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Aprire uno studio: una passione (in tutti i sensi) specie se non si è fatto un buon business plan

mar. 27 maggio 2014

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L’apertura di un’attività imprenditoriale quale uno studio dentistico deve essere progettata e programmata in maniera manageriale, che si tratti di una piccola clinica con 1/2 riuniti o di una più grande e articolata. Quarantun’anni, laurea a Milano nel ’97, specializzazione in Ortognatodonzia, Massimiliano Lombardo ha fondato nel marzo 2012 uno studio a Bergamo, dove opera con 4 colleghi e un’igienista dentale. Relatore in vari congressi in tema di E-mail e web marketing, Lombardo è co-fondatore nel 2012 del network odontoiatrico Dentist4. Nell’anno successivo il suo studio diviene centro di “FACE-Functional and Cosmetic Excellence”. Dental Tribune gli ha posto alcune domande sulla sua esperienza.

Qual è la differenza tra aprire uno studio negli anni ’10 piuttosto che negli anni ’80 o ’90?
Si è sensibilmente ridotto il margine di profitto, vale a dire quanto rimane del fatturato di un’impresa tolti i costi fissi (di struttura) e quelli variabili (legati alla produzione), ossia il guadagno dell’imprenditore-dentista.

È ancora possibile, dunque, iniziare un’attività imprenditoriale come quella del dentista? Più venalmente, conviene ancora farlo nel proprio studio anziché svendere la professionalità nei service o nei low-cost?
Sì, ma è necessaria una visione manageriale e aver chiari sin dall’inizio gli obiettivi e i mezzi. Diamo per scontata un’elevata qualità clinica dell’odontoiatra che intende aprire lo studio: nei momenti di crisi le famiglie hanno una minor capacità di spesa e tendono a scegliere il professionista che comunica meglio la qualità (quella percepita dal paziente può essere diversa dalla prestazione clinica se non adeguatamente comunicata dall’odontoiatra, che si gioca così gran parte del vantaggio competitivo). Il punto di partenza, quasi dogmatico, deve essere il business plan. Come in una maratona, non si può pensare di iniziare a correre senza un piano di allenamenti ben preciso con progressi programmati sin dalla prima uscita. Così il business plan sarà la road-map che permetterà di premiare lo studio dentistico virtuoso, mentre il dentista fai-da-te arrancherà con margini di profitto risicati. Ma un business plan ben fatto richiede competenze economico-finanziarie tali, che è necessario rivolgersi a professionisti del settore.

Quali sono gli obiettivi di un business plan?
Possiamo suddividerli sinteticamente nei seguenti punti chiave:
1. definire la vision dello studio, cioè come si interpreta la professione in prospettiva futura. Nello specifico appare poco sostenibile nel lungo periodo la piccola struttura monoprofessionale, incompatibile con le alte spese di gestione che comporta. Occorrono più specialisti sinergici in quanto una sola branca specialistica non sempre può rappresentare una tranquillità nel project management.
2. Stabilire la mission, ovvero lo scopo che si intende perseguire aprendo lo studio dentistico in termini di strategia di posizionamento. Per esempio, un messaggio molto forte veicolabile dalla struttura odontoiatrica è “Prevenzione ed eccellenza in odontoiatria e ortodonzia”.
3. Individuare i servizi erogati dallo studio: sedazione cosciente, implantologia e rigenerativa, protesi dentale, ortognatodonzia ecc.
4. Programmare gli step operativi: acquisizione della struttura, organizzazione della segreteria, promozione dello studio e controllo di gestione.
5. Analizzare il territorio con un’attenta analisi di mercato: capire il bacino di utenza, trovare il valore aggiunto di alcune prestazioni (sedazione, Laser, Cone Beam ecc.), creare una struttura odontoiatrica di qualità superiore autoreferente basata su un rapporto fiduciario medico/paziente.
6. Definire il budget per la ristrutturazione, l’acquisto delle attrezzature e lo start-up in generale.
Una volta creato lo scheletro dell'attività imprenditoriale non si può certo pensare che i pazienti entrino in studio per il solo fatto che abbiamo aperto uno studio dentistico.

Quindi?
Appare fondamentale impostare la strategia di marketing per la promozione dello studio: sviluppare la brand identity, individuare gli opinion leader, costruire la corporate image e trovare partnership con medici, fisioterapisti, pediatri ecc. Una corretta strategia di marketing etico è in grado di stimolare il passaparola (non di vendere le prestazioni o di pubblicizzare sconti), creando il cd. paziente divulgatore.

Come è strutturata una campagna di marketing etico nel 2014?
Sfruttando sia il canale tradizionale (medico/paziente ovvero 1:1) sia il canale Internet (medico/utente web dove il rapporto è molto maggiore). La promozione e il mantenimento del brand nei confronti dei pazienti viene attuata con eventi di incontro (aperitivi, feste e teatro), con un Direct E-mail marketing ben impostato (newsletter, welcome E-mail, comunicazioni di servizio), Web marketing integrato (sito istituzionale, blog, pagina Facebook, Google+, LinkedIn ecc.), Rivista della Sala d’Attesa e Book dello studio in forma cartacea oppure digitale con il canale YouTube dello studio.

E in seguito?
Impostata la strategia di marketing, bisogna attuare un attento controllo di gestione sulla produzione dello studio attraverso 4 fasi ben precise:
1 Pianificazione delle prestazioni da erogare nell’anno e gli incrementi attesi a 3-5 anni.
2. Organizzazione del listino che deve passare dal calcolo del costo orario, diretta emanazione dei costi fissi (affitto, leasing, personale, gestione studio, software, utenze ecc.), al calcolo dei costi variabili per singola prestazione (costo del materiale utilizzato, dell’operatore, costi di laboratorio) e al calcolo del break even point, cioè del punto della curva in cui i ricavi pareggiano i costi e lo studio inizia a produrre un guadagno. Il punto critico di un business plan ben fatto è proprio il calcolo di un affidabile e realistico business plan che permette allo studio di affrontare il mercato con minori sorprese.
3. Controllo periodico della produzione con gli incrementi per singola specialità, con la valutazione dello scostamento tra quanto atteso e quanto ottenuto.
4. Adeguamento tramite il controllo del costo orario, della qualità delle prestazioni (investimento in formazione), della comunicazione della qualità percepita (investimento in marketing) e del mercato di riferimento (costo medio delle prestazioni sul territorio).

Per concludere?
Tra i principali punti di forza di un business plan articolato è la maggior facilità di accesso al credito nel momento di finanziare lo start-up dell’attività, in quanto banche e istituti di credito saranno più propensi a erogare prestiti sotto forma di mutui, leasing o finanziamenti a realtà che presentino un business plan che abbia vision, mission, obiettivi e mezzi ben definiti, oltre ad una stima del Return on Investment dell’attività.

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