita di attacco clinico.Gli interventi effettuati sono stati 100.
Dopo attenta valutazione dell’indice di sanguinamento e dell’indice di placca, sono stati selezionati i difetti con queste caratteristiche:
- Tasche verticali di almeno 8 mm.
- Due o tre pareti residue.
- Difetti con angolo della parete non superiore a 30°.
- Denti vitali o trattati endodonticamente senza alcuna lesione all’apice.
- Presenza dell’antagonista.
A questi pazienti, così selezionati, sono stati effettuati degli interventi di rigenerazione tissutale e ossea guidata, utilizzando come materale da riempimento l’idrossiapatite oggetto della ricerca, previa preparazione iniziale e farmacologica. Il protocollo chirurgico ha previsto lembi a spessore parziale con mantenimento del periostio, eliminazione del tessuto di granulazione, condizionamento con tetraciclina, innesto del biomateriale, punti staccati e ancorati al periostio, impacco parodontale. La rimozione dei punti a 7 giorni e poi controlli clinici a 15, 30, 60, 90 e 180 giorni. I controlli radiologici sono stati eseguiti al tempo 0, a 1 mese, a 3 e 6 mesi.
La valutazione finale è stata sia su base clinica, in termini di riduzione del sondaggio e guadagno di attacco clinico, sia radiografica, in termini di mantenimento del volume osseo, ma soprattutto in termini istologici con i rientri effettuati su alcuni casi a 3 mesi su altri a 6 e 8 mesi.
Le istologie sono state eseguite in collaborazione con Carlo Mangano, docente dell’Insubria di Varese e con il dipartimento di Istologia dell’Università di Chieti diretto da Adriano Piattelli.
I risultati da noi ottenuti, riportati nella tabella 2, sono stati ottimi. Nel 90% dei casi abbiamo ottenuto un ripristino del livello di attacco clinico (CAL), il sondaggio si è ridotto nel 100% dei casi e radiologicamente abbiamo avuto un ripristino del volume osseo ottimale. Ma la cosa più importante è che l’analisi istologica ha dimostrato la formazione di nuovo osso intorno alle particelle di idrossiapatite, senza alcuna reazione flogistica, ma con presenza di osteomi maturi a sei mesi.

Caso clinico
Dalla figura 1 alla figura 8 è descritto uno dei casi clinici presentati, con il risultato istologico a sei mesi. Nella tabella 2 i risultati completi.
 

embedImagecenter("Imagecenter_1_408",408, "large");

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 4 di Implan Tribune Italy 2011.

To post a reply please login or register
advertisement
advertisement