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Responsabilità sanitaria: attenti alla tempestività delle cure

Avv. Silvia Pari, Studio Stefanelli & Stefanelli

Avv. Silvia Pari, Studio Stefanelli & Stefanelli

ven. 12 febbraio 2016

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Con una recentissima sentenza – la n. 768 del 19 Gennaio 2016 – la Sezione III della Corte di Cassazione Civile è tornata su un tema molto dibattuto in materia di responsabilità sanitaria, ossia la corretta ricostruzione del nesso di causalità fra il ritardo diagnostico-terapeutico e il danno lamentato dal paziente.

Nel caso di specie una donna lamentava postumi gravemente invalidanti (nella misura del 30-35%) a seguito di un intervento di erniectomia praticato all’interno di una struttura ospedaliera. Il giudice di primo grado aveva ritenuto che non potesse essere riconosciuto alcun risarcimento alla paziente in considerazione del fatto che non era stata raggiunta «(…) adeguata prova in termini di ragionevole certezza della sussistenza del nesso causale tra il ritardo nell’effettuazione dell’intervento di erniectomia praticato (…) e i danni in questione (...)».

In secondo grado, invece, i Giudici avevano ritenuto che i danni lamentati dalla paziente fossero meritevoli di risarcimento in considerazione del fatto che, pur essendo impossibile accertare con assoluta certezza che cosa sarebbe avvenuto se il trattamento diagnostico-terapeutico ritardato fosse stato tempestivo, tuttavia era probabile ‒ con un grado prossimo alla certezza ‒ che, qualora il suddetto trattamento fosse stato puntuale, il rischio di postumi gravemente invalidanti sarebbe stato di gran lunga inferiore.

Tenuto conto della circostanza secondo la quale era certo e provato che l’intervento di erniectomia fosse stato effettuato più di 48 ore dopo il ricovero ‒ e dunque ben oltre il timing ottimale – la Corte d’Appello ha ritenuto che fosse stato negato alla paziente «(…) l’accesso a quella elevata probabilità di guarigione del tutto esente da postumi che, in caso di tempestivo intervento, avrebbe avuto (…)».

La Corte di Cassazione ‒ nel confermare la sentenza della Corte d’Appello e, dunque, la condanna della struttura ospedaliera all’interno della quale era stato effettuato il ritardato intervento ‒ ribadisce il fondamentale principio (valido in ogni settore dell’attività medico-sanitaria) secondo il quale la mancata tempestiva effettuazione di un trattamento diagnostico-terapeutico è causa di risarcimento del danno purché sia dimostrata la sussistenza di un nesso di causalità fra ritardo e danno secondo la regola del “più probabile che non”.

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