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“Il mantenimento del dente naturale e i suoi vantaggi biologici” è il tema che ha ispirato il Congresso della Società Italiana di Endodonzia, svoltosi a Parma dal 6 all’8 novembre e che ha visto accorrere nella città verdiana circa 800 tra odontoiatri ed vari operatori dentali, dall’Italia e anche dall’estero, dal momento che per la prima volta il Congresso poteva fregiarsi dell’etichetta “internazionale”.
«Grazie all’analisi approfondita di tecniche nuove e all’avanguardia - ha ribadito, Pio Bertani presidente della Società organizzatrice - la conservazione del dente naturale deve essere considerata prima di valutare le alternative del piano di trattamento».
Articolato in una sessantina tra tavole, incontri e relazioni incentrati sui più vari aspetti dell’endodonzia, l’evento si è svolto quindi all’insegna di un imperativo, che prima di essere clinico, è etico, “perché salvare un dente conviene”, sia al paziente che al dentista, anche se non è sempre facile stabilire i confini, di quel che conviene o non conviene fare.
Svolgendosi a Parma il Congresso non poteva non subire il fascino della grande tradizione melodrammatica. Infatti, come è quasi costume ormai di molti congressi medici, ad aprire i lavori dopo il rituale saluto delle varie rappresentanze (ANDI, AIO, CIC, ecc.. convenute a Parma) è stata la bella Corale di Verdi con due solisti (entrambi stranieri, ndr.) che ha dato il “la” ai lavori, è il caso di dirlo, interpretando arie famose, ovviamente verdiane. Il venerdì sera, altro momento legato al luoghi e alla più nobile tradizione musicale: la visita guidata al Teatro Regio, dove si sarebbe svolta anche la cena di gala. Ma il luogo “più musicale” in assoluto dell’evento è stata la stessa “location” ossia l’Auditorium “Toscanini” che il genio dell’architetto Piano ha nobilitato traendolo da un anonimo opificio.
Proprio soffermandosi sui vari temi trattati negli spazi dell’Auditorium non si può non citare la “Tavole cliniche” svoltesi venerdì mattina nel Foyer. Mentre nella Sala Grande dell’Auditorium, relatori di vaglia richiamavano uditori allettati dalla fama e significatività dei temi, un altro, corposo, ammassamento si verificava nel Foyer, all’ingresso della Sala Grande. A provocarlo una mezza dozzina di “Tavole cliniche”, che si potrebbero altrimenti definire “Cronache di professione vissuta”, “case report” più significativi raccontati da professionisti che l’avevano vissuti e che li riproponevano, da collega a collega.
Si è trattato di una mezza dozzina di argomenti tipo Come rimuovere le ritenzioni canalari, Come cementare un perno in fibra, Come leggere un esame CBCT nella diagnosi endodontica, oppure Come montare la diga di gomma nei casi complessi, fino al Come utilizzare i social network per la professione. Argomenti concreti, di taglio quotidiano che hanno avuto l’effetto di richiamare attorno ad ogni “Tavola” decine di ascoltatori, magari in posizione scomoda (in piedi) ma attenti, pronti a subissare di domande, obiezioni, contro osservazioni il collega presentatore.
Un apprezzato professionista e consigliere della SIE, Mario Lendini, afferma che l’idea non è nuova, essendo già stata applicata al Congresso di Torino. Stavolta, però, ha funzionato alla grande, innanzitutto per la collocazione strategica delle “Tavole”, all’imbocco della grande Sala: non si poteva non vederle, non attraversarle. Ma tra le altre ragioni di piccolo “congresso” nel Congresso, riflette il presidente Bertani, c’è stato il contatto diretto, come dire che il relatore “è sceso dal piedistallo”, dando la possibilità anche ai “più timidi” di farsi avanti e chiarirsi le idee. «Conta anche il modo di presentare le cose – riflette ancora Bertani - perché tutti i temi trattati alle Tavole cominciavano con un “Come”: come fare questo, come fare quello….. A volte basta poco per attrarre l’attenzione».
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